Non sei registrato? Registrati.
NAPOLI | Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli | 16 ottobre – 15 novembre 2014

Intervista a VINCENZO RUSCIANO di Micole Imperiali

L’artista napoletano Vincenzo Rusciano (1973), ha recentemente inaugurato la sua mostra Sponda, visitabile fino al 15 novembre presso la Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli, luogo dal forte impatto storico e culturale. La volontà di legare l’arte contemporanea ad un luogo così importante per la città – sito sull’antica acropoli greco-romana – parla di riappropriazione e fruizione allargata, della creazione di un discorso che non si limiti agli specialisti, ma che possa essere percepito anche dai napoletani stessi, a cui viene restituita una parte fondante della loro identità.

Abbiamo chiesto all’artista di parlarci del progetto e di come questo ha accompagnato e rafforzato un luogo già di per sé così ricco, seppur dimenticato, nascosto com’era da strutture cantieristiche decennali che ne hanno offuscato troppo a lungo lo splendore.

Vincenzo Rusciano, ritratto, ph.  Danilo Donzelli photography
Sappiamo che oltre ad essere artista sei anche restauratore. Un’attività che ben si sposa con il legame che hai voluto creare attraverso le tue opere con la chiesa e la sua storia. Che peso ha avuto la tua doppia essenza nel progetto a cui dato vita?

Ho sempre collaborato con varie ditte di restauro, alternando quest’attività a quella d’artista. Devo a Giuseppe Giordano, collezionista di arte contemporanea e autore del restauro dell’Altare Maggiore di Girolamo Santacroce della chiesa, l’ideazione di questo progetto. Giuseppe segue infatti da tempo la mia attività artistica e conoscendo anche il mio contatto con il mondo del restauro e dell’archeologia ha voluto sottopormi la sua idea. È la prima volta che lavoriamo ad un’iniziativa comune. In un primo momento avevo pensato ad un progetto collettivo che includesse più artisti, ma lui era convinto che potesse funzionare perfettamente anche con il mio solo intervento. Tutta una serie di cose si sono incastrate tra loro nel migliore dei modi (l’appoggio della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta, la collaborazione con la Galleria Annarumma, la curatela di Angela Tecce e Alberto Zanchetta) permettendo la combinazione del valore storico e culturale della Chiesa di S. Aniello (legato alla zona della città nella quale si trova l’acropoli greco-romana), con la volontà di rendere il più possibile fruibile uno spazio del genere.

Vittorio Rusciano, Sponda, 2014, veduta della mostra, ph. Danilo Donzelli photography
Conoscevi già la Chiesa di Sant’Aniello?
Sì, in passato passavo spesso da queste parti e cercavo di sbirciare all’interno. Ma era un eterno cantiere, che non riusciva mai a portare alla luce ciò che celava. È stato un lavoro interminabile, cominciato più concretamente nel 2001: prima la ristrutturazione, poi il restauro, quindi un processo molto attento di recupero dei pezzi trafugati, ricomponendo un puzzle eccezionale di elementi, soprattutto in marmo. Ora vediamo la chiesa priva di tutte le ricchezze che aveva all’epoca del suo splendore, quando era uno dei monumenti più importanti della città, ma dopo la risistemazione, già solo poter godere dell’altare rinascimentale è un’esperienza incredibile. È un luogo dai mille volti, di cui intravedi anche il cuore, costituito dalle mura antiche che sono lasciate a vista all’interno dello spazio. A noi faceva piacere che questa realtà, così ricca e antica, fosse fruita anche dal circuito legato all’arte contemporanea, cosa non sempre scontata, progetto tra l’altro molto allettante anche per la Soprintendenza, che ne è stata entusiasta.

Il titolo che hai scelto per la mostra è Sponda, dalla zattera arancione che apre l’esposizione. Ci vuoi raccontare di quest’opera e del concetto che riassume?
La zattera rappresenta un mezzo estremo di salvataggio. Vincenzo Rusciano - Sponda - 2014 - Jesmonite, legno, ferro, tela, resina, vernice - cm. 260 x 260 x 125, ph. Danilo Donzelli photographyHo ritenuto valido tale oggetto anche relativamente a questo particolare momento storico, in cui si ha testimonianza di continui passaggi da una sponda all’altra di popolazioni che abbandonano le loro terre, le loro culture, per andare non si sa nemmeno dove. C’è un limite molto fragile tra soccorso e contaminazione, anche nel caso di questo luogo. La mostra nasce proprio per Sant’Aniello – una ricchezza che stavamo perdendo completamente visti l’incuria e i furti che ha subito. Si è trattato quindi di un salvataggio in extremis, “prendendola per i capelli”. Ho usato l’arancione perché è colore dell’emergenza. Il carico nella parte posteriore della zattera è composto poi da un misto di mosaici ed elementi classici che richiamano quello che siamo riusciti a recuperare della chiesa, per sottolineare in maniera provocatoria l’esempio di un recupero effettuato al limite, cosa molto comune in una realtà come l’italiana dove la ricchezza del patrimonio culturale si associa troppo spesso ad una cattiva gestione e tempistiche sbagliate, riducendo il tutto, appunto, all’emergenza. Così facendo molto va perso, ma la zattera in questo caso vuole rendere anche l’idea di approdo. È l’opera simbolo di ciò che siamo riusciti a concretizzare attraverso il recupero del sito.

