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VENEZIA | Marignana Arte | 27 giugno – 20 settembre 2014

Intervista a SOFIA STEVI di SIMONE REBORA

Marignana Arte si propone come una piacevole novità nel panorama (non così affollato) delle gallerie d’arte veneziane. Un piccolo spazio espositivo nel Sestiere di Dorsoduro, collocato a metà strada tra la Collezione Peggy Guggenheim e Punta della Dogana. La sua attività è iniziata lo scorso anno con una personale di Stefano Arienti, ospitando anche artisti come Aldo Grazzi e i fratelli de Santillana. Per questa estate, Marignana Arte punta invece sulla giovane scena internazionale, offrendo i suoi spazi all’artista greca Sofia Stevi, classe 1982. L’abbiamo incontrata per farci raccontare il suo progetto veneziano (curato da Alma Zevi), ma anche il suo peculiare percorso di formazione, tra Londra e Atene.

Sofia Stevi, hotel nostos. humble, nimble, dreamlike tumble - Marignana Arte, Venezia, veduta della mostra

La tua mostra da Marignana Arte può essere analizzata scegliendo vari punti di vista, ma il riferimento più forte è senza dubbio quello del libro. Il libro come oggetto ma anche come pratica creativa, in particolare nella serie The Spine Books. Qual è il rapporto con i libri nella tua ricerca artistica?
I libri per me sono giunti in modo piuttosto naturale: ci sono cresciuta assieme, li preferivo di gran lunga ai giocattoli e leggevo molto. Ovviamente io amo molto la letteratura, e ho studiato book design e tipografia. A un certo punto del nostro corso noi dovevamo imparare le tecniche di rilegatura. E da lì compresi come non fossi più interessata alla tipografia, quanto piuttosto alla legatoria. Quindi sono partita dall’analogia tra il dorso dei libri e la spina dorsale degli esseri umani, cercando di fare rilegature senza usare la colla (come si usa nella legatoria giapponese). Ho deciso di trovare un mio modo personale di costruire un libro, rendendo il dorso la parte più importante. Pensavo poi anche al fatto che la spina dorsale umana può avere varie anomalie (come la scogliosi, la cifosi e la lordosi): e quindi, cercando di applicare queste anomalie alla struttura dei libri, mi sono resa conto di come questi si sostenessero ancora, diventando delle piccole sculture. E non volevo inserire nulla sulle loro pagine…

Sofia Stevi, spine books IV,  2014, carta senza cloro, filo

Nessuna scrittura, dunque. Ma i tuoi libri raccontano comunque delle storie?
Certamente! Prendi l’esempio dell’Odissea. Inizialmente stavo svolgendo delle ricerche su due argomenti in particolare: i codici segreti e i diversi tipi di carta, che raccoglievo per il mio lavoro di rilegatura. Quindi iniziai a cercare un modo per tradurre sensazioni ed emozioni dei personaggi direttamente nella scelta del tipo di carta, senza descriverle a parole. Lo feci una prima volta con la storia di Cappuccetto Rosso, ma poi presi l’Odissea (una storia a cui sono molto legata, sia per la mia esperienza di vita, sia perché è un libro archetipico, che ci rappresenta un po’ tutti…). Scelsi i tre personaggi principali: Ulisse, Penelope e Telemaco, che per tutto il libro aspirano a ritrovarsi assieme. Ho preso le tre differenti storie e ne ho fatto tre diversi libri, che poi ho collegato con questo strano dorso che li riunisce tutti.

Sofia Stevi, The Odissey Book,  Raccolta di diversi tipi di carta provenienti da varie nazioni del mondo, tessuto, ph. Matteo de Fina

Il titolo della tua mostra da Marignana Arte (hotel nostos. humble, nimble, dreamlike tumble) unisce questa grande tradizione a uno spirito più leggero e giocoso. Come ci può introdurre al percorso espositivo?
Per me hotel nostos è quel posto misterioso in cui puoi andare e sentirti sempre a casa. È un concetto positivo, ben diverso dalla nostalgia, che è quel senso di mancanza che si prova quando si è lontani da casa. Il resto del titolo deriva forse dal mio amore per la poesia: quando ero a Londra tenevo delle letture poetiche, e avevo pure una piccola casa editrice che pubblicava testi di amici e giovani poeti. Con questa mia piccolissima composizione ho cercato di fare qualcosa di molto leggero, piccolo e positivo: così come ogni cosa è piccola e giocosa in questa mostra. E l’idea curatoriale (su cui ho lavorato con Alma Zevi per quasi un anno) è che tu puoi attraversarla seguendo diversi percorsi, trovando correlazioni tra le singole opere con grande libertà, come nel corso di un viaggio.

