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ARGENTINA | IV Edizione Bienal del Fin del Mundo | Il report del progetto Ginnastica della visione a cura di Paolo Angelosanto

intervista a PAOLO ANGELOSANTO di Viviana Siviero

Dieci artisti, dieci riflessioni che scelgono l’espressione performativa per emergere al mondo, stimolati da un curatore, che è principalmente un artista, quindi abituato a “sporcarsi le mani”, a muoverle unitamente al cervello per fare cose. Ciò che ne consegue è un vero e proprio viaggio, interpretabile a molteplici livelli, che porta tutti i risultati di un impegnativo lavoro all’estero, lontano da quella terra arida e priva di stimoli istituzionali, l’Italia, in cui solo la costanza dei singoli riesce a far si che qualcosa di sincero, che non nasconda alcun lato economico, prenda forma. Così Eleonora Chiesa, Tiziana Contino, Curandi-Katz, Tree Fisters, Elena Mazzi, Ruben Montini -Alexander Pohnert, Opiemme, Sergio Racanati, Mauro Romito e Filippo Riniolo, che mai prima avevano lavorato insieme, guidati dal visionario Paolo Angelosanto hanno preso il volo verso l’America Latina, per partecipare alla quarta edizione della Bienal del Fin del Mundu, organizzata in Argentina, per spostarsi poi in Cile. Il progetto curatoriale di Angelosanto, da poco concluso, è da intendersi in senso ampio come un festival nomade itinerante della performance live; la più recente partecipazione in Argentina è infatti parte integrante di un progetto itinerante più ampio, presentato in precedenza in Italia, a Bologna nel 2013, poi a Roma ed in Slovenia nel 2014. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Paolo Angelosanto per vedere come è andata…

Ritratto di Paolo Angelosanto

Paolo Angelosanto, nel 2010 hai ideato e realizzato il primo festival della performance nomade dal titolo Ginnastica della Visione, con l’intento di porre simbolicamente l’accento e soprattutto far riflettere sul ruolo dell’artista performativo oggi in Italia. Il progetto presentato in varie manifestazioni e festival d’arte sbarca in Argentina. Ci puoi raccontare cosa hai raccolto fino ad oggi… 
Il titolo Ginnastica della visione, se pur apparentemente effimero, voleva porre l’attenzione sulla visione di una pratica performativa nell’arte visiva e, insomma, di mostrare diverse discipline attraverso una visione altra e mediante un atto performativo.
Mi interessa alimentare la condivisione del processo creativo. L’idea era ed è quella di svelare, con un atto performativo ripetitivo più o meno lungo, maratonico, che riprende quello della ginnastica della palestra, per rimanere in forma e mostrare le tecniche acrobatiche dell’arte, come ginnastica meccanica della tecnica. Gli artisti invitati si mettono in gioco mettendoci la faccia, rimanendo se stessi, con l’intento di porre simbolicamente l’accento e, soprattutto far riflettere, sul ruolo dell’artista performativo oggi in Italia. Il progetto poi è cambiato e cresciuto con l’idea di farne un festival della Performance Art permanente, ma dopo diversi tentativi e dopo un anno di attesa e burocrazie varie per ottenere uno spazio istituzionale idoneo, ho pensato anche di abbandonare il progetto, poiché rischiava di essere un campione, non originale, rispetto all’input iniziale. Da questi presupposti è nata l’idea di portare il progetto di festival della performance avanti e senza competere con quelli che nascevano contemporaneamente; seppur in modo diverso e con una formula nuova è un progetto nato in tempi di crisi e incertezze economiche. È con queste premesse che l’ho presentato in anteprima, In corpo 3/Ginnastica della Visione, nel 2013 a SetUp la fiera d’arte contemporanea indipendente di Bologna; poi l’edizione zero a giugno del 2014 al MAAM Museo dell’Altro e dell’Altrove Città Meticcia di Roma e ad agosto presso Art Stays Festival 2014.

