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Intervista a Giacinto Di Pietrantonio di Francesca Di Giorgio

MiArt torna a collaborare con NABA e, questa volta, lo fa sul terreno della performance. Dopo l’esperimento riuscito di Festa Grande in concomitanza a MiArt 2010, la fiera-evento e la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano uniscono le forze per mettere in piedi un nuovo progetto. Il 9 aprile dalle 21.00 alle 24.00 i locali della NABA, in via Darwin 20 a Milano, si trasformano in un grande “happening” in cui una selezione di 100 performance degli ultimi 50 anni conviveranno in tempi e durate differenti. Un contesto unico per conoscere, ripercorre e riscoprire, in una sera, una delle massime espressioni del contemporaneo, dagli anni ’60 ad oggi, dall’arte alla moda, dalla musica al teatro, dal design all’architettura.

Ne parliamo con Giacinto Di Pietrantonio e Marco Scotini…

Francesca Di Giorgio: Una compilation di 100 performance degli ultimi 50 anni… com’è nata l’idea e quali criteri avete adottato nella selezione?
Giacinto Di Pietrantonio:L’idea è nata dalla collaborazione iniziata lo scorso anno, dal fatto che abbiamo lavorato molto bene e che io e Marco (Scotini, n.d.r.) condividiamo le stesse sensibilità. Così, mentre lo scorso anno abbiamo lavorato a 360°, un po’ come fare una tecnica mista, questa volta abbiamo deciso di isolare una modalità espressiva, quella della performance, che gode di un ritorno molto forte e di portarla ad un livello massimo di ricognizione. Ne abbiamo scelte 100, perché è un numero magico, pieno di prospettive e denso di significati. Però la novità rispetto a manifestazioni simili è che noi abbiamo concepito, anche con l’aiuto curatoriale di Alessandro Guerriero una parte di performance che riguarda l’architettura e il design, soprattutto quelle tra Firenze e Milano, relativa alla cosiddetta architettura radicale.

Marco Scotini:
Sì, forse si potrebbe parlare di un consolidamento del rapporto tra le due istituzioni. Credo che per creare un tessuto culturale all’altezza della situazione internazionale sia necessaria la collaborazione tra istituzioni diverse ma che operano nello stesso settore. L’arte contemporanea in Italia ha bisogno di questo tipo di alleanze. Per questo motivo io e Giacinto Di Pietrantonio ci siamo trovati d’accordo nel produrre delle proposte culturali meno impegnate, aperte e flessibili, all’insegna della festa. Qualcosa che ha che fare con l’aspetto ludico ma che possiamo (e non vogliamo) definire intrattenimento. Il grande successo di Festa Grande dello scorso anno ha spinto me e Giacinto a ritentare l’esperienza con 100 di 50. Un’intera notte all’insegna della performance: una sorta di “bignami” della performatività artistica: da quella storica a quella contemporanea.


Rispetto all’anno scorso MiArt e NABA chiamano come parte attiva del progetto artisti, galleristi, imprenditori e riviste… chi sono i protagonisti di questa operazione?
G.D.P
. Tutte le categorie che ha citato, ma anche collezionisti e, in primis, gli artisti!
M.S.
La nostra operazione è all’insegna dell’inclusività. Ci piace far convergere il più alto numero di attori diversi nello stesso contesto. Figure che hanno ruoli differenti ma che sono attivi nello stesso campo. I galleristi prestano delle loro opere o contribuiscono alla realizzazione di nuove. Penso a Giorgio Fasol che presta un’opera “live” di Tino Sehgal. Poi, ci sono imprenditori che collaborano per ri-proporre performance e azioni nate nell’ambito del design. Non ultimo il pubblico che ha deciso di promuovere performance spontanee e non previste dal nostro copione.

Come si svolgerà la serata di sabato 9 aprile?
G.D.P. La serata, che inizierà intorno alle 21.00, vedrà contemporaneamente videopriezioni di vecchie e nuove performance come quelle di Oppenheim, Fabre, Abramović, Pistoletto, Patella, Pascali, Beuys, Bock, Durham, Xhafa, Vedovamazzei, Beecroft… ma anche molte performance dal vivo come quelle di Guerriero, Mendini, Raggi, Pettena, Maloberti, Bartolini, Berti, Vetturi, Husni-Bey… Insomma, un grande evento pieno di azioni e emozioni.
M.S. Con Giacinto abbiamo pensato all’inizio di strutturare l’evento in maniera più consistente rispetto allo scorso anno. Poi, abbiamo optato per una situazione all’insegna dell’anarchia. Per cui proiezioni video all’interno degli edifici si alterneranno a performance live all’esterno, che avranno tempi diversi, durate diverse, magari sovrapponendosi, creando una condizione di percezione polivocale dell’evento. Le persone che parteciperanno come attori nelle performance sono qualche centinaio… oltre il pubblico. Alcune saranno chiaramente visibili altre mimetizzate nel contesto (come quella di Massimo Bartolini) fino a scomparire. Dunque non sarà tanto un grande teatro quanto una sorta di happening urbana anni ’70. Non a caso ci sarà anche il Baldacchino di Michelangelo Pistoletto.

L’interdisciplinarietà della performance ha fatto spesso riflettere sul contributo determinante portato in molti campi della cultura e del progetto. Quest’aspetto risulta particolarmente significativo in ambito milanese…
G.D.P.
Sì, come accennavo prima, è per questo che abbiamo dato spazio alle performance del gruppo dell’Architettura Radicale e di quelli che ruotavano intorno allo Studio Alchimia di Alessandro e Adriana Guerriero, come successivamente al gruppo Memphis. Ciò è molto interessante sia per le relazioni che questi gruppi intrattenevano con le arti visive sia perché in Italia, dove negli anni ’80 dominava la pittura, se si va alla ricerca di performance efficaci ma di artisti già degli anni ’60 come Fabio Mauri, a parte qualche raro caso, bisogna andare nell’ambito dell’architettura e design.
M.S.
La presenza dei designer sarà notevole. Esiste tutto un repertorio, soprattutto italiano, degli anni ’60 e ’70 che ha dato molto alla storia della performance. Basta pensare a certi esponenti dell’architettura radicale come Gianni Pettena che, sotto il nome di Anarchitettura, producevano un’idea di città performata.
Purtroppo oggi però si parla di performance progettuale e urbana anche quando si realizzano grattacieli. Alessandro Guerriero è stato in questo caso il nostro consulente e collaboratore dandoci l’opportunità di rimettere in scena un passato culturale che da anni nessuno ha più visto.

100 di 50 si inserisce in un clima di riappropriazione, condivisione della performance. La stessa Marina Abramović torna oggi a riproporre in pubblico esperienze legate alla sua ricerca…
G.D.P
. Certamente, la performance sta godendo di una nuova giovinezza che si inserisce nella riscoperta dell’importanza del corpo, giovane o vecchio che sia, come terminale della vita, una vita che con l’arte si addentra nelle ragioni profonde del nostro essere o non essere.
M.S.
Certo, sono molti i motivi che presiedono alle scelte contemporanee di rimettere in scena la performance (magari di budget, magari logistiche) ma credo che l’idea di performance sia quella che maggiormente connota la nostra realtà contemporanea. Che cosa significa essere “qui” e “ora”? Cosa significa “just in time”? Tutti noi, oggi, assumiamo più ruoli nella vita, più appartenenze. L’importante è non farle diventare delle maschere…

Il progetto in breve:
100 di 50
solo performance
solo per una sera

a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Marco Scotini
NABA
via Darwin 20, Milano
Sabato 9 aprile 2011
dalle ore 21.00 alle ore 24.00

In alto, da sinistra:
Alchimia – Alessandro Guerriero, “Autoritratto”, 1987
Gianni Pettena, “Wearable chairs”, Minneapolis (USA), 1971

In basso:
Gilbert & George, “Singing Sculpture”, 1969


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