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BOLOGNA | Labs Gallery | 20 gennaio – 8 marzo 2018

Intervista a PEA BRAIN, CK8, FULVIO CHIMENTO di Francesca Di Giorgio

Il writing fa outing. Allora il “Tutti gay” che campeggia nel titolo può essere «Un modo per giocare con i dogmi e le etichette e, allo stesso tempo, per vivere l’arte in modo radicale e gioioso. Tutti nudi. Tutti gay è un inno alla libertà di pensiero, di costruzione e di visione su se stessi e i processi creativi. Tutti gay è oltre la nudità…».
Per una volta proviamo a non toccare le annose questioni tra writing e street art, tra l’arte nata dentro e fuori le gallerie private. Facce di un’unica medaglia che, a volte, non si rivolgono lo sguardo anche se è vero che sono proprio queste “dispute” e i dibattiti che tengono alta l’attenzione su come considerare e comunicare le forme d’arte nate al di fuori dei circuiti più classici…
Come e da cosa nasce Tutti nudi la mostra a cura di Fulvio Chimento e Luca Ciancabilla in corso da Labs Gallery a Bologna con opere di CK8, Dado, Joys, Rusty e Suf! ce lo raccontano in questa intervista CK8 (Claudio Corsello), Pea Brain (SUF!, Monica Cuoghi) e Fulvio Chimento. Con le dovute differenze si parla di writers, di percorsi comuni sviluppati in un’area precisa. L’Emilia è, infatti, epicentro artistico di rilievo per i linguaggi del writing ed è in quest’area che, riagganciandoci al discorso di prima, sono nate le maggiori polemiche. La più recente? Attorno ai murales bolognesi di Blu cancellati per sua stessa mano la scorsa primavera…

Minestrine, in Lunetta, Bologna, 1992. Foto: Cuoghi Corsello

Minestrine, in Lunetta, Bologna, 1992. Foto: Cuoghi Corsello

Tutti nudi nasce, mi pare, in un’ottica inclusiva è così?
CK8 (Claudio Corsello): C’è la voglia di sperimentare dei linguaggi, mettere alla prova dei metodi. Il tutto è venuto fuori abbastanza spontaneamente, con un collegamento diretto desiderio-azione, capendo quello che stavamo facendo mentre si costruiva.
Pea Brain (SUF!, Monica Cuoghi): Dopo aver dato forma alla mostra I principi della scrittura nel 2001 allo Studio Ercolani (Bologna) facendo esporre i writers Dado e Rusty, scommettendo su di loro che oltre a essere maestri in strada potevano “giocarsi” anche la carta dell’arte contemporanea, questo discorso mi è lontano. Hanno dimostrato di esserne più che all’altezza, conoscendo interpretando e inventando il linguaggio del writing in galleria, senza portare direttamente quello che facevano in strada, ma i sensi, l’energia, il potere.
Poi dopo sono nate molte mostre giovaniliste, ricreando nelle gallerie una specie di mondo colorato delle strade, vedi la mostra di Sgarbi al PAC di Milano ecc…, regredendo sia il writing che i codici e le sensibilità artistiche. Questa mostra torna, dopo Ailanto (uno e due) a riconnettersi con i “Principi” sia del writing che dell’Arte. Una sfida per un nuovo modo di interpretazione del mondo delle idee.
Fulvio Chimento: Nell’organizzare una mostra che presenta esclusivamente lavori realizzati ad hoc, come nel caso di Tutti nudi, esistono momenti topici che possono determinare la sua fortuna: la scelta del tema (il curatore deve avere la capacità di indirizzare gli artisti nell’elaborare opere di valore rispettose di un’idea d’insieme); la produzione delle opere, soggetta a potenziali modifiche anche in prossimità della realizzazione dei lavori; l’installazione delle opere (una mostra esiste solo al termine del suo allestimento). Durante l’allestimento tutte le forze sono ancora in gioco e saperle orientare nella giusta direzione è un esercizio che può determinare la riuscita dell’evento espositivo. L’allestimento è un atto creativo a tutti gli effetti: per essere compresa fino in fondo una mostra ha bisogno di essere vissuta dall’interno, curatore e artisti devono trascorrere del tempo all’interno di essa per rintracciare le connessioni innescate dalle opere. Il curatore è osservatore privilegiato di questo complesso sistema segnico.
Difficile affermare ora se Tutti nudi presenta o meno caratteristiche di inclusività, ma è possibile affermare che gli artisti in mostra dimostrano grande capacità nel giocare con le regole dell’arte, che vivono intensamente in modo sincronico, gioioso, rigoroso e radicale.

