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Medication, mostra personale di Alice Olimpia Attanasio alla galleria San Lorenzo di Milano, si apre, non solo metaforicamente, con una serie di dipinti tipici della produzione di questa giovane artista, opere che rivelano un immaginario legato ad una infanzia innocente o, forse meglio, innocentista, in uno stile che molto da vicino ricorda alcune esperienze del pop surrealism.
I giochi si complicano quando ci rendiamo conto, visitando la seconda parte della mostra ospitata nelle sale sotterranee della galleria, che non siamo dei semplici spettatori o visitatori, bensì le vittime di un ricovero coatto che, in una ricostruzione immaginifica di una sala operatoria arredata di tutto punto, attraverso placebiche iniezioni di zuccherini e flebo di caramelle, ci dovrebbe permettere di recuperare quel tanto d’innocenza infantile che ci aiuterà a salvare il mondo.
Con un poco di zucchero la pillola va giù ed Alice va su, su, su…


Igor Zanti: Il messaggio che si cela nella mostra Medication è che un ritorno alla dimensione infantile, può, forse, salvare il mondo. Ma cosa intendi veramente per dimensione infantile? E cosa, in questo contesto, per “effetto placebo”?

Alice Olimpia Attanasio: Il concetto non è tanto di un’infanzia che salvi il mondo, ma semplicemente sono i soggetti che ho scelto per rappresentare l’innocenza, l’assenza di male, così come gli animali che si possono vedere in alcune tele. Questo perché, tra gli esseri umani, il bambino è sicuramente l’unico che, per quanto possa essere contaminato dalle brutture del mondo, riesce ancora a portare avanti una fede genuina nella vita (si spera).
L’effetto placebo è il metodo per arrivare all’obbiettivo finale. Ovvero che, per la gioia psicologica e la voglia di vivere, dipende tutto dal nostro condizionamento mentale e dalla nostra volontà, senza bisogno di vere medicine.

La mostra ti vede impegnata su due fronti: la pittura e l’installazione. Hai una preferenza tra i due media?
C’è stato un cambiamento durante il percorso: fino al giorno della mostra erano esattamente al 50%, ora mi rendo conto, forse proprio attraverso l’esperienza e il lavoro di ricerca e analisi che mi ha portato a concepire la mostra nel suo insieme, di aver scoperto una parte espressiva predominante cioè quella che si lega alla dimensione installativa. Credo – la risposta di pubblico, la critica e il collezionismo hanno avvalorato questa mia intuizione – che questa mostra abbia rappresentato per me un passaggio fondamentale, sia stata il campo su cui mettermi alla prova e portare a termine un processo di maturazione da un punto di vista artistico e personale. Tale processo è però solo una fase iniziale, sono certa che il mio lavoro negli anni dovrà attraversare, ciclicamente, fasi come queste.

Visitando la mostra, si nota quasi una frattura: la parte pittorica sembra fungere da introduzione su un nuovo tipo di lavoro che è quello rappresentato dalla parte installativa. È solo una sensazione o ti stai dirigendo verso una via che vedrà la pittura sempre meno protagonista e l’introduzione di altri media?
Sicuramente questa presa di coscienza mi porterà a concentrarmi sempre di più sulla parte installativa anche se non intendo rinunciare alla pittura, ma piuttosto integrarla nella dimensione dell’installazione. La cosa che mi entusiasma del lavorare con l’installazione è infatti la possibilità di poter mixare differenti media e di poter creare un’arte che coinvolga lo spettatore non solo attraverso la vista, ma anche attraverso tutti gli altri sensi.

Vi è un aspetto fortemente ludico e ironico nel tuo lavoro. Lo stesso video presentato in mostra è una parodia, molto ben realizzata, dei film in bianco e nero di Frankenstein. Usando una classificazione corrente ti si potrebbe definire un’artista con forti influenze neopop e pop surrealist. Trovi che queste classificazioni rispecchino la tua poetica?
Penso che possano essere adatte al mio lavoro, ma onestamente ho grandi difficoltà ad attribuirmi delle definizioni di stile, non sono importanti per me, lascio che siano gli altri a farlo. Forse ho la necessità, in questo particolare momento della mia carriera artistica, di non ritrovarmi all’interno di nessuna classificazione critica e teorica, in modo da poter sviluppare il mio lavoro in libertà, senza sentirmi condizionata dalla paura di andare fuori tema o di disattendere le aspettative di chi mi apprezza solo per un aspetto del mio lavoro senza coglierlo nella sua totalità di spunti e di suggestioni.

La mostra in breve:
Alice Olimpia Attanasio. Medication
a cura di Roberto Milani
Galleria San Lorenzo
Via Sirtori s.n.c. (a fianco del numero 33), Milano
Info: +39 02 74236426
www.arte-sanlorenzo.it
Fino al 27 giugno 2010

In alto da sinistra:
> What happen, 2010, olio su tela, cm 60×60
> Syringe, 2010, siringhe in vetro e zuccherini

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