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Spazio Thetis, Arsenale Novissimo, Venezia
Evento collaterale della 54. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia

Round the Clock

INTERVISTA DI CECILIA ANTOLINI A MARTINA CAVALLARIN

Quando la passione e la professionalità dell’arte reagiscono con un interesse per il mondo e le sue componenti sociali si possono instaurare circoli piuttosto virtuosi. È quello cui mira Martina Cavallarin con la sua proposta Round the Clock tra i Collateral della Biennale di Venezia, puntando sulle problematiche di ambiente e sua abitabilità come punto di partenza per una riflessione in cui etica ed estetica convivono in modo necessario.

Cecilia Antolini: Come è nata l’idea di Round the clock e quali sono gli obiettivi teorici della mostra?
Martina Cavallarin: Mi occupo da un po’ di tempo di temi più ‘impegnati’. Io quarantenne figlia degli anni Ottanta sono stanca di stare ferma e accontentarmi delle cose così come stanno. Sono incazzata. Allora ho cominciato a registrare in modo differente la mia analisi critica. A volte l’arte stessa può contribuire ad alleviare la modernità dai pesi che si è imposta, come bellezza, identità, verità e significato. Occorre ripudiare le convenzioni e scandagliare per frammenti il binomio mondo-realtà. Il lavoro dell’artista in Round the Clock è quello di indagare quindi la dimensione del sociale, i problemi dell’eco-sostenibilità, delle bio-diversità e tale atteggiamento non può avere la vocazione del patteggiamento e pareggiamento tra ideologia e verità, ma mediante un’immersione riflessiva deve ambire a raggiungere le discrepanze tra i comportamenti e dare voce a grida soffocate. È necessario intensificare il movimento e incrementare l’energia con un’opera che vive dei rapporti tra artista e spettatore attraverso un luogo d’accoglienza finalizzato all’affioramento dei significati del mondo.

Secondo quali criteri sono stati selezionati gli artisti?
L’idea è che questa con loro sia solo una delle tante tappe da percorrere insieme. Una scelta basata sulla loro indagine concettuale, una mia indagine sul loro modo di essere artisti a 360°, la consapevolezza che i più giovani sono tra i più promettenti del panorama artistico europeo e la percezione netta che la visione complessiva porterà ad una auto rigenerazione che sfuggirà, come le opere, al destino entropico per aprire nuovi mondi e successivi quanto amplificati progetti.

Che tipo di lavori sono in mostra? Come si sono interfacciati gli artisti con gli stimoli forniti dal tema? Quali sono stati gli aspetti più approfonditi?
Fondamentale è essere stati capiti e accolti dallo Spazio Thetis, una realtà prestigiosa e aderente al tema, per noi è importante essere lì. Poi gli artisti si sono connessi concettualmente con lo spazio e il mood che lo alimenta. Tale convergenza avviene mediante l’analisi di un percorso che si basa su un’idea forte realizzata impiegando strumenti poveri. L’opera è la parte finale di uno svolgimento complesso narrato dalla suggestione di oggetti silenziosi quanto energetici, potenti e sottili, estesi dall’amplificazione straniante del “pensiero dolce” ovvero un lavoro intellettuale e concettuale espresso con mezzi modesti: carta, cartone, cenere, plastica, plexiglass, ferro, pietra, acciaio, vetro, acqua, tessuto. I media adoperati passano dalla fotografia all’installazione, dal video alla performance, dalla scultura al totem per un’esposizione che si addentri nell’emergenza di una vivibilità migliore sfuggendo però alle più ordinarie metodologie espositive con una coralità complessa, pensata, contemporanea, straniante e visivamente altrettanto efficace.