Bombing Party la città ideale, Careof, Cusano Milanino_MI, 1993. Foto: Cuoghi Corsello

Bombing Party la città ideale, Careof, Cusano Milanino_MI, 1993. Foto: Cuoghi Corsello

Cosa significa organizzare una mostra con artisti che fanno parte della storia del writing italiano? C’è ancora bisogno di legittimare o “giustificare” l’intervento di artisti “street” in galleria?
CK8: La legittimazione avviene quando il tuo esperimento riesce, è una sfida ogni volta. La nostra è una faccenda di regole non di dogmi.
PB: Per quanto riguarda noi Suf e CK8, Joys e Dado credo proprio di no, molteplici i nostri interventi in gallerie e spazi museali, ma invece per quanto riguarda Rusty, più schivo e asociale dal mondo dell’arte, è giusto che le sue potenzialità vengano provate, e questa è un’occasione adatta, anche se ogni volta che lo abbiamo coinvolto ha dato prova di avere già in sé spontanei codici, metodi, soluzioni, perfettamente in linea con il cosiddetto mondo artistico.
FC: Tutti nudi coinvolge artisti che hanno tra loro percorsi e sensibilità differenti, ma che tra loro sono molto uniti. Il frutto del loro lavoro è ogni volta estremamente imprevedibile, ma il loro agire è mosso da una volontà comune. In tal senso è indifferente dove si manifesta la forma dei loro intenti: un museo, una galleria privata, un parcheggio cittadino o il tunnel di un sottopassaggio, quel che conta sono le intenzioni. Tutti nudi trae dagli artisti la loro vera natura e probabilmente ciò è dovuto al tema centrale individuato per la mostra: le origini del writing, che ha spinto gli artisti a lavorare sulla propria essenza e “nudità” artistica. Il fulcro della mostra è la tag, indigesta alle amministrazioni pubbliche e alla critica ufficiale, ma fonte di ispirazione primaria, “ciclica” ed essenziale per chi intende intraprendere un percorso consapevole legato all’arte di strada.

Salotto n. 1, Bologna, 1993. Foto: Cuoghi Corsello

Salotto n. 1, Bologna, 1993. Foto: Cuoghi Corsello

Tutti nudi fa pensare a una dichiarazione di intenti, a voler sottolineare la sincerità di un progetto… Ci raccontate come hanno lavorato gli artisti all’interno degli spazi di Labs Gallery? Che tipo di lavori hanno realizzato e cosa rappresentano all’interno del loro percorso?
PB: Sì, in Tutti nudi escono naturali le nostre identità. Il nome è nato da una cena insieme, nella quale volevamo capire come essere uniti e fedeli ai nostri principi. Dado per scherzo ha detto “chiamiamola Tutti nudi allora”, unanimi abbiamo detto sì!
Lo scriveva lui quando era giovanissimo sui muri, noi lo abbiamo sempre apprezzato, sì perché il writing dice la verità, perfora, sei nudo perché non puoi inventarti delle opinioni che non esistono, è una grande organizzazione con delle leggi che si snodano tra confini lontani cambiando ed evolvendo insieme con ogni piccola parte che diversifica questa trama infinita, questa la sua forza e imbattibilità.
Tutti nudi svela la purezza e l’intento dei milioni di “bambini” che sporcano i muri.
Abbiamo deciso di usare la galleria con la mentalità dei “pezzi”, ognuno il suo grande nome, come si usa negli illegali o murate commissionate, senza temere l’“avvicinanza”, ma con tecniche e linguaggi diversi.
Dado sempre esaustivo e ridondante sfoggia la sua produzione di bassorilievi e sculture realizzate nel tempo, delimitate nel suo spazio murale e antistante rispettando il vuoto davanti ai “pezzi” degli altri. Scrive sempre il suo nome o le sue lettere, per l’occasione sfoggia la tecnica di Ambo (giovane artista), scrivendo Dado con chiodini che tessono con la lana le lettere.

