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VENEZIA – Isola di San Giorgio | Le Stanze della Fotografia | 10 aprile – 6 gennaio 2026

di FRANCESCO FABRIS

Le Stanze della Fotografia di Venezia presentano, sull’Isola di San Giorgio, un’ampia retrospettiva su uno dei più grandi, controversi, provocatori e “contemporanei” fotografi del Novecento. Dopo più di trent’anni la città lagunare ospita Robert Mapplethorpe. Le forme del classico, curata dal direttore artistico Denis Curti ed organizzata da Marsilio Arte e la Fondazione Giorgio Cini – in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation di New York – che partecipa ad una più ampia trilogia che si comporrà, nel 2026, di altre due tappe a Roma e Milano.

Dennis Speight © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission

Oltre 200 stampe originali eseguite dall’artista ci restituiscono Robert Mapplethorpe (New York, 1946 – Boston, 1989) secondo una visione retrospettiva articolata, lontana dall’immaginario scabroso ed incline a sottolineare la visione “classica” dell’artista che, attraverso un uso sapiente e quasi scultoreo di luce e composizione, indaga con la sua inesauribile autenticità la tensione tra corpo e forma, tra materia e divino, tra carne e plasticità.
La rassegna veneziana pone l’accento sulla dimensione classica, basata sulla bellezza ideale e perfezione formale della sua fotografia, nella quale emerge evidente l’ammirazione per la statuaria antica, dalla quale raccoglie l’estro per un rinnovato dialogo tra corpo fisico e reale da un lato e scultura dall’altro.
La resa perfetta della scelta classica è riproposta attraverso un utilizzo sapiente ed innovativo della luce e della cura dei dettagli, che finisce per ribadire la tensione anche erotica con maestria, tenendosi lontano dai cliché provocatori che ne precedevano la fama.

Veduta della mostra “Robert Mapplethorpe. Le forme del classico”, Le Stanze della Fotografia. Ph. Matteo De Fina

Innovativo ed esauriente il percorso ideato dal curatore che traccia una nuova immagine dell’artista, per troppo tempo identificato soltanto per la sua storia appassionante e straziante di icona gay nella New York degli Anni ’60, e del fermento culturale e di lotta al perbenismo che stavano sopraggiungendo.
Il percorso de Le Stanze, sapientemente articolato, ci restituisce piuttosto un artista dalla visione eclettica e sperimentale, sempre teso alla ricerca della sacralità della fotografia, a prescindere dal soggetto sul quale si posa l’obiettivo.
L’esposizione si muove invero dai collage risalenti ai primi Anni ’60 veri, e propri ready made composti di ritagli di riviste omoerotiche, disegni objet trouvé, immagini sacre, feticci religiosi ed indumenti intimi che ci raccontano della ricerca di identità di Mapplethorpe attraverso miscugli e sovrapposizioni di senso e visive di assoluta originalità, dirompenti per la morale del tempo.
La sua pratica trova una celebre applicazione nei ritratti, una matrice tipica dell’artista. I volti di Annie Leibovitz, Keith Haring, Yoko Ono, Truman Capote, Robert Rauschemberg, Isabella Rossellini, Susan Sontag ed Andy Warhol palesano la concezione radicale di Mapplethorpe per questa forma di scatto, inteso come l’incontro di due identità che si sfidano nel terreno dell’emozione, dove il soggetto è elevato ad essenza quasi immateriale, ad oggetto di culto senza mai essere manipolato, attraverso una cura maniacale della luce, della posa e della definizione.
Ma è con la pratica dell’autoritratto che Mapplethorpe svela una nuova dimensione della fotografia. L’autore, senza remore o timori, svela se stesso, le sue tendenze e le sue perversioni, la sua maschera e la sottile ambiguità che lo ha sempre accompagnato, ossia quella di un essere mutevole e fluido.
E per farlo, sceglie con cura cambi d’abito, oggetti introdotti con valenza simbolica, movenze e situazioni per generare una riproduzione dell’anima che trascende la mera nota estetica.

“Flowers” Purple Callas, 1987 © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission

Mapplethorpe celebra la grandiosità della vita anche attraverso le monocrome riproduzioni di vari tipi di fiori (calle, tulipani, orchidee) che assurgono ad esseri viventi modello di bellezza fisica e spirituale, sino a sembrar pulsare come muscoli. Oppure attraverso i celebri nudi femminili, nei quali disvela la potenza estetica del corpo, mai oggettualizzato ma sempre rispettato, posto sull’altare delle contemplazione e della libertà di assurgere al rango, mai imposto, di protagonista.
Celebri, per quanto riguarda la ritrattistica femminile, le moltissime pose in cui è protagonista Patti Smith, compagna, amica, amante con la quale ha costituito, sin dalla fine degli Anni ’60, un connubio di anime intenso, dolce e passionale che si è posto come bussola per la New York fervida e provocante degli Anni ’60 e ’70, sino a confluire nella memorabile e romantica ricostruzione nel libro “Just Kids” della celebra cantante, vero manifesto di un’epoca e di una inimitabile intesa umana.

Veduta della mostra “Robert Mapplethorpe. Le forme del classico”, Le Stanze della Fotografia. Ph. Matteo De Fina

La resa al culto del classico è poi evidente nei nudi maschili, ove le sagome di stentorei modelli afroamericani rimandano oltre che alle forme del corpo perfettamente modellato e ritratto, anche ad un feroce giudizio sull’approccio voyeuristico dello spettatore, chiamato a riflettere non soltanto sull’immagine ma anche sul suo atteggiamento nell’osservare qualcosa che, siccome proprio della sfera privatissima, suscita sentimenti di smascheramento e di autocritica.
L’opera di Mapplethorpe coincide con la sua vita, e dei picchi e delle depressioni della stessa ne è fortemente intrisa. Il suo occhio fotografico ha avuto l’innegabile merito di rendersi cantore del desiderio collettivo, spesso taciuto, teso ad occupare spazi ed occasioni per esprimere tutto il proprio essere, dal momento che la vita, da questo immortale artista, mai è stata considerata quale mera esperienza biologica ma come percorso per lasciarsi abbacinare dalla bellezza, motore dell’anima e del mondo e nascosta negli anfratti di questi.
Il suo registro stilistico inimitabile, con la Polaroid o con la mitica Hasselblad 500 (dono del compagno e collezionista Sam Wagstaff) gli ha consentito di posare l’occhio ambiguo della fotografia sui soggetti di bellezza più disparati, dalle scene della sottocultura sadomaso ai fiori, dalle celebrità ai nudi, dagli autoritratti ai classicismi scultorei, sempre prendendosi beffa del dilagante perbenismo che rischiava di farsi prigione, scolpendo con la luce il messaggio che nulla, nella vita, è insignificante e non meritevole di uno sguardo che vi si appoggi con la volontà di ritrovarvi bellezza.

Veduta della mostra “Robert Mapplethorpe. Le forme del classico”, Le Stanze della Fotografia. Ph. Matteo De Fina

Robert Mapplethorpe. Le forme del classico
a cura di Denis Curti

10 aprile – 6 gennaio 2026

Le Stanze della Fotografia
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia

Orari: tutti i giorni dalle ore 11.00 alle 19.00. Chiuso il mercoledì

Info: +39 041 2412330
lestanzedellafotografia@gmail.com
www.lestanzedellafotografia.it

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