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Intervista a LUCIANO BOBBA di Matteo Galbiati

Arrivando in fondamenta dell’Arsenale, sulla strada che porta ai Giardini nei pressi del Museo Storico Navale, dopo esserci allontanati dal flusso telecomandato di artisti, turisti e veneziani (forse davvero pochi!), ci imbattiamo in Luciano Bobba – art-director, artista e fotografo – in compagnia della moglie Mariateresa Cerretelli (anche lei eccellente e sensibile giornalista e critica). Lì ci siamo concessi una pausa per riordinare e condividere idee e pensieri.
Affidiamo ora anche a Luciano le domande sulla Biennale per la quarta serie di risposte:

Cosa pensi del Palazzo Enciclopedico? Che idea ti sei fatto del progetto di Massimiliano Gioni?
Voglio risponderti con le stesse parole di Gioni perché, dopo avere visto la Biennale, credo di condividere in linea di massima il suo concetto.

“Spesso ci si aspetta che le Biennali di tutto il mondo, non solo quella di Venezia, ogni due anni presentino una ricognizione internazionale del “meglio” – o supposto tale – dell’arte contemporanea, un’istantanea dello stato dell’arte, una specie di “hit parade” degli artisti più in voga. Da addetto ai lavori conosco molto bene quella specie di feticismo che si scatena nei mesi prima dell’opening intorno alla lista degli artisti invitati, come se leggere in anticipo un elenco di nomi corrispondesse a sapere già come sarà la mostra fatta e finita. In questo modo si perdono però di vista le motivazioni più profonde di rassegne simili, che non sono fiere d’arte e che hanno invece una forte vocazione scientifica, di ricerca. Le Biennali non sono necessariamente lo specchio della contemporaneità, ma sono invece formidabili strumenti per riflettere sulla contemporaneità e possibilmente capire qualcosa in più attraverso il lavoro degli artisti, che dovrebbe aiutarci a porci domande non scontate. Con Il Palazzo Enciclopedico ho cercato di fare questo, di recuperare una vocazione e una visione più storica – presente in maniera molto forte nella Biennale di Venezia fin dalle sue prime edizioni – mischiando le carte in tavola, accostando artisti più giovani ad artisti defunti, opere d’arte vere e proprie a oggetti di provenienze diverse, maestri della storia dell’arte a outsider e autodidatti, ragionando sulla costruzione di un pensiero e non solo sui nomi degli artisti da invitare”

Che interpretazione ne dai?
È un’edizione curata, attenta, vista con gli occhi di un curatore giovane che ha saputo condurre lo spettatore attraverso i diversi messaggi che l’arte vuole comunicare.

Cosa ti ha colpito di più?
Tanta progettualità anche da artisti poco conosciuti… Da non perdere la performance dall’artista e musicista islandese Ragnar Kjartansson.

Quali sono le tue preferenze rispetto ai Padiglioni Nazionali?
Il Belgio con lavoro di Berlinde De Bruyckere. Il Padiglione dell’Indonesia e in particolare l’artista Entang Wiharso, le sculture di Wim Botha nel Padiglione sudafricano. La valenza artistica e simbolica di Jeremy Deller al Padiglione della Gran Bretagna. Richard Mosse nel Padiglione irlandese e l’artista neozelandese Bill Culbert.

Tra gli eventi collaterali cosa pensi sia rilevante e vuoi suggerire?
Ai Weiwei
con S.A.C.R.E.D. alla Chiesa di Sant’Antonin; Marc Quinn alla Fondazione Giorgio Cini; Materia Prima a Punta della Dogana, Tony Oursler al nuovo Espace Culturel Louis Vuitton.

Che artista segnali?
Sicuramente quelli citati in precedenza, ma in generale sono tutti di buon livello.

Una tua battuta o un commento generale, libero sul “rito Biennale”?
Ci sono Biennali intriganti e meno intriganti, tutto a mio parere è soggettivo. Ogni edizione porta a discutere su cosa si è fatto e su cosa si poteva fare, su quali artisti invitare e quali non, ma l’importante è che l’arte proposta ci faccia sognare e riflettere sul passato, sul presente e sul futuro.

Luciano Bobba
Sono nato a Casale Monferrato nel 1957. Dalla fine degli anni ‘80 la mia ricerca artistica sperimenta varie forme espressive, dalla fotografia tradizionale a quella digitale, dalla videoarte alla pittura. Il punto di partenza è il 1986 quando mi sono trasferito a Los Angeles per frequentare la Otis Parsons School of Visual Art e la West Coast University per i corsi di computer grafica e animazione. In quel periodo ho collaborato con il MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles come grafico e fotografo. Il 1989 segna il mio ritorno in Italia e l’inizio del mio lavoro per l’Editoriale Giorgio Mondadori-Cairo Editore di Milano, dove tuttora svolgo l’attività di Art Director per il mensile In Viaggio. I miei lavori artistici sono stati presentati in mostre personali e collettive. www.lucianobobba.com

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