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IED – Istituto Europeo di Design
Madrid

DDM (Daniela Di Maro). IN-SONORA. VI mostra di arte sonora e interattiva (di Sissa Verde)

L’opportunità di intervistare DDM (Daniela Di Maro) si è presentata in occasione della sua partecipazione al festival IN-SONORA. Arrivata alla VI edizione, la mostra di arte sonora e interattiva che si svolge a Madrid, ospiterà nelle sale espositive dello IED l’installazione sonora e interattiva Ivy Noise, opera concepita in collaborazione con il sound artist Roberto Pugliese. Una promettente artista italiana che si confronta per la prima volta con una realtà estera…


Sissa Verde: Cosa ti aspetti da questa prima esperienza all’estero?
DDM:
È tutto da vedere. È inutile dire che “mettere il naso” fuori dalla realtà in cui sono abituata a vivere, è elettrizzante. L’estero mi affascina molto; sostengo che è dall’osmosi di energie nuove che nascono le idee più interessanti.

L’installazione è Ivy Noise, una sorta di edera “elettronica” che si arrampica sulle pareti e interagisce con il visitatore mutando sempre a seconda degli spazi in cui viene allestita. L’idea che non sia un’installazione chiusa è per poter creare un’empatia sufficiente con lo spettatore in ogni luogo?
Spesso, davanti ad Ivy Noise, ho invitato l’osservatore a chiudere gli occhi. Ed ecco che il grado di empatia aumentava immediatamente. Il suono, per me, è un incredibile riempitivo e inoltre, in questo caso, vista la natura interattiva dell’installazione, fa sì che si sviluppi un’interazione profonda tra questa e il fruitore. Venendo captati e riversati i suoni circostanti, l’opera si nutre della linfa sonora di chi la osserva. Il fatto che Ivy Noise si arrampichi adattandosi a qualunque spazio, nasce semplicemente dall’osservazione della crescita di alcuni organismi vegetali. Così come l’edera si aggrappa a ciò che trova sul suo cammino e si adatta allo spazio dove cresce, Ivy Noise, con un andamento molto simile, disegna le sue linee.

Quale credi sia la lettura estetica della tua opera da parte dello spettatore?
Ho sempre provato grande interesse nei confronti di chi si trova dall’“altra parte”. Trovarsi di fronte all’opera di qualunque artista è come trovarsi di fronte all’artista stesso. Non amo definire come “spettatori” coloro che si trovano in presenza di un mio lavoro. Penso a loro come a una parte fondamentale delle mie “riflessioni”. Credo che le letture possano essere molteplici ma mi piace pensare di poter riportare alla memoria quell’odore primordiale che c’è quando si cammina in una foresta.

Utilizzi in alcuni dei tuoi lavori diverse tecnologie, qual è il significato che vuoi esprimere con l’utilizzo di questi materiali?
Il concetto di “energia” per me, è fondamentale. Sia che scorra nelle vene, come linfa vitale, sia che venga incanalata in cavi a 220volt, come “linfa sintetica”.

Pensi di agire come un catalizzatore adattando il tuo lavoro alle esperienze di vita?
Se pensiamo al catalizzatore come un qualcosa (o qualcuno) capace di innescare un processo in divenire, direi di si. Tutti coloro che lavorano affinché si generi pensiero o riflessione nel prossimo, fungono un po’ da “antenne planetarie”, captando e percependo in maniera sensibile ciò che avviene nell’ambiente circostante. Credo che l’azione si completi quando queste “antenne” sono in grado di interagire attraverso una comunicazione, che, evidentemente, non è fatta solo di parole. Sicuramente, la ricerca che porto avanti ha radici molto profonde che si legano ad un’infanzia trascorsa in città, dove il contatto con la Natura è stato fortemente limitato ma caparbiamente cercato. Tento di parlare a tutti e cerco di farlo mediante le energie che mi legano alla Terra. E queste sono, senza dubbio per me, positive e piene di speranza.

Le tue opere sono una sorta di archivio visivo di quello che succede all’ambiente?
Se si pensa al Pianeta come ad un grosso organismo vivente, come teorizzato nel concetto di Gaia da Lovelock, ogni azione esercitata anche dal più piccolo degli esseri che lo abitano ha un’incidenza su di esso. Di sicuro quello che l’uomo ha fatto negli ultimi duecento anni, sta avendo delle grosse ripercussioni, in senso negativo, sull’ecosistema. Siamo stati molto bravi a produrre uno squilibrio energetico così forte che, credo, difficilmente potrà sanarsi se non si invertirà immediatamente la rotta, ma non bisogna perdere la speranza. Ed è proprio questa che pervade le mie opere. La speranza che tutta l’artificialità creata dall’uomo, possa coabitare in armonia con ciò che “naturalmente” esiste.

Ti hanno definita un’artista filoambientalista. La tua ricerca formale esplora la relazione tra natura e artificio. Credi che, attraverso la tecnologia, si possa creare un riavvicinamento dell’uomo alla natura?
Non è facile raccontare con precisione come sviluppo i miei progetti. Anche perché i mezzi utilizzati sono spesso molto diversi tra loro. Lavorando con strumentazioni tecnologiche che non sempre riesco facilmente a padroneggiare, mi avvalgo della consulenza di altre figure professionali. Dal punto di vista concettuale è costante il riferimento alla componente organica, anche microscopica, sono affascinata dalla perfezione formale di un atomo e da tutto quello che l’occhio nudo non ci permette di percepire. Nel caso dei disegni mi piace soprattutto creare delle ambiguità percettive, dovute alla natura ibrida di ciò che disegno, gli elementi rappresentati potrebbero far parte allo stesso modo del mondo organico e di quello inorganico. È difficile capire fino a che punto la tecnologia riesca ad avvicinare l’uomo alla natura, ma di sicuro mi permette di raccontarla nei luoghi dove non è prevista.
Altra costante che riguarda l’utilizzo dei materiali per le mie installazioni, è quella di riutilizzare o rigenerare elementi che, in genere, si crede abbiano esaurito il proprio ciclo vitale.



La mostra in breve:

IN-SONORA VI
IED – Istituto Europeo di Design
C/ Flor Alta 8, Madrid
Info: www.in-sonora.com
27 ottobre – 11 novembre 2010

In alto:
“Before it’s too late”, video, 4’50”
In basso, da sinistra:
“Pre-sleep”, 2010, Micron Pigma 005 blu su carta, cm 10,5×14,8
“Ivy Noise”, 2009, installazione sonora interattiva, cavi elettrici, speakers, microfoni, pc, software, dimensioni ambientali

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