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Venezia | Palazzo Grassi e Punta della Dogana | 9 aprile – 3 dicembre 2017

Intervista a ELENA GEUNA di Francesca Caputo*

Ritratto di Elena Geuna. Foto: De Fina

Ritratto di Elena Geuna. Foto: De Fina

Treasures from the Wreck of the Unbelievable di Damien Hirst è un evento colossale che, per la prima volta, coinvolge entrambi gli spazi della Pinault Foundation a Venezia.
All’inizio di questa epopea su verità e finzione, c’è una storia immaginata. Il recupero di un tesoro mitico, scoperto nel 2008. Un’immensa collezione di oggetti e opere d’arte –  appartenuta al leggendario schiavo liberto Amotan II – naufragata insieme a un relitto misterioso, duemila anni fa nell’Oceano Indiano.
La narrazione, così come la seduzione dell’inganno, è parte integrante del progetto. Dal lancio della mostra mediante teaser – brevi video utilizzati nelle campagne pubblicitarie per suscitare la curiosità del pubblico – sino ai lightbox e filmati archeologici che “documentano” il recupero e ai testi in catalogo. Ogni elemento riverbera la dialettica delle opere, tra strategie di comunicazione persuasiva e creazione, illusione e fede, collezionismo, potere e mastodontiche proiezioni dell’ego.
In un accumulo ipertrofico, che oltrepassa il cattivo gusto, l’artista ricrea i suoi Tesori dal Relitto dell’Incredibile addizionando stili e linee temporali in cortocircuito. Ibridando materiali antichi e contemporanei, divinità e creature mitiche, iconografie e reperti del passato – spesso saturi di incrostazioni fittizie – con icone disneyane, citazioni all’arte e alla cultura pop.

L’operazione compiuta da Hirst è di rendere, in maniera neanche troppo velata, vero il falso. Tutto è volutamente artefatto, posticcio, simulato. Tutto è giocato sull’ambiguità.
Tuttavia il decadimento che Hirst asseconda fino all’eccesso e di cui si burla è quello che stiamo vivendo davvero da troppo tempo, l’attitudine di un’epoca fagocitata dalla post-verità, il disperato bisogno collettivo di credere in qualcosa.
Ne abbiamo parlato con la curatrice, Elena Geuna.

Damien Hirst, Demon with Bowl (Exhibition Enlargement), Palazzo Grassi. Photographed by Prudence Cuming Associates © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS/SIAE 2017

Damien Hirst, Demon with Bowl (Exhibition Enlargement), Palazzo Grassi. Photographed by Prudence Cuming Associates © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS/SIAE 2017

Quali sfide e approcci curatoriali ha affrontato nella realizzazione di un progetto così grandioso? In che modo dialogano le opere nei due spazi della Pinault Foundation?
Treasures from the Wreck of the Unbelievable è un progetto straordinario e ambizioso, poter lavorare con Damien Hirst a questa mostra è stata per me un’esperienza unica. La sfida curatoriale è stata quella di far dialogare opere molto diverse per materiali e dimensioni e di articolarle nei due spazi espositivi così differenti tra loro. Punta della Dogana riflette la sua anima storica e architettonica in quanto dogana da mar; in questa sede, viste le sue grandi navate, sono presentate le opere recuperate dal mare, molte di dimensioni monumentali. Palazzo Grassi, invece, ultimo palazzo patrizio costruito sul Canal Grande, suggerisce un’atmosfera più intima e raccolta, ed è qui che abbiamo preferito collocare i tesori veri e propri.

Quali le motivazioni che hanno spinto Hirst a dare forma alla colossale ricostruzione di un immaginario?
È un pensiero che Damien Hirst aveva in mente da lungo tempo; ha iniziato a concepire questo nuovo corpus di opere dopo l’asta di Sotheby’s del 2008. Come ha detto lui stesso in un’intervista, abbiamo tutti bisogno di una ragione che ci butti giù dal letto, e questa è stata la sua ragione: trovare il tesoro, crederci con tutto il cuore, spendendo così tanto tempo da renderlo vero.

Damien Hirst, The Warrior and the Bear, Palazzo della Dogana. Photographed by Prudence Cuming Associates © Damien Hirst and Science Ltd.  All rights reserved, DACS 2017

Damien Hirst, The Warrior and the Bear, Palazzo della Dogana. Photographed by Prudence Cuming Associates © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS 2017

La mostra è costruita sulla leggenda del ritrovamento del relitto di una nave carica di opere d’arte. Una metafora che racchiude molti elementi di ricerca di Hirst ma, allo stesso tempo, si distacca dalla sua produzione precedente. In quale chiave di lettura sono ora proposte?
Uno degli aspetti più interessanti di questa mostra è che l’artista non vuole proporre un solo livello di lettura, anzi ci suggerisce una molteplicità di interpretazioni, ci invita a porci delle domande senza darci risposte univoche, lasciandoci liberi di esplorare ogni sfaccettatura di questo progetto. Tutte le opere vanno lette nell’accezione che ognuno di noi desidera, secondo la propria percezione, emotività, background.

Esiste un’analogia tra il collezionista Amotan e Hirst collezionista?
Ciò che mi ha sempre affascinato di Damien Hirst è il suo essere al contempo un artista straordinario e un attento collezionista, come si vede nelle mostre nel suo museo, il Newport Street Gallery a Londra. Il ruolo di collezionista è alla base della narrazione di Treasures from the Wreck of the Unbelievable e sicuramente vi sono delle assonanze tra il collezionista di ieri e quello di oggi, come svelano le due sculture che ritraggono Cif Amotan II.

L’impronta e l’andamento narrativo della mostra, denotano un format inedito…
Lo storytelling è il nucleo di tutto il progetto ed è la base su cui sono state concepite le opere. Treasures from the Wreck of the Unbelievable è un progetto aperto, proprio perché racchiude così tanti riferimenti, temi, iconografie e spunti di riflessione. Un aspetto importante che emerge da questa esposizione è l’importanza del “frammento” e l’idea che il passato ci venga restituito nel presente attraverso le tessere di un mosaico, che solo una volta ricomposte ci possono fornire un’immagine di globalità.

Damien Hirst, (left to right) A collection of jugs and vessels from the wreck of the ‘Unbelievable’, Reclining Woman, Punta della Dogana. Photographed by Prudence Cuming Associates © Damien Hirst and Science Ltd.  All rights reserved, DACS 2017

Damien Hirst, (left to right) A collection of jugs and vessels from the wreck of the ‘Unbelievable’, Reclining Woman, Punta della Dogana. Photographed by Prudence Cuming Associates © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS 2017

Cosa vuole dirci Hirst attraverso la creazione di fake news e finzione storica per rendere verosimile la messa in scena di “falsi” reperti antichi?
Come dicevo prima, ognuno di noi è lasciato libero di interpretare i messaggi che l’artista affida alle opere: riferimenti a famose opere d’arte, rimandi a mitologia, cinema, letteratura, iconografie note e a immaginari della nostra contemporaneità. Noi visitatori non possiamo far altro che domandarci che cosa sia vero, che cosa non lo sia, in generale chiederci se esiste davvero una verità.

Dopo aver provato l’immersiva esperienza nella sospensione dell’incredulità, del dubbio, quali verità porta con sé lo spettatore?
Con questo progetto visionario e geniale, forse Hirst vuole reinterpretare il passato per parlarci del domani: come tutti i grandi artisti, vede un futuro che noi ancora non possiamo immaginare.

Damien Hirst. Treasures from the Wreck of Unbelievable
a cura di Elena Geuna

Palazzo Grassi e Punta della Dogana, Venezia

9 aprile – 3 dicembre 2017

Info: www.palazzograssi.it

*da Espoarte #98

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