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TERNI | Galleria Canovaccio | 24 maggio – 22 giugno 2013

intervista a CRISTIANO CAROTTI di Niccolò Bonechi

Se chiudo gli occhi e penso a Cristiano Carotti, la prima immagine che si concretizza nella mente è di lui steso a terra durante il vernissage di una mostra, circondato da bambini, pennarelli e carta in mano che con gesti veloci dà vita a situazioni paradossali, dal fascino tipicamente fiabesco. Una sorta di Arthur Rackham del XXI secolo, Carotti riesce, con la sensibilità e la purezza di un bambino, ad illustrare la realtà contemporanea affrontando tematiche importanti come la morte e la lotta sociale.

Il 2013 è stato, fino ad esso, un anno intenso e ricco di soddisfazioni. Dopo Waterloove alla Galleria Al Blu di Prussia di Napoli, eccoti di nuovo impegnato in una mostra personale. Cosa propone di nuovo questa mostra rispetto a quella precedente?
Le opere in mostra alla Galleria Canovaccio sono quasi tutte inedite ma Nothing but the Rainbows è la continuazione naturale e l’ulteriore sviluppo dei concetti della personale al Blu di Prussia di Napoli. Waterloove ha indiscutibilmente aperto un nuovo ciclo, sia dal punto di vista delle riflessioni tematiche e concettuali, sia per ciò che riguarda le scelte estetiche e la chiave realizzativa dei lavori. Credo che queste teche in cui ho racchiuso tanti linguaggi, siano la sintesi di quella “sindrome dell’accumulo” che qualche anno fa il critico Francesco Santaniello mi ha diagnosticato in un suo testo.

La tua ricerca si sviluppa in cicli tematici che si nutrono l’uno dell’altro con l’intento di andare ad indagare, e reinterpretare in chiave ironico-satirica, la realtà che ci circonda. Come nasce un’opera di Cristiano Carotti?
Ogni opera è come l’anello di una catena. Tuttavia ogni lavoro nasce da un Flash o a volte dalla sintesi di appunti presi nel corso del tempo che giungono a maturazione. Una volta buttata giù la base però il procedimento diventa istintivo ed empirico. Sovrappongo molti strati pittorici, elementi scultorei, aggiungo e tolgo oggetti alla ricerca di un equilibrio. Mi interessa mantenere una gestualità dinamica che trapeli anche a lavoro ultimato. L’approccio con la realtà è di sicuro allegorico, specie quando mi addentro nell’utilizzo di simbologie che richiamano alla morte o al “memento mori”, proprio perché certi riferimenti vengono fatti con lo spirito dell’esorcismo tipico della danza macabra tardomedioevale.

So che hai partecipato ad alcuni progetti speciali con importanti interpreti della musica italiana. Come nasce questo sodalizio?
Il rapporto tra il mio lavoro e la musica che ascolto è viscerale. Le mie opere sono frequentemente contaminate da immagini evocate dagli artisti che amo di più come Afterhours, Radiohead, Vinicio Capossela. Proprio in questa mostra ci sarà un’opera dal titolo cadremo tutti e poi sarà un piacere che cita dei versi di Manuel Agnelli. Da poco ho partecipato al Go Dai Fest in cui musica, teatro, danza ed arti visive hanno convissuto e si sono mischiate in un unico contenitore dando vita ad un vero e proprio laboratorio di scambio. Credo che questo sodalizio sia vincente e devo ringraziare di cuore gli ideatori Rodrigo D’Erasmo e Daniele Tortora, e il curatore dell’evento finale Manuel Agnelli per avermi coinvolto in questa magnifica esperienza.

Cristiano Carotti. Nothing but the rainbows
a cura di Francesco Santaniello

24 maggio – 22 giugno 2013

Galleria Canovaccio
Largo Filippo Micheli 20, Terni

Orari: Lun-Ven: 9.30-13 / 16.30-20; Sab 9.30-13

Info: 0744422762
+393471818236
gallcanovaccio@yahoo.it

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