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REGGIO EMILIA | Collezione Maramotti | 4 ottobre 2015 – 28 febbraio 2016

Intervista a CORIN SWORN di Matteo Galbiati

All’inaugurazione della mostra collettiva Industriale immaginario e dell’installazione Silent Sticks di Corin Sworn (1976), recentemente presentate dalla Collezione Maramotti nella sua splendida sede di Reggio Emilia, abbiamo incontrato la giovane artista vincitrice della quinta edizione del Max Mara Art Prize for WomenDopo l’anteprima alla londinese Whitechapel Gallery, la sua opera viene esposta, con una mostra dedicata, nella grande sala al pian terreno della collezione emiliana prima di entrarne a far parte in permanenza.

Corin Sworn, 
Silent Sticks, veduta della mostra alla Whitechapel Gallery / exhibition view at Whitechapel Gallery Courtesy Whitechapel Gallery
 Foto Stephen White

Pensata come ad una scena teatrale, con tutti i relativi oggetti che occorrono ad una messa in scena di uno spettacolo, questo intervento installativo propone una stratificazione di elementi eterogenei che, sviluppato durante la residenza d’artista che Sworn ha trascorso in Italia durante il 2014, interpreta la visione della Commedia dell’Arte, tema su cui l’artista ha scelto di concentrarsi per questo specifico progetto.
Abbiamo posto a Corin Sworn alcune domande su questa sua esperienza: 

Maschere e personaggi della Commedia dell’Arte / Masks and Characters of the Commedia dell’Arte, particolare / detail cromolitografia, XIX secolo / chromolitograph, 19th century
 © Victoria and Albert Museum, London

Cosa ha rappresentato per te il Max Mara Art Prize for Women? Cosa significa per te questo importante successo personale?
Il Max Mara Art Prize for Women è stata una fantastica forma di sostegno per un duplice motivo: è bello sentire che quello che stai facendo viene considerato interessante e di valore. Inoltre ho avuto da poco un figlio ed ero assai preoccupata per come avrei continuato a portare avanti il mio lavoro e se mai fossi risultata meno professionale; chi promuove il premio ha sentito che avevo assolutamente necessità di un sostegno come artista, con o senza bambino. Questo è stato un grande sollievo e un aiuto in un momento in cui mi sono sentita vulnerabile nella mia carriera.

Hai scelto come soggetto la Commedia dell’Arte, cosa ti ha spinto in questa direzione?
Ero interessata alle forme di migrazione e alle loro conclusioni. Apprendendo dalla Commedia dell’Arte e dal suo successo che attraversa le frontiere culturali, mi sono chiesta come questa abbia potuto essere stata comunicata così ad ampio raggio. Inizialmente l’ho pensata come una forma d’arte fondata sul linguaggio, eppure sembrava attraversare poi, con notevole successo, anche altre frontiere linguistiche e mi sono chiesta che cosa significasse nell’uso del linguaggio e in che misura il gesto e il corpo dessero altrettanto il loro contributo.

Corin Sworn, 
Silent Sticks, veduta della mostra alla Whitechapel Gallery / exhibition view at Whitechapel Gallery Courtesy Whitechapel Gallery
 Foto Stephen White

Quali sono state le tappe del percorso di ricerca e lavoro che ti hanno condotto all’installazione esposta in mostra?
La mia ricerca iniziale parte dalla biblioteca dove cercavo di decidere cosa esattamente avrei dovuto studiare. Dopo aver dato senso a come fosse ampio e complesso il tema, ho capito che avrei dovuto restringere il campo e ho deciso di concentrarmi su un periodo particolare, attorno al 1550, e sul cliché dello scambio di identità che sembrava un soggetto comune, ma mi chiedevo il perché. Da lì ho letto, ho pensato e ho girato a lungo. Stavo cercando di guardare al presente mentre rileggevo il passato. Ad un certo punto, durante la mia ricerca, ho deciso che avrei lavorato coi costumi. Inizialmente volevo che questi fossero di periodi diversi ed ho pensato agli attori che, usandoli, potevano quindi desumerli da differenti epoche storiche. Da questo istante non sono del tutto in grado di definire chiaramente come le cose si siano sviluppate, il progetto ha preso il sopravvento.

Lo scambio di identità resta tema centrale della Commedia dell’Arte, ma è altrettanto attuale nel nostro tempo. Cosa vuoi indicare al pubblico?
Non sono sicura che ci sia qualcosa di particolare su cui voglio puntare, costruisco uno spazio che spero orienti in diverse direzioni e che sia poi lo spettatore ad assemblare gli spunti. Detto questo, una delle cose che mi hanno interessata sullo scambio di identità nella fase iniziale è stato dove avvenga l’atto di scambio di una persona in un’altra, sul palco il pubblico è testimone dell’errore, ma non lo realizza da solo. Quindi, quello che viene fuori tra il palcoscenico e il pubblico è una prova che verifica la natura di fiducia e di riconoscimento (di questo rapporto), non è più un inganno.

Corin Sworn
, Silent Sticks, still del video / production still © the artist 
Courtesy Whitechapel Gallery
 Foto Margaret Salmon

Video, performance, installazione… Ci sono media differenti che compongono il tuo lavoro. Come li hai diretti e orchestrati in un solo lavoro?
Suppongo che la gamma di supporti differenti derivi dalla sensazione di dover rifinire qualcosa in mio possesso, dovevo modificare qualcosa, ma che è totalmente necessaria o utile alla conoscenza dello spettatore. Quindi penso di costruire un’altra opera che parli di questa idea, ma anche di sostenere una relazione tra le idee stesse. A volte queste sono in sintonia, a volte si tratta di rapporti più indisciplinati. Non credo che lo spettatore abbia necessità di ritrovare interamente la parte che gli è utile, ma mi piace dare i vari pezzi per lasciare che siano assemblati poi da interessi diversi. 

Quali sono i tuoi prossimi impegni e progetti?
Il mio prossimo progetto è quello di riprendere il mio precedente lavoro, per far ampliare la mostra originale attraverso diversi racconti che, per dovere di semplicità, furono tagliati, ma che ancora la tormentano. Voglio capire ora come permettergli di “parlare”. 

Silent Sticks. Corin Sworn
Max Mara Art Prize for Women
in collaborazione con Whitechapel Gallery 

4 ottobre 2015 – 28 febbraio 2016 

Collezione Maramotti
via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia

Orari: giovedì e venerdì 14.30-18.30; sabato e domenica 10.30-18.30
Ingresso gratuito, visita accompagnata solo su prenotazione 

Info: tel. +39 0522 382484
info@collezionemaramotti.org
www.collezionemaramotti.org

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