Non è la prima volta che ti occupi di temi ecologico-ambientali. Da cosa nasce questo tuo interesse e come pensi di svilupparlo in futuro?
Mi preoccupa il fatto che l’argomento sia enormemente sviluppato e quindi in balia di facili strumentalizzazioni. Cerco di studiare e coinvolgere grandi personalità come Stefano Tersigni della Redais che costruisce ecosostenibile e interagire con l’arch. Sergio Los, padre della “solarizzazione lenta”, così come lavorare con EcoArt Project piattaforma di green art strutturata da Pino Fortunato. Ritengo che questi siano punti di partenza e di arrivo imprescindibili dal mio progetto critico e curatoriale prima, durante, dopo e oltre Round. Alla fine della Biennale Round the Clock andrà a Corciano, Regione Umbria, luogo attento e abitato da un’amministrazione illuminata che ha capito la nostra linea, la sente vicina al loro modo di strutturare il sociale e questo sviluppa partnership importanti per la vita e l’arte intese come un unico organismo in costante processo.

In che modo e in che misura ritieni che l’arte possa essere uno strumento efficace nel dedicarsi a problematiche sociali concrete come quella dell’ambiente?
Una prima vittoria l’abbiamo raggiunta attraverso il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Un segno preciso della nostra serietà. L’arte è una domanda aperta sul mondo che vive una quotidianità inserita in una stagione durissima da cui l’artista non si può distogliere né scollare. Occorre tornare alle piccole cose, lasciare le grandi utopie degli anni Sessanta, farsi mettere sotto scacco dalla realtà, pensare grandi opere e realizzarle con poco. Occorre mettersi in gioco, 24 ore su 24!

Fare parte dei progetti Collateral è un grande successo, ma considerato l’altissimo numero delle proposte con cui confrontarsi anche una grandissima sfida. Come ti sembra il panorama veneziano di quest’anno?
Sono veneziana e nutro una stima e una devozione totale per la Biennale. Fin da quando ero piccola passarci davanti in battello e vedere quel banner rosso mi eccitava. Sono curiosa e propositiva, in grande aspettativa. Quest’anno la direttrice Bice Curiger è stata giustamente molto severa e solo 36 collateral su 93 circa presentati sono passati. Di questo sono fiera in quanto curatrice di Round the Clock e ancor più positiva verso un’ipotesi di qualità.

Posso chiederti una battuta sulle vicende del Padiglione Italia delle ultime settimane?
Esordisco col dire che io mi occupo di arte contemporanea, non di Arcore & CO. È evidente che nel “caso Italia” si è passati da un’amministrazione senza cultura che ha nominato chi non si occupa prevalentemente e non stima dichiaratamente l’arte contemporanea, Vittorio Sgarbi, ad una farsa da teatro di provincia. Le nomine dei padiglioni nazionali sono ministeriali e il nostro è solo, tristemente, lo specchio del Paese. La cosa che mi fa pensare, invece, è la totale sfacciataggine di alcuni “intellettuali” (interessante sapere che alcuni dei nomi in lista sono reputati tali) che hanno nominato figli e fidanzate. Fare il gioco delle tre carte sarebbe stato facile, invece l’hanno fatto en plein air. Ciò significa che l’arte contemporanea in Italia non è affatto considerata. Cum grano salis.

Round the Clock
Evento collaterale della 54. Esposizione Internazionale d’Arte – 
la Biennale di Venezia
A cura di Martina Cavallarin
Spazio Thetis, Arsenale Novissimo, Venezia
Info: 041 2406111
www.biennaleroundtheclock.com
Opening 1 giugno ore 12.00
4 giugno – 30 ottobre
 2011

Artisti: Francesco Bocchini, Ulrich Egger, Eva Jospin, Chiara Lecca, Serafino Maiorano, Gianni Moretti, Maria Elisabetta Novello, Svetlana Ostapovici, David Rickard, Antonio Riello, Matteo Sanna, Wilhelm Scheruebl, Silvia Vendramel, Devis Venturelli, Peter Welz

In alto:
Chiara Lecca, “Misses (Fiorenza, Patrizia, Roberta, Carlotta, Irene)”, 2010, metallo, tassidermia, elastici, extension, dimensioni variabili, courtesy Galleria Fumagalli, Bergamo
In centro:
Svetlana Ostapovici, “Metal recycling”, 2011, materiali vari, installazione variabile, circa cm 600x300x300, photocredit Svetlana Ostapovici, courtesy Romberg artecontemporanea
In basso:
Francesco Bocchini, “Blumen”, 2010, olio su lamiera di ferro, vetro, cm 207x200x40, photocredit Dario Lasagni

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