PARMA | Complesso Monumentale della Pilotta | 10 ottobre – 30 novembre 2025
di TOMMASO EVANGELISTA
Tra le imponenti architetture del Complesso monumentale della Pilotta di Parma, nei suggestivi spazi rinascimentali dei Voltoni del Guazzatoio, prende corpo dal 10 ottobre al 30 novembre 2025 la mostra Bella figura. Pittura italiana d’oggi, a cura di Camillo Langone. Promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e dal Complesso della Pilotta, l’esposizione si configura come un importante momento di riflessione sulla pittura figurativa contemporanea italiana, sul suo rinnovato protagonismo e sulla capacità, mai sopita, di confrontarsi con il tema della figura umana. La mostra riunisce 44 artisti di differenti generazioni e linguaggi, da Omar Galliani a Nicola Verlato, da Ester Grossi a Giovanni Gasparro, offrendo un panorama articolato e coerente della vitalità della pittura d’oggi. Ogni autore interpreta la “bella figura” come principio di armonia, ordine e proporzione, ma anche come luogo di tensione tra memoria storica e presente inquieto. Ne scaturisce un percorso che, pur fondato sulla tradizione, rivela una sorprendente capacità di attualizzazione, con la forma classica che diventa spazio di ricerca, e il gesto pittorico, pur consapevole della storia, che torna a farsi strumento di conoscenza e di fede nel visibile.
Divisa in quattro nuclei – Moderno, Eterno, Ritratto e Arte Sacra – l’esposizione intreccia temi e sensibilità differenti. Il Moderno accoglie opere che guardano al presente, restituendo immagini e simboli della contemporaneità destinati a diventare documenti del nostro tempo; l’Eterno raccoglie lavori che si confrontano con il mito, la religione e gli archetipi, evocando una dimensione fuori dal tempo; il Ritratto esplora l’identità e la rappresentazione dell’individuo, mentre l’Arte Sacra tenta un dialogo rinnovato tra spiritualità e linguaggio pittorico. Bella figura si presenta così come un atto di fiducia nella bellezza e nella sua capacità di attraversare le epoche, e nella scelta di allestire alla Pilotta, luogo simbolico della cultura figurativa italiana, la mostra assume anche un valore programmatico: ricucire la continuità tra il patrimonio artistico e la sua declinazione attuale, restituendo al pubblico un’immagine della pittura italiana non nostalgica, ma profondamente consapevole delle proprie radici e del proprio futuro. Abbiamo fatto alcune domande al curatore Camillo Langone. In questo dialogo tra passato e presente, tra spiritualità e forma, la “bella figura” torna a essere non solo soggetto, ma metafora di un’identità collettiva, di una tradizione che ancora oggi trova nella pittura il proprio linguaggio più alto e universale.

Lei si è sempre battuto con Eccellenti Pittori, sui giornali e sui social nella difesa della pittura italiana. Pensa che la mostra Bella Figura possa contribuire a ridefinire la percezione dell’arte figurativa nella scena culturale nazionale? Qual è il messaggio che spera arrivi al visitatore?
Grazie a Dio non sono vittima di megalomania e non sono per niente sicuro di poter ridefinire percezioni su scala così grande. Sono vittima invece di doverismo, sento il dovere di documentare una bella stagione pittorica di fronte a un pubblico non composto esclusivamente da addetti ai lavori e laureati in storia dell’arte. Vorrei che il visitatore profano scoprisse che la pittura italiana è viva, piacevole e necessaria.
Nella mostra c’è una sezione “Moderno” e una “Eterno”: come concilia l’idea di eternità con la sensibilità odierna in pittura? È possibile che l’arte contemporanea guardi al mito, al classico e al sacro senza risultare retrò?
Sulla carta può sembrare difficile, quasi contraddittorio, sulla tela (o sulla tavola) risulta invece molto naturale. E in Pilotta ne avremo la prova. Merito degli artisti, ovvio, ma anche della potenza di archetipi che evidentemente non hanno esaurito la loro corsa.

