VERONA | Veronafiere | #REPORT
di FRANCESCO LIGGIERI
C’è sempre un momento in tutte le storie dei romanzi in cui le cose cambiano direzione. Per ArtVerona quel momento è l’arrivo di Laura Lamonea, nuova direttrice artistica, che ha deciso di aprire le finestre della fiera per far entrare aria fresca. Il suo passo è quello di chi non si accontenta di ripetere una formula, ma preferisce spostare i mobili, ridisegnare la pianta, rimettere in discussione le abitudini. Non saprei dirvi dove sia il cambio di direzione, ma di sicuro la fiera ha un’aria ed una luce diversa e si vede, proprio come quando in un romanzo che è diventato ovvio, c’è il guizzo che non ti aspettavi. Poi una rondine non fa primavera, ma già c’è e qualcosa vorrà dire, no? È così che la fiera, al suo ventesimo compleanno, si presenta non più soltanto come mercato e vetrina, ma come conversazione viva tra città, artisti, gallerie, istituzioni e visitatori (una prassi ormai consolidata ovunque in Italia per ogni week end dell’arte dove c’è una fiera). Ottobre a Verona ha un suono particolare: il vento che muove le fronde degli alberi, la pioggia che picchietta sui sampietrini, o il sole che illumina le facciate dei palazzi (insomma se siete in questi gironi in giro vi può capitare sopratutto un sole pazzesco in città) e poi un brusio che viene dai padiglioni della Fiera. È qui che si accende la ventesima edizione di ArtVerona, e per chi entra è come trovarsi dentro a un viaggio che attraversa epoche, linguaggi e geografie diverse.

Quando entrate in fiera avete l’opzione di iniziare dal Pad. 11 o 12, io in genere inizio il percorso dal Padiglione 11, dove i grandi nomi del Novecento incontrano l’urgenza del presente. La sezione Pittura ORA sembra fatta apposta per chi vuole vedere i colori ancora freschi, le linee appena uscite da una mano che non ha smesso di tremare. Accanto, Effetto Sauna mette nello stesso spazio artisti già riconosciuti e voci nuove ancora senza rappresentanza: è un contrasto acceso, come quando metti insieme chi ha già corso mille maratone e chi si allaccia le scarpe per la prima volta. Usciti dal padiglione 11 ci si prende una boccata d’aria, un caffè una pausa per poi immergersi nel Padiglione 12, che è una specie di laboratorio alchemico. Steps accoglie le gallerie nate da pochi anni, con quella freschezza che ha l’odore delle stanze ancora da arredare. Poco più in là, la sezione Video? Avete detto video? rende omaggio al linguaggio delle immagini in movimento, trasformando il padiglione in un cinema diffuso. Al centro c’è davvero una sala buia, che proietta opere di musei e collezioni internazionali, e lì dentro lo spettatore non guarda soltanto: viene guardato dalle immagini, come se fosse lui a entrare nello schermo (sensazione già vissuta, ma ok).
Sempre nello stesso spazio nasce PRIMA, un atelier dove studenti di Verona e di Parigi lavorano fianco a fianco. È un’officina di futuro: i giovani portano con sé tele ancora intonse, idee acerbe, ma già capaci di parlare una lingua universale. Quale gallerie consiglierei? Vi direi: Atipografia, (Arzignano), Antonio Colombo Arte Contemporanea (Milano), Capsule Shanghai (Cina), Galleria Giovanni Bonelli (Milano), BoA Spazio Arte (Bologna), Maab (Milano), Orma Art (Milano) e Studio la Città (Verona).

Ma la fiera non si ferma ai confini dei padiglioni. Verona intera diventa un’estensione naturale della manifestazione, quasi un romanzo a episodi sparsi per la città. Uno dei capitoli a Palazzo Forti, la mostra The Then About As Until smonta e ricompone il rapporto tra linguaggio e immagine, con performance che mettono il corpo al centro della grammatica. L’Ex Dogana di fiume accoglie Una distanza senza rive di Enrique Ramírez: qui l’acqua diventa memoria, frontiera, racconto di migrazioni. A Palazzo del Capitanio, TOMORROWS Folding, Flexing and Expanding (in corso fino al 9 novembre) apre una riflessione sul corpo nell’era tecnologica, tra postumano e identità in metamorfosi. Alla Biblioteca Capitolare, la mostra Wounded Words Wounding Words (in corso fino al 26 ottobre) mette in dialogo manoscritti antichi feriti dalla guerra con opere contemporanee che interrogano la parola come arma e rifugio. Alla Rondella delle Boccare, bastione rinascimentale, il progetto Autogeografie trasforma gli studenti in esploratori del paesaggio urbano.


Suoni e voci si rincorrono tra le sale con It sounds like another word, un percorso che lega mostre e performance attraverso l’ascolto, fino a rendere il suono una forma di cura. Al Silos di Levante, Zenato Academy racconta il talento emergente con tre mostre che intrecciano fotografia, installazione e sperimentazione.
Nel cortile del Museo Lapidario Maffeiano, le sculture di Raffaello Galiotto dialogano con pietre secolari, mentre in Piazzetta Navona le opere di Mattia Bosco portano l’eco delle cave in pieno centro storico. E al Museo di Storia Naturale, l’installazione Udatinos, Sensibili all’acqua (ideata da Oriana Persico e in corso fino al 30 ottobre) diventa un rito collettivo, dove tecnologia e partecipazione si intrecciano.

A camminarli tutti, questi luoghi, si ha la sensazione di sfogliare un libro in cui ogni pagina racconta un mondo diverso ma parte dello stesso viaggio. ArtVerona, alla sua ventesima edizione, non è più soltanto una fiera: è un romanzo corale che si scrive tra padiglioni e piazze, tra collezionisti e studenti, tra passato e futuro. Un racconto che non finisce con l’ultima giornata di fiera, ma che lascia addosso la voglia di rileggere, di tornare, di continuare a viaggiare. Può ricordarvi un vecchio libro letto molti anni fa, dove gli scrittori si sono dati il cambio per cambiare qualche capitolo e forse è così, ma credo che adesso ci siano le giuste condizioni per scriverne una nuova edizione.
ArtVerona | 20. edizione
10 – 12 ottobre 2025
Veronafiere – padiglioni 11 e 12
Ingresso Re Teodorico, Viale dell’Industria
Info: www.artverona.it



