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ROMA | Case Romane del Celio | 7 dicembre 2013 – 13 gennaio 2014

Intervista a MARCO MILIA di Laura Fanti

Ogni volta che ci si prospetta un presunto dialogo tra antico e contemporaneo siamo portati a storcere il naso: impossibile la comunicazione, pretestuoso e spesso disastroso il confronto, anche non voluto inizialmente. Cosa accade, invece, quando il dialogo non è un semplice gioco linguistico o un insieme di citazioni postmoderne? Abbiamo un incontro felice e sinergico tra antiche e avveniristiche soluzioni, dove lo sguardo non è rivolto solo a ciò che si vede ma a ciò che si intuisce sotto le stratificazioni della storia. Così nel progetto alle Case Romane del Celio di Marco Milia, artista romano che da sempre lavora sulla scultura intesa come vuoto e ricerca di contatto mentale con lo spettatore. In questa chiacchierata ci parla della sua ideazione e realizzazione.

Marco Milia, Circle, 2013 - foto Claudio Abate
Come si inserisce questo tuo intervento alle Case Romane del Celio, che non posso chiamare né mostra né semplicemente installazione, all’interno della tua ricerca artistica?

Mi piace immaginarlo come un racconto che mi ha portato a trasporre in ricerca artistica le relazioni con me stesso, con gli altri e con il luogo. Il progetto In aĕre in aquis rappresenta la volontà di lavorare site specific inteso anche come coinvolgimento sinergico di tutti i suoi attori. Ogni elemento è nato studiando e analizzando in maniera scrupolosa tutti gli spazi con i quali interagire, sia fisicamente che mentalmente. Ho immaginato delle strutture che si relazionassero con l’ambiente in termini di equilibrio, leggerezza e di rispetto dei vincoli archeologici. Se dapprima questi potevano apparirmi come un limite, in fase di sviluppo ho cercato di farli divenire punti di forza. Direi che, in questo senso, il progetto è quello che mi rappresenta in pieno.

Ci conosciamo da un po’ e so che la scelta dei materiali e il linguaggio sono sempre in una relazione biunivoca, cosa ha motivato le tue scelte in un contesto così singolare e ovviamente iper-storicizzato?


Lo stupore che si prova entrando in un posto così ricco di tracce del passato è l’elemento dal quale sono partito per elaborare il progetto. Nello stesso tempo mi sono immaginato come ipotetico abitante e la risposta alla domanda che mi sono posto “Cosa sarebbe necessario per vivere in questi spazi?” è diventata il titolo della mostra: ovviamente, allora come oggi, l’aria e l’acqua sono gli elementi indispensabili alla vita umana. Avevo dunque la necessità di trasporre fisicamente, fino a farli divenire strutture, questi due elementi. Avevo già utilizzato il policarbonato alveolare, qui adatto per creare un forte contrasto tra l’antico e il contemporaneo e perché si presta a rappresentare al meglio gli elementi che avevo individuato. Per l’aria avevo bisogno di rendere la leggerezza, la trasparenza, per l’acqua la fluidità. Molta attenzione è stata fatta sulla scansione temporale del percorso che si snoda lungo oltre venti ambienti. Le stratificazioni temporali sono rappresentate da forme geometriche essenziali, riconducibili ad elementi archetipici presenti nelle antiche civiltà. Infine, mi