Nell’esposizione c’è anche una sezione dedicata all’arte sacra. La tradizione cristiana ha generato alcune delle massime espressioni artistiche della storia. Perché secondo lei oggi il rapporto tra arte e fede sembra quasi interrotto? Come si può tornare a un’arte che sia davvero capace di trasmettere il mistero e il sacro?
Arte e fede non si sono certo allontanate negli ultimi tempi, il declino dell’arte sacra è cominciato almeno con l’illuminismo… Ovviamente le avanguardie hanno dato il loro contributo, soprattutto l’astrattismo perché il cristianesimo è la religione dell’incarnazione e dunque la sua arte non può che essere figurativa. Non voglio essere troppo ottimista ma devo dire che vedo un certo recupero, un piccolo riavvicinamento che “Bella Figura” intende segnalare. Resta che l’arte sacra ha bisogno per prima cosa di fede nel sacro, se manca quella nessuna trasmissione è possibile, a prescindere dalla qualità artistica.

Molti artisti oggi rivendicano il ruolo sociale e politico dell’arte: è un alibi per giustificare la perdita di valore estetico?
Oddio, solo il sentir parlare di ruolo sociale e politico dell’arte mi suscita un discreto sconforto. Io sono per l’autonomia dell’arte, per la libertà dell’arte, e se si mette al servizio della politica, di una qualsivoglia ideologia, l’arte non è più libera e diventa propaganda. Sui muri ne vediamo qualche esempio. Ma se sono per la libertà dell’arte sono anche per la libertà dell’artista e se l’artista ci tiene tanto ad asservirsi faccia pure.
La performance e l’arte relazionale hanno sostituito l’opera tradizionale con l’evento: che cosa resta al pubblico, una volta che l’azione si dissolve? Esiste ancora un’arte pubblica?
Per me la radice dell’arte è nell’eternità dell’effimero, e uso parole di Andrea Emo che immagino avesse letto Baudelaire, per la precisione “Il pittore della vita moderna” dove ritroviamo un concetto analogo. Dunque fatico a considerare arte qualcosa che non affronti la durata.

Che senso ha parlare ancora di bellezza nell’arte contemporanea, in un tempo che sembra celebrare l’orrido e il grottesco: per lei la bellezza è questione di forma, di contenuto, o di linguaggio artistico?
Io capovolgerei la domanda: che senso ha parlare ancora di bruttezza? Piero Manzoni è morto da più di sessant’anni, Francis Bacon da più di trenta… Ancora con le scatolette stercorarie, ancora coi volti sfigurati? Ci sono in tutto il mondo, non solo in Italia, tanti pittori che celebrano la bellezza e molti di loro sono giovani, dunque non c’è alcun anacronismo ma, evidentemente, un’esigenza perenne.

Se dovesse dare un consiglio a un giovane artista che vuole resistere all’omologazione del sistema, quale sarebbe? Quali sono secondo lei le difficoltà maggiori che incontrano oggi gli artisti figurativi che vogliono essere contemporanei ma anche fedeli a forme di bellezza tradizionali?
Il paternalismo mi repelle, non mi piace dare consigli e a maggior ragione evito di darne al giovane artista figurativo che di consigli ha meno bisogno del giovane artista aniconico, concettuale… Quest’ultimo per emergere o anche solo per sopravvivere deve appunto omologarsi, adeguarsi al sistema, allinearsi a gallerie e curatori, mentre l’artista figurativo se è bravo e se ha qualcosa da dire (forma e contenuto, certo) un mercato piccolo o grande ce l’avrà sempre e può permettersi perfino l’indipendenza. Se non è un accademico, uno stanco copista degli antichi maestri, il pittore figurativo non può non essere contemporaneo perché tutto ciò che lo circonda è figura ed è contemporaneo, gli basta essere vivo per esserlo.
BELLA FIGURA. Pittura italiana d’oggi
A cura di Camillo Langone
Artisti: Adriano Annino, Chiara Baima Poma, Chiara Calore, Omar Galliani, Daniele Galliano, Giovanni Gasparro, Ester Grossi, Giuliano Guatta, Miriana Lallo, Giulia Mangoni, Fulvia Mendini, Rocco Normanno, Rodolfo Papa, Mauro Reggio, Enrico Robusti, Lorenzo Tonda, Nicola Verlato, Daniele Vezzani
10 ottobre – 30 novembre 2025
Complesso monumentale della Pilotta
Piazza della Pilotta 15, Parma
Ingresso gratuito