Dado, Tutti nudi, 1993. Foto: Cuoghi Corsello

Dado, Tutti nudi, 1993. Foto: Cuoghi Corsello

Noi CK8 e SuF! abbiamo scritto il nostro nome “top to bottom“ (riempendo completamente dall’alto al basso), usando 189 specchi, essere nudi: essere coscienti specchiandosi negli altri, riconoscersi, togliere i veli.
L’oro riecheggia nel riflesso, tranne nella “U” di Suf, nella quale è il femminile argento che dà un senso di prospettiva, di buco, una porta a forma di croce dove l’acqua scende grazie ai disegni serigrafati sugli specchi messi all’incontrario, il fondo del mare in alto e i pesci sotto, passaggio marino, onde in alto a destra con le palme che scendono in basso, paesaggio vegetale.
Joys da casa ha elaborato un progetto virtuoso, nel difficile posto ingombrato da porte finestre e tubi ha finto un suo “pezzo” come se fosse dietro alla parete, così che lo vediamo in alto dai vetri, nei due fianchi dai buchi delle porte e nel centro, dove ha finto una vetrata dalla quale si vede. Geniale lavoro di capotavola.
Dietro al suo pezzo, nello spazio della galleria-sacrestia, sopra al contorno alto di legno tre suoi quadri, spray su vetro, che ricordano l’ordine e la saggezza monastica.
Poi Rusty nella grande sala, alla sua destra, ha eseguito un grande artigianale light box di legno dipinto con carta tela e led, su di esso ha scritto il suo nome con lastre radiografiche che ha trovato tanto tempo fa, un mettersi a nudo fino all’osso.
Così che lo spazio della galleria è diviso in modo anonimo con il tripudio di Dado e il vuoto espanso davanti agli altri nomi.
Appena entrati in galleria, a sinistra, c’è la sala del “cinemino”, dove sulla scalinata ci sono i nostri ritratti che guardano un video dei Mazzini Old Bastards, la nostra crew nella quale da questa esposizione farà parte anche Joys, che come autoritratto ha messo una sua scultura di plexiglass bellissima che riflette trasparente il blu della luce di argon contenuta nei due neon a rappresentarci: le nostre tag Suf! e CK8.
Dado ha messo una bolla di vetro dove scende la neve sul suo pezzo.
Rusty le scarpe di 25 anni fa, che sono anche ritratte nelle grafiche che ha presentato nella cartella in sagrestia, e una “R” quadretto.
Abbiamo messo anche i nostri anfibi, sporchi di fango dopo una gita, una composizione del 2012, messi nella lettiera della Gina, la nostra gattina, rimasta in giardino lavata dopo che lei morì e non riuscivo a buttare via. Nella sagrestia ci sono 4 cartelle sull’ampio tavolo, con disegni, bozzetti, schizzi dei 5 artisti.
FC: Gli artisti hanno lavorato uno accanto all’altro, senza che tra le opere vi fosse distanza fisica o percettiva, è questo un aspetto inusuale per gli artisti contemporanei, abituati piuttosto a concepire il proprio lavoro in un ambiente caratterizzato da un “vuoto intorno” all’opera, che favorisce l’”innesco” relazionale con il fruitore. Al contrario qui la scelta di “invadere” e “aggredire” lo spazio della galleria è evocativo di una “vicinanza” tra gli stessi artisti nell’ottica di una comune riappropriazione dello spazio dell’arte.
Quel che colpisce maggiormente di questi artisti è la capacità di lavorare con disinvoltura anche in interno con soluzioni che prevedono la realizzazione dell’opera direttamente a parete attraverso l’utilizzo immediato della materia: lastre, chiodi, fili di lana, specchi. Le opere sono state realizzate tutte in loco e installate rapidamente, anche se complesse e di dimensioni rilevanti, come se lo spazio della galleria fosse diventato un grande laboratorio/studio in grado di accogliere le loro differenti ricerche. In una mostra di (quasi) tutti writers paradossalmente non è presente neanche una bomboletta e della vernice spray, ma ugualmente si respira l’approccio diretto e poco mediato caratteristico dell’arte di strada, pur in una mostra che a tutti gli effetti può essere considerata di arte contemporanea; in questo modo cadono molte distinzioni, ed è su questi aspetti che ci interessa maggiormente porre l’attenzione.

Pea Brain, Paesaggio n. 13, Bologna, 1994. Foto: Cuoghi Corsello

Pea Brain, Paesaggio n. 13, Stazione di Lodi, 1994. Foto: Cuoghi Corsello

Il ritorno alle origini che contraddistingue il progetto è riaffermato dal murales-manifesto della mostra realizzato a dieci mani dagli artisti prima del loro ingresso in galleria… A cosa si ricollega questa operazione?
CK8: Il collegamento è con una voglia di freschezza, il ricollegarsi al fuoco primigenio che ci muove, agire spogliati di inutili fardelli, uno accanto all’altro.
PB: Ci siamo molto divertiti a realizzare questo dipinto grande e semplice, Ciancabilla ha avuto l’idea di dipingere come nel passato la pubblicità della mostra, abbiamo cercato di farlo più semplice possibile e anch’esso “top to bottom”.
Il fuoco durante l’evento ci ha uniti come da sempre è successo quando ci trovavamo negli hall of fame o nelle fabbriche da noi occupate.

CK8, SUF, Dado, Joys, Rusty, Muro Minarelli, Tutti nudi, Bologna, 2018. Foto: Fulvio Chimento

CK8, SUF, Dado, Joys, Rusty, Muro Minarelli, Tutti nudi, Bologna, 2018. Foto: Fulvio Chimento

Tutti nudi
CK8, Dado, Joys, Rusty, Suf!
a cura di Fulvio Chimento e Luca Ciancabilla

Labs Gallery
via Santo Stefano 38, Bologna

20 gennaio – 8 marzo 2018

Orari: lunedì-venerdì ore 16.00-20.00 (sabato e domenica su appuntamento): ingresso libero

Info: +39 348 9325473
+39 347 9460110
info@labsgallery.it
www.labsgallery.it

 

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