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Intervista a VINCENZO MARSIGLIA di Livia Savorelli*

Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
_Bruno Munari

La creatività senza confine di Vincenzo Marsiglia si avventura con naturalezza nei territori dell’Arte e del Design, senza mai svilire il proprio messaggio, anzi rinnovandolo costantemente nel confronto con nuovi media, ricercando strade sempre nuove di sviluppo del suo segno – la stella a quattro punte, elemento primario di riconoscibilità dell’artista – che diviene logo, brand se vogliamo usare un termine caro al mondo dell’impresa con il quale Marsiglia frequentemente intesse collaborazioni, anch’esse quanto mai variegate nell’approccio: lo studio di un oggetto di design poi realizzato dalle sapienti mani dell’artigiano, la “contaminazione artistica” di un’azienda, volta ad innestare nei suoi ambienti, e in coloro che li vivono ogni giorno, un inedito approccio all’arte che possa essere viatico di una nuova ed innovativa forma di comunicazione aziendale, capace di attivare riflessioni e percezioni multiple sia come singolo sia come parte di un gruppo.

Vincenzo Marsiglia, Wallpaper Op, 2017, stampa digitale su tessuto sintetico + acrilico su tessuto, cm 300×400 – Ph. Silvio Pennesi

L’elenco dei media con i quali si è confrontato nella sua pluridecennale carriera è veramente lungo, partendo da quelli più tradizionali ad altri che, grazie alle moderne tecnologie, aprono spiragli di dialogo tra mondo reale e mondo digitale, all’insegna dell’interattività: installazioni che invitano il fruitore all’interazione, ambienti immersivi che attivano esperienze sensoriali e che fanno vivere, nella maniera più personale, il rapporto con l’arte contemporanea.

Ogni occasione una sfida, ogni nuova esperienza uno sprone per varcare nuovi confini ed addentrarsi in ambiti inesplorati…

Giusto per caratterizzare subito l’ambito entro cui ci muoveremo in questa intervista, ti chiedo da artista che sperimenta un così diversificato numero di media come vivi il rapporto Arte & Design? Li consideri ambiti separati della tua ricerca o essi sono entrambi sguardi attraverso cui si esprime la tua creatività?
Considero queste mie molteplici ricerche come un continuo scambio con la creatività: ogni stimolo e ogni idea vengono trattati allo stesso modo. Il limite tra Arte e Design è molto sottile, però stimolante per entrambe le visioni.

Vincenzo Marsiglia, Soft Star, 2017, carta lavabile e stampa, cm 80x70x70. Courtesy: Essent’ial

Credi che manualità e un’innata predisposizione alla progettazione abbiano favorito questo percorso?
Ho sempre amato la progettualità, essa è fondamentale nella mia ricerca, e lo si può vedere in tutto quello che faccio; diciamo che manualità e progettualità sono due elementi importanti perché quando trasformi un’idea, rendendola concreta attraverso le tue capacità, sei già ad un buon punto della creazione e puoi già immaginarne gli esiti finali.

Il primo incontro con il mondo del design… È stato un caso o lo hai cercato? Hai modelli di artisti che ti hanno ispirato in questo senso?
Il mio incontro con il design è avvenuto, da una parte, grazie alla passione alimentata già nel periodo dell’Accademia al corso di Davide Boriani sul design; dall’altra, in modo fortuito, con la prima esperienza in questo ambito: la creazione di una linea di occhiali. A partire da quel momento, si sono succedute tutte le altre esperienze che, se devo essere sincero, non ho mai cercato ma sono arrivate a me in qualche modo.
L’artista che ho sempre sentito più vicino e che ho avuto la fortuna di conoscere, avendo anche lavorato con il suo ultimo gallerista, è Bruno Munari. A mio parere, il suo lavoro racchiude ogni visione eclettica e sconfinamento tra arte e design.

Vincenzo Marsiglia, Fold, 2017, carta lavabile e stampa, dimensioni variabili. Courtesy: Essent’ial

Hai avuto e stai avendo esperienze negli ambiti più disparati: moda, gioielleria, design, arredamento. Quale credi sia, in relazione alla tua opera, il segreto di questo successo? Credi che l’aver legato il tuo lavoro a un segno, un codice che rimanda sempre al tuo immaginario e che può essere declinato nelle più diversificate variabili, abbia favorito l’emergere di esperienze tanto diverse?
Il mio codice, l’Unità Marsiglia, la mia riconoscibilità, ha dato il via ad una invasione segnica in ogni settore, offrendo quindi altre opportunità di confronto. Il concetto artistico si mette in relazione per dar vita a quello che state vedendo negli ultimi anni. Alle aziende piace la doppia riconoscibilità, diciamo un doppio valore: il contributo artistico sommato a quello aziendale. A cui si aggiunge il mio pensiero: l’arte deve avere la possibilità di invadere tanti mondi per far crescere e rafforzare la propria idea di Arte.

