FIRENZE | GALLERIA CARTAVETRA | FINO AL 28 DICEMBRE 2024
Intervista a PIETRO CAPOGROSSO di Mattia Lapperier
Lo scorso 14 novembre, presso gli spazi della galleria Cartavetra di Firenze, ha inaugurato Respiro, mostra personale di Pietro Capogrosso. Già precedentemente accostato alle sculture di Simone Negri e proposto dalla galleria fiorentina un anno e mezzo fa, il lavoro di Capogrosso ritorna ad animare di luce e colore le sale di Cartavetra, con una serie di lavori inediti, realizzati appositamente per l’occasione. Ce ne parla l’artista.
A Cartavetra hai saputo orchestrare una coreografia cromatica capace di catturare lo sguardo dell’osservatore più sensibile, quasi trasportandolo in una dimensione onirica. Quanta importanza riveste il dato cromatico nel tuo lavoro? Su quale base operi le tue scelte?
Il colore – o dato cromatico – come tu lo definisci è fondamentale nel mio lavoro, è la bussola che mi guida nel mio operare, potermi esprimere con il colore attraverso il mezzo più duttile e ricco: il colore ad olio.
La base sulla quale opero le mie scelte è una certa insistenza nel modo di operare, un processo nel quale l’aspetto manuale per la ricerca del colore, della stesura del colore stesso, del dialogo tra colori e colori e spazio pittorico e reale, rivestono un ruolo fondamentale, determinante.
Procedo tra scenari reali e mentali, momenti di esperienza vissuta coesistono con l’immaterialità dell’immaginazione.
Come ho già affermato in altre circostanze, sento di appartenere alla pittura, che considero una condizione mentale e fisica. Sento di assorbire la luce e di doverla trasmettere nel mio lavoro.
La tua pittura nasce per sottili stratificazioni di materia. Le variazioni cromatiche tendono ad addensarsi su bordi, al centro le composizioni invece tendono al monocromo… Ci racconti la genesi dei tuoi lavori?
La genesi del mio lavoro non è l’esito di una pianificazione elaborata precedentemente ma un processo che si determina nel suo manifestarsi tra memoria e intuizioni formali.
I colori filtrano in livelli pittorici stratificati, cromie rischiarate per far emergere o liberare un colore o un segno sottile sotto la superficie, densità cromatiche e stratificate. Una successione di piani apparentemente disarticolata attraversata da forze contrastanti e instabili. La ricerca di algide luminosità e di rarefatte distese di colore.
La pittura si addensa ai lati per ridefinire, nella parte centrale, uno spazio mentale, fisico, abitabile…
I bordi diventano la frontiera, i confini di un’immagine, di uno spazio che va a ridefinirsi attraverso la presenza della pittura.
La vita ti ha portato ad abitare a Milano, Mosca, Barcellona e Roma, dove attualmente insegni Disegno presso l’Accademia delle Belle Arti, ma sei originario di Trani. Quanto custodisci del paesaggio pugliese nell’ambito delle tue composizioni pittoriche?
Sono un nostalgico e un sentimentale di natura, quindi ti dico molto… in modo particolare per la luce meridiana che ha segnato la mia infanzia.
Non ritengo però che sia necessario conoscere certi luoghi da me frequentati o vissuti per poterli evocare nei miei lavori. Penso inoltre che non debba cercarli necessariamente in Puglia per sentirli affini.
A partire dal 2017 hai proceduto nella direzione di una progressiva rarefazione della forma, raggiungendo una sintesi che, nonostante caratterizzi da sempre il tuo linguaggio, solo negli ultimi anni è pervenuta a una marcata radicalizzazione. Ci descrivi questo processo? Hai dei riferimenti culturali che ti hanno suggestionato?
Ho sempre lavorato e desiderato lavorare un po’ al limite di una possibile figurazione con pochi elementi fino al 2016, anno in cui mi sono trasferito a Roma, maturando la convinzione di poter equilibrare le istanze figurative con una ricerca che guardava l’astrattismo, insieme a determinati artisti che sentivo più veri e reali.
Sicuramente questa operazione di sottrazione mi porta a una riduzione minimalistica degli elementi formali dell’opera; del resto ho sempre avuto questa capacità di scappare, pur riconoscendo il talento di bravi artisti figurativi, da quelle che sono le mode del momento.
Aver trovato lo studio a Valle Aurelia, accanto a quello di Claudio Verna, con il quale è quotidiano scambio reciproco, alimentato dal rispetto e dalla stima, confidente e testimone della storia e della ricerca artistica italiana e internazionale dagli anni Sessanta, ha fatto il resto.
La tua pittura pare descrivere uno spazio di contemplazione silenziosa. Come pensi possano conciliarsi valori fondamentali come la lentezza e la riflessione con la vita quotidiana, che spesso invece ci forza a ritmi incalzanti e frenetici? La pittura può avere un ruolo in questo?
Non ho una risposta alla tua domanda, sono consapevole che ritmi frenetici, omologazione ed altre cose del genere abbiano prodotto delle conseguenze sul piano visivo, etico, etc., determinando una inflazione di immagini e generalizzando un analfabetismo visivo.
Certo che sì, la pittura può avere un ruolo fondamentale: l’arte ha sempre alimentato un’utopia rispetto al modo di vivere e di vedere il mondo. Semplicemente io faccio un passo indietro e, in totale libertà, dipingo un quadro.
Pietro Capogrosso / Respiro
14 novembre – 28 dicembre 2024
Galleria Cartavetra
via Maggio 64/R, Firenze
Orari di visita: dal mercoledì al sabato, dalle 15.30 alle 19.00 o su appuntamento
Info: +39 340 0792997
info@cartavetra.org
www.cartavetra.org