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VENEZIA | Palazzo Grassi | 7 aprile – 31 dicembre 2013

di SIMONE REBORA

Per la prima volta nella sua storia, l’intera superficie espositiva di Palazzo Grassi a Venezia è offerta all’opera di un solo artista, Rudolf Stingel. Un progetto grandioso, che riesce ad accordare maestosità e intimismo, facendo leva su quei giochi di specchi tra realtà e astrazione, cui Stingel ci ha tanto abituati negli ultimi anni. La mostra, in sé, comporta poche novità sostanziali nel percorso dell’artista, ma non può essere in alcun modo ridotta allo statuto di semplice “retrospettiva”. Le opere esposte sono per la maggior parte recentissime, senza escludere decisi scavi nella produzione del passato.

Ma il vero nucleo pulsante del progetto sono i pavimenti e le pareti del Palazzo, interamente tappezzate da oltre 5.000 metri quadri di tappeti. L’effetto straniante, ma al contempo avvolgente, è ottenuto riproducendo in ogni stanza la stessa foto di un singolo tappeto (oltretutto assai vissuto, e visibilmente consumato), ingrandita fino all’emergere della pixelatura, e in seguito stampata su tappeti “vergini”. La mostra si presenta così come un’unica, enorme installazione, che guida il visitatore attraverso un’esperienza “freudiana” (gli ambienti così foderati sono un evidente richiamo al celebre studio del padre della psicanalisi), un’autoanalisi che passa attraverso la riflessione sul concetto di “pittura”. Quest’ultimo viene messo in dubbio a ogni piè sospinto, nell’inesausto ripetersi di quella decorazione fittizia, ma è inevitabile che, a lungo andare, questa stessa finzione giunga ad intaccare la naturale percezione della realtà.

Da qui, il secondo passo è la contemplazione delle singole tele. Nel grande atrio, in una posizione volutamente defilata, è un autoritratto del pittore, realizzato con la consueta tecnica della copia ultrarealista a partire da fotografia. Al primo piano, trova invece largo spazio l’astrazione, con una forte dominanza del decorativismo (ulteriore richiamo al motivo del tappeto). L’unico soggetto realista è qui nel ritratto dell’amico Franz West, posto nella più splendida tra le sale, affacciata direttamente sul Canal Grande. Le stanze ospitano in genere un solo dipinto, di dimensioni variabili e non di rado ridottissime, nel confronto con le grandi pareti tappezzate. Non mancano poi, nei passaggi laterali, alcune “sale di decompressione”, lasciate interamente vuote. Al secondo piano la figuratività torna dominante, con una serie di “ritratti” raffiguranti illustrazioni in bianco e nero di sculture lignee antiche, provenienti in buona parte dal Tirolo. Ma proprio qui, quando il cerchio sembra finalmente chiudersi nello spazio dell’intimità, gli elementi decorativi affiorano nuovamente: inserti di ricamo sovrapposti a raffigurazioni della realtà copiata, sovrapposte a loro volta alla copia di un tappeto che era stata riprodotta su un tappeto. Un vortice di pensieri, si direbbe, che dal moto circolare scivola indefinitamente verso quello spiraliforme.

Martin Bethenod (amministratore delegato e direttore di Palazzo Grassi – Punta della Dogana) ha voluto sottolineare “la carta bianca lasciata all’artista” per questo progetto, a testimonianza della «continuità del legame saldo che unisce l’artista e Palazzo Grassi – Punta della Dogana – François Pinault Foundation dalle origini dell’istituzione. Sin dall’apertura di Palazzo Grassi nel 2006, infatti, Rudolf Stingel è stato presente in tutte le esposizioni della collezione, sempre in maniera particolarmente significativa».

Come suo solito, Stingel rilascia dichiarazioni col contagocce, lasciando più volentieri agli spettatori e ai critici il compito di trovare un senso (e un valore) alle sue opere. Più disposta al dialogo, Elena Geuna (coordinatrice del progetto) ci parla di una mostra che è anche un omaggio alla città di Venezia, ibridata di riferimenti alla cultura Mitteleuropea, tanto cara al pittore. Una mostra da vivere come «esperienza visiva e sensoriale, che modifica la percezione dello spazio architettonico». E quel che ne risulta è, paradossalmente,«una riflessione sulla riappropriazione delle immagini».

Interrogata più nel dettaglio sul suo lavoro con Stingel, anche la Geuna tende però a defilarsi un poco, sottolineando come il suo ruolo sia stato quello di «semplice tramite tra l’artista, Palazzo Grassi e François Pinault, affiancando l’artista (che è anche il curatore della mostra) solo per i problemi pratici». Riferendosi poi ad alcune scelte curatoriali (come l’inserimento delle didascalie all’ingresso di ogni stanza e le serie di stanze allestite di soli tappeti), tiene a sottolineare come «il tappeto è al centro della poetica di Stingel da molti anni, e si trasforma non solo in strumento di ricerca, ma diventa pittura quando applicato alle pareti – così come era già stato nella Biennale del ’93».

Rudolf Stingel
a cura di Rudolf Stingel

7 aprile – 31 dicembre 2013

Palazzo Grassi
Campo San Manuele 3231, Venezia

Orari: tutti i giorni 10.00-19.00 | chiuso il martedì

Info: +39 041 5231680
www.palazzograssi.it

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