Parliamo della tua esperienza con la cc-tapis, nota azienda milanese che produce tappeti d’autore che coniugano la progettualità di designer del calibro di Martino Gamper, Patricia Urquiola, CTRLZAK, con la manualità di esperti artigiani tibetani, con un approccio eco-friendly che si manifesta in ogni attività produttiva. Come vivi questa esperienza e che effetto ti fa il veder inserito il  tuo nome tra i designer dell’azienda?
La prima volta che ho avuto l’occasione di incontrare i titolari dell’azienda è stato per un progetto curato da Chiara Canali. È stato emozionante, da un semplice progetto espositivo è nata una collaborazione. Grazie ad alcuni progetti che avevo in quel periodo, sono state individuate le due linee che hanno dato alla luce i miei tappeti Break Star e Op Star.
Trovarsi in mezzo ai grandi designer del momento, collaborare con l’azienda numero uno del tappeto contemporaneo, annodato tutto a mano, è molto entusiasmante. Gratifica ogni tuo impegno verso questo settore. La collaborazione continuerà ancora con la realizzazione del terzo tappeto che vedrete a breve.

Vincenzo Marsiglia, tappeto cc-tapis Op Star

Sempre molto recente l’esperienza con Essent’ial, azienda che si caratterizza per un “ecodesign made in Italy” e che produce complementi d’arredo e legati al fashion. Ci puoi brevemente raccontare la vostra collaborazione?
La collaborazione con Essent’ial risale ad un anno fa. Ho creato una linea completa by Marsiglia e personalizzato alcuni prodotti dell’azienda, più una serie di piatti origami ed una borsa.
Essent’ial è un’azienda molto particolare, soprattutto per questo materiale curiosissimo che mi ha affascinato dal primo momento: carta lavabile in lavatrice e lavastoviglie. Sono sempre stato affascinato dall’evoluzione dei materiali e dalla tecnologia.
In questa esperienza mi ha supportato, con grande professionalità, Sergio Botti, un personaggio molto eclettico che ha avuto anche esperienze con il grande Fiorucci. Grazie a questo connubio, sono nate le mie idee ed esse hanno trovato la migliore realizzazione.

Vincenzo Marsiglia, Riflessione Interattiva, 2017, tenda tripolina, iPad, led wifi, proiettore, casse acustiche amplificate e applicazione per iPad, dimensioni variabili

Hai avuto anche esperienze importanti di confronto con il mondo dell’impresa. Dal tuo punto di vista, quali motivazioni spingono l’Azienda ad aprire un dialogo con un artista, tanto da dar vita ad eventi dove gli ospiti sono chiamati ad interagire con l’arte contemporanea (come è avvenuto per alcune tue installazioni interattive)? Quali meccanismi si cerca di attivare?
Le mie ultime esperienze col mondo dell’impresa/azienda sono giunte grazie alla collaborazione costante con UNCOMMON, azienda di comunicazione concepita sul modello della bottega artistica, che conserva nel proprio DNA l’idea di comunicare i concetti aziendali attraverso i mezzi dell’arte.
È stato così proposto il mio lavoro e da lì è nata la collaborazione con una grande azienda, BCG The Boston Consulting Group, con sede a Milano.
La BCG, grazie ad UNCOMMON, ha creato un percorso d’arte sviluppato nei vari piani della sua sede: un palazzo storico e bellissimo, in piazza Duomo a Milano.
All’interno del palazzo, il mio progetto Optical Star introduce tutto quello che si vedrà nei vari piani. Ho realizzato, all’interno degli ascensori, un viaggio sensoriale visivo creando una visione optical e il confronto con la propria immagine, riflessa sia sull’acciaio delle pareti sia sullo specchio. Questo è stato il primo approccio con la BCG, che è continuato con il secondo progetto concretizzatosi con la realizzazione di The Mirror Room: una stanza interattiva presentata a Base Milano. Ho trasformato uno spazio chiuso in una dimensione priva di confini e limiti visivi. Grazie ai giochi di specchi e all’interattività con questo grande schermo, le persone si sono confrontate allo stesso tempo con il reale e il digitale.
I meccanismi, come tu scrivi, sono fattori emozionali e devono instaurarsi fra le varie parti: tra l’artista che ha un’idea, una visione e colui che deve immaginarne il risultato finale, ovvero l’azienda, credendo nel progetto, negli attori coinvolti e nell’artista in toto.

*Intervista tratta da Espoarte #101.

Info: www.vincenzomarsiglia.it

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