Parliamo ora di Passaggio #1 e Passaggio #2. Ci spiegheresti il significato del volto femminile racchiuso in Passaggio #1? E’ un po’ come se fosse l’anima della chiesa che aspettava da tempo di essere svelata? Perché quel giallo a colorare il labbro inferiore e il mento? E il calco in Passaggio #2?
Passaggio #1 è composto da un caos di sovrastrutture che richiamano quelle che molte volte vengono applicate all’opera d’arte nella fase d’intervento da parte del restauratore, momento in cui spesso l’elemento da recuperare viene del tutto celato. È per me la fase più misteriosa, che da una parte sembra nascondere la bellezza ma che in realtà è intervento obbligato per il suo recupero. È la sensazione che spesso abbiamo quando entriamo in un cantiere di restauro: non sempre si ha una visione chiara di come verrà terminato il lavoro, anche se i progetti sono chiari e precisi, ma quello che emerge è “il cantiere” delle fasi intermedie, che crea un rapporto molto particolare con l’opera da recuperare. Prima della fase d’intervento ci sono poi altre interferenze che limitano la lettura della bellezza dell’opera. La scelta del viso che emerge tra le tavole è dovuta quindi all’idea di rivelazione, il giallo che colora il labbro inferiore e il mento, al fatto che spesso queste opere sono invase, violate, hanno colature, bruciature, macchie di lucidi, che trasformano chi opera in una specie di chirurgo. Il mio gioco è stato dar forma all’idea di laboratorio e cantiere, associato alla scultura.

Passaggio #2 vuole invece marcare qualcosa che già c’è, ma in negativo. È un calco di un’opera “X”, così come quelli che vengono utilizzati nelle fasi di trasporto per non danneggiarla, prima dell’intervento vero e proprio. Ho volutamente evitato di riprodurre sculture già presenti nella chiesa perché la loro bellezza parla già di per sé e non c’era bisogno di aggiungere altro, se non affiancare l’idea di intervento a quella della manualità dell’artigiano, espressa da pezzi di strumenti da lavoro come il manico di trapano a mano sistemati nei pressi del calco.

Da sx: Vincenzo rusciano, Passaggio #1, 2014, jesmonite, legno, ferro, vernice, grafite, cm 210x45x45 e Passaggio #2, 2014, jesmonite, legno, ferro, lattice, vernice, grafite, cm 215x48x50, ph Danilo Donzelli photography
E cosa mi dici dei due vasi che hai chiamato Brani #1 e Brani #2?
Nelle varie epoche i vasi sono sempre stati un mezzo di lettura, una sorta di libro aperto sul mondo. Brani #2 è autobiografico, vi si ripetono in maniera ricorrente disegni di miei lavori precedenti come artista (la giostra, il clown che regge un teschio sul dito medio, un bambino che tira una casa dietro di sé, la zattera, una barca antica) così come alcuni attrezzi che uso nel restauro (cavalletto, compasso, bisturi). Volevo rappresentare la fusione delle mie due identità, quella di artista e di restauratore.

Vittorio Rusciano, Brani #1, 2014, terracotta, legno, vernice, cm 170x48x48, Danilo Donzelli photography

L’altro vaso, Brani #1, il più vicino all’altare, ripropone invece le fasi attraversate dalla chiesa nei decenni. Ho disegnato quindi l’altare privo di sculture, una serie di impalcature e ponteggi, l’altare contornato dai segni che nella parete posteriore erano stati lasciati dai riempimenti in cemento tramite siringhe per ovviare senza troppo criterio ai danni del terremoto dell’’80, gli archi delle cappelle impalati, così come ancora si vede nella cappella alla sinistra dell’altare a causa di una perdita d’acqua. Il recupero potrebbe andare avanti, come in quest’ultimo caso, poiché c’è sempre qualcosa su cui lavorare. Anche così però la chiesa comunica la sua essenza, conservando ancora fresco il ricordo della sua storia, che parla di una perenne e mancata completa guarigione.

Quello di Vincenzo Rusciano presso la Chiesa di S.Aniello a Caponapoli è stato il suo primo intervento concepito in così stretta connessione con lo spazio ospitante. “Analizzare il sito, la sua storia, ascoltare il suo racconto e dar vita ad opere che si legassero così strettamente a tutto questo è stata una grande prima occasione” conclude prima di salutarci.

Parte delle opere di Sponda saranno esposte anche altrove, con tutto il bagaglio storico che ne ha definito la nascita, nella traccia di un’origine senza uguali.

 

Vincenzo Rusciano. Sponda
a cura di Angela Tecce e Alberto Zanchetta

16 ottobre – 15 novembre 2014

Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli
Largo Sant’Aniello a Caponapoli, Napoli

Orario: lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 9.30 alle 12.30

Catalogo: Vanilla edizioni
con testi Fabrizio Vona, Ugo Carughi, Giuseppe Giordano, Marina Santucci, Angela Tecce, Alberto Zanchetta

Info: 081 7499274
marina.santucci@beniculturali.it
www.beniculturali.it

 

 

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •