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Sbarco: migrazioni, mobilità forzata e non, clandestinità al limite di una condizione che assicura un certo senso di libertà, fuga… Queste alcune delle riflessioni da cui nasce il nuovo intervento artistico di Velasco Vitali. L’inclinazione dell’artista di addentrarsi in tematiche socio culturali di un certo peso e tradurle spaziando dalla pittura, alla scultura, passando sempre per il luogo, è capacità ormai assodata.
Il nuovo progetto di Velasco Vitali a Pietrasanta (LU) nasce per il luogo e nel luogo attribuendo senso a ciò che in arte si definisce site specific, a volte, anche con troppa facilità…

Francesca Di Giorgio: Immigrazione, precarietà e fuga, le tematiche a cui ruota attorno Sbarco, hanno una matrice comune che prevede contemporaneamente movimento e staticità, arrivo e partenza. Tutti, più o meno direttamente, ne sperimentano limiti e possibilità. Da quali riflessioni scaturisce?
Velasco Vitali: La clandestinità è il tema centrale delle quattro opere che occupano gli spazi. Anche l’immobilità è una condizione di status, così come la partenza e l’arrivo. Potrebbe essere anche un movimento statico, un’attesa.
È il risultato della mia riflessione sulla clandestinità, una condizione esistenziale che di frequente è il veicolo obbligato verso la libertà. E d’altra parte la clandestinità è spesso la condizione dell’arte come metafora della libertà.

Il progetto si sviluppa in due sedi: piazza del Duomo e complesso di Sant’Agostino a Pietrasanta. Come nasce la collaborazione con questa città e come hai individuato le locations?
Sbarco è solo l’ultima installazione pensata per gli spazi di Pietrasanta: è stato un lungo percorso di ideazione, nel quale ho cercato di creare un discorso coerente ma non retorico che potesse coinvolgere solamente gli spazi più adatti al mio intento narrativo. Inoltre questi luoghi offrono la possibilità di collocare le opere e sottolinearne il loro significato ideale come se fossero opere uniche.
Ho individuato nella specificità di questo luogo la doppia possibilità di collocare le mie opere come singoli capitoli e allo stesso tempo coniugate tra loro come un insieme narrativo, in ambiti spaziali fortemente diversi per caratteristiche architettoniche.
Il rapporto con lo spazio architettonico stimola la riflessione sui significati dell’opera: come gli spazi “invasi”, i soggetti rappresentati in Sbarco (uomini o cani) sono visibili sia come singoli, sia come insiemi.

Se guardiamo indietro, a tuoi progetti passati, il rapporto con la città e le implicazioni socio-politiche dell’abitare sottendono molta parte del tuo lavoro, spesso tradotto in una dimensione site specific…
Gli spazi fanno parte dell’opera, o delle singole opere, così come la luce che ho immaginato e attentamente studiato per renderli leggibili. La piazza, per esempio, è perfettamente funzionale a Sbarco in relazione alla luce estiva abbacinante che avrà un effetto violento sulla barca portata a spalla, con la risultante di una lama lucente che attraversa l’asse mediano della piazza.
Al contrario l’interno della chiesa diventa un luogo contraddittorio per gli elementi che lo arredano e per la luce lunare che illumina il branco dei cani. Il pavimento di marmo è una materia inaspettata a contrasto con i cani costituiti da elementi più rudi.

I cani, sulla tela e in scultura, sono elementi emblematici nella tua ricerca… In quest’occasione li hai chiamati Varosha, Pripjat, Mohenjo-daro, Bannack, Suakin, nomi di città scomparse. Quale ruolo gli affidi?

Il ruolo di viaggiatori e di testimoni che si ritrovano nella stessa condizione di clandestinità forzata che è condizione interiore prima che fisica.
I cani in Chiesa sono quei cani randagi che ho imparato a conoscere in Sicilia. Il materiale con cui li costruisco me l’hanno suggerito proprio loro, o meglio la loro condizione di “ultimi”, quasi abusivi. Ho scelto così tutti quei materiali di scarto che si possono trovare in un cantiere edile: rete metallica, tondino, pezzi di ferro, cemento.
Questi cani sono anche metafora del nostro mondo, delle città e delle loro periferie:
che questi “ultimi” siano collocati in una chiesa non mi sembra fuori posto.

La barca rovesciata, sorretta da due uomini in bronzo, copre loro il volto come a dire che la mobilità e il viaggio verso ciò che non conosciamo può donare e sottrarre allo stesso tempo?

La spinta, che imprime l’uomo a sollevare la barca e usarla come scudo o copertura, è il principio più semplice di casa, abitazione, protezione e allo stesso tempo di viaggio.
Per questa ragione i significati di Sbarco, Imbarco e Attesa diventano intercambiabili nella proiezione della vita di un uomo. Quello stesso significato che si ritrova nei due dipinti esposti nella sala del Capitolo che rappresentano un’intera folla in movimento come uno sciame indistinto.

Come sottolinea Francesco Poli, in un’operazione artistica del genere, potevi incappare «in rischi in termini di ridondanza retorica dei contenuti letterari e ideologici». Qual è la tua “strategia di fuga”?
C’è un elemento narrativo che coniuga i quattro capitoli di Sbarco, ma ogni opera è pensata e progettata come opera unica con lo scopo di evocare il fatto o lo spunto dal quale è nata. Inoltre ogni progetto ha subito fasi di eliminazione: vere e proprie amputazioni materiche e narrative.
La necessità di raccontare una storia è una caratteristica del mio lavoro, ma il significato dell’opera d’arte deve poter essere scomponibile in infinite parti. È lo spettatore stesso che decide quale pezzo (di significato) prendersi. Sarà lui stesso a terminare l’opera.

Il progetto prevede anche il contributo di Oliviero Toscani…
Per quanto mi riguarda è la prima possibilità di mettere nelle mani di un interprete il mio lavoro, la mia opera.
Quello che fa ciascun visitatore che osserva viene affidato a un grande interprete che con il suo occhio straordinario mi offre il privilegio di vedere le mie opere da spettatore.

La mostra in breve:
Velasco Vitali. Sbarco
a cura di Fernando Mazzocca e Francesco Poli
in collaborazione con Paola Raffo ArteContemporanea e
 Bonelli ArteContemporanea
Chiesa e Chiostro di Sant’Agostino
Piazza del Duomo, Pietrasanta (LU)
Info: +39 0584 795500
www.museodeibozzetti.it
20 giugno – 5 settembre 2010
Inaugurazione sabato 19 giugno 2010 dalle ore 19.00
anteprima stampa ore 17.00

In alto da sinistra:
Branco, © Velasco Vitali SBARCO 2010
Scultura p., © Velasco Vitali SBARCO 2010

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