Ruben Montini and Alexander Pohnert_there is only so much we can bear, 2014_Ptuj, performance, 1’20’’_Slovenia_Nicolò Burgassi and Ilan Zarantonello, OKNO studio_courtesy Galleria Massimodeluca, Mestre (VE)

Prima l’Argentina, poi il Cile, paesi ricchi di fermento artistico: fai un paragone con l’Italia e confronta la situazione artistico performativa delle due realtà: quale significato assume la tua iniziativa diventando internazionale soprattutto a livello di confronto relazionale?
Il Cile e l’Argentina, in questo momento, sono Paesi attenti all’internazionalizzazione dei propri artisti con differenti operazioni e scambi culturali. In Argentina è la prima volta che partecipo con un progetto artistico, ed è una Biennale.
È molto difficile fare paragoni con l’Italia, sicuramente l’Argentina e il Cile pur confinanti e con una diversa situazione politica vanno identificate con il contesto culturale artistico. In questo momento il Sud America come anche l’Asia sono protagoniste. In Cile la performance è molto seguita grazie anche al lavoro della scena Avanzada, attualmente esistono diverse realtà che vanno oltre la repressione del corpo tipico di un regime dittatoriale e che rispecchia le esigenze di un’identità nuova e di una generazione che ha memoria dentro la democrazia: tra queste realtà cito La Bienal Deformes.
In Italia troviamo un corpo stagnante, un sistema logoro, privo di stimoli istituzionali. Si lavora a polso, molte volte solitariamente. Questo è quello che fondamentalmente estraggo da questo confronto, nonostante in ambito performativo stiamo vivendo un nuovo risorgimento, molti gli appuntamenti con la performance nati negli ultimi: Piattaforme per la performance, Festival della performance e seminari su questa pratica artistica ancora forse poco conosciuta.
La valorizzazione della creazione artistica più recente ha bisogno di un dialogo con l’altro. Non esistono ancora reali possibilità di sopravvivenza per gli artisti italiani, però a differenza delle generazioni passate, se non si hanno risorse proprie ci si inventa qualcosa e si creano le condizioni per organizzarsi all’estero.

 Eleonora Chiesa: performance - Now/Adesso, 2014

Sei un artista che coinvolge artisti: 10 giovani, che lavorano con il linguaggio della performance Art -Eleonora Chiesa, Tiziana Contino, Curandi-Katz, Tree Fisters, Elena Mazzi, Ruben Montini -Alexander Pohnert, Opiemme, Sergio Racanati, Mauro Romito e Filippo Riniolo, parteciperanno con azioni live e installazione roaming video performance – come li hai scelti e cosa hanno portato di significativo all’esperienza? 
L’Italia è il Paese ospite d’onore della IV edizione della Bienal del fin del mundo, come artista ho voluto partecipare con un progetto curatoriale. Sono artisti che stimo e che mi interessano per la loro personalità artistica. Molti di loro sono anche amici, altri invece no, mi interessa il loro modo di lavorare con il linguaggio del corpo in arte, affrontando tematiche che vanno dall’identità di genere, politico e sociale, nello stesso tempo mi piace l’idea di poter far incontrare artisti che non si erano prima confrontati e, perché no, farli interagire con gli oltre 150 artisti invitati per la Biennale del Fin del Mundo a lavorare sul tema Contrasti e utopie.

Tiziana Contino, ShareSign, 2014, performance interattiva site specific

Anticipazioni per il futuro? Ginnastica della Visione si dichiara festival nomade, una bella idea, fresca ed intelligente che sembra scavalcare un po’ quegli sterili giochi di potere che ruotano attorno all’economia, lasciando spazio alla sincerità del fare arte… Come è concepita e perché? Come vedi il suo presente ma soprattutto il suo futuro? E dove, potendo anche sognare?
Per il futuro, Ginnastica della Visione il festival della Performance Nomade vuole continuare con questa formula, un’impronta con la partecipazione attiva di personalità artistiche indipendenti, di formazione e identità italiana, ma non solo, con uno sguardo rivolto anche verso altri Paesi intende valorizzare quello che è accaduto e che sta succedendo in Italia. Lontane dal glamour e dai circuiti della comunicazione mediatica. Per il futuro sicuramente vedo altre collaborazioni con festival e manifestazioni culturali che si realizzano in Italia e all’estero, con l’intento di costruire un sistema articolato di scambi e di collaborazione tra realtà italiana e internazionale. Inoltre, spero nella riuscita di una pubblicazione-edizione di un libro che possa contenere questa forma d’arte dai risultati effimeri, con le testimonianze degli artisti coinvolti e dei progetti performativi creati. Potendo anche sognare magari riuscire ad avere dei budget interessanti pero poter pagare il lavoro degli artisti che stanno supportando questo Festival della Performance Nomade.

Opiemme, "Se non puoi farlo fallo con un sorriso, e non solo per te stesso"

http://bienaldelfindelmundo.org/artistas/ginnastica-della-visione/

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