Il tuo lavoro trova punti di contatto con molti movimenti artistici del passato, dall’Arte Povera alla grande tradizione dei libri d’artista. Come pensi che un giovane artista del presente possa relazionarsi con la storia dell’arte contemporanea?
Sofia Stevi, diary 14 January 2014Io penso che il modernismo sia qualcosa che ormai è entrato a far parte delle nostre vite e, anche senza riferimenti espliciti, emergerà sempre nelle opere contemporanee. In generale non amo fare riferimento ad artisti specifici, anche perché può anche capitare che un artista che amo faccia cose completamente diverse dalle mie. Per quanto riguarda l’Arte Povera, poi, devo dire che a Londra non è certo così presente come in Italia, e uno dei suoi rappresentanti più famosi, Jannis Kounellis, è proprio un greco come me! Io amo davvero il suo lavoro, ma non posso certo compararmi a lui. E lui una volta disse una cosa splendida: che si considerava come un “pittore” – facendo riferimento alla parola greca “Ζωγράφος” – che indica colui che scrive (e quindi crea) la vita. Ma la mia idea di usare molti oggetti ritrovati e materiali poveri deriva dal fatto che, quando arrivai a Londra, non avevo denaro a sufficienza, e mi mancavano pure le conoscenze formali necessarie per fare i tipici dipinti su tela. La scelta dei piccoli formati della serie Diaries, poi, deriva dall’esigenza di lavorare giorno per giorno, portando avanti una ricerca continua, ma vedendo cosa ne sarebbe risultato di volta in volta. Il mio lavoro guarda molto al caso e all’errore, perché in fondo parla della vita, e la vita non è affatto perfetta!

Il tuo percorso di formazione unisce la Grecia e l’Inghilterra, Londra e Atene. Ci puoi raccontare come hai iniziato la tua ricerca artistica e com’erano gli ambienti che frequentavi?
Ancora prima di arrivare a Londra sono stata molto fortunata ad Atene, dove ho trovato un lavoro poco dopo aver finito il college, in ambito pubblicitario. Ma era un lavoro molto impegnativo, davvero stressante, e che non sentivo affatto mio! Così decisi di andare a Londra per studiare Communication Design. Iniziai producendo dei libri, ma già sapevo che non volevo diventare una graphic designer: ero più interessata a produrre piccole sculture, alla pittura e al mondo dell’arte. Quando mi trasferii nel distretto di Peckham a Londra, era un’area ancora molto frequentata dai giovani artisti: non aveva una buona nomea, e gli affitti erano piuttosto bassi. Non che vi fosse un reale pericolo, ma la gente era spaventata dalla sua diversità. E fu un periodo molto interessante: vivendo assieme a tanti altri artisti, condividendo le idee, con una grande energia creativa. Per due anni lavorai intensamente nel mio studio, cercando di dimenticare tutto quello che avevo imparato sul design! Volevo che fossero le mie mani a guidarmi nel lavoro, e su una singola opera potevo restarci anche per un anno intero (molto diversamente da quanto ho fatto con i Diaries, che per me sono stati una vera sfida…). Ma come succede spesso a Londra (o a New York), quando gli artisti si concentrano in un certo quartiere arrivano anche bar, ristoranti, persone che cercano il puro divertimento, e gli affitti inevitabilmente si alzano. Quindi, assieme al mio ex-ragazzo Bobby Dowler (che fu tra i primi artisti che crearono la Peckham Scene), abbiamo deciso che lì non potevamo più restare…

Sofia Stevi, hotel nostos. humble, nimble, dreamlike tumble - Marignana Arte, Venezia, veduta della mostra

E proprio da qui nasce l’esperienza di Fokidos, artist-run space che gestisci ad Atene. Come si è sviluppato questo progetto e quali sono le prospettive future?
Ad Atene possedevo un appartamento: era vuoto e molto difficile da affittare per via della crisi. Un appartamento molto bello, con grandi pareti e tanta luce, ma anche piuttosto vecchio. All’inizio, quando ci trasferimmo, non c’era nemmeno il mobilio: quindi pensammo di iniziare facendo una mostra d’arte. In quell’occasione scegliemmo gli artisti che più ci piacevano, e l’idea era di esporre dei lavori che potessero entrare in una valigia (non avevamo alcun budget!) e preparammo il tutto nel giro di tre giorni. La mostra andò piuttosto bene, e in seguito ci trasferimmo lì, portandovi anche il mobilio. Alma Zevi amò molto la nostra idea e s’impegnò ad aiutarci per la mostra successiva: ci mise in contatto con l’artista Steve Hurtado, che creò un’installazione all’interno dell’appartamento, ispirato dalla città di Atene. La terza esposizione è stata pochi mesi fa, con molti giovani artisti greci, che hanno fatto un lavoro davvero splendido (e non è semplice essere un artista in Grecia oggi, quando non si riesce nemmeno a trovare lavoro!). In ogni caso io vivo lì, quindi ogni volta che facciamo un’esposizione (che dura dalle tre settimane a un mese) devo spostare tutti i miei mobili in una stanza: sembra una cosa folle, ma in fondo siamo artisti! Non so per quanto continuerà questo progetto, ma sicuramente almeno per un anno ancora. E per la prossima esposizione, quest’estate, Fokidos si sposterà in Svizzera, in un appartamento a Saint-Moritz.

Hotel nostos. humble, nimble, dreamlike tumble. Sofia Stevi
a cura di Alma Zevi

27 giugno – 20 settembre 2014

Marignana Arte
Dorsoduro 141, Venezia

Orari: Da lunedì a sabato: 10.30 – 13.30, 14.00 – 18.30
Chiuso martedì. Domenica aperto solo su appuntamento

Info: +39 041 5227360
+39 347 1828553
info@marignanaarte.it
www.marignanaarte.it

 

 

 

 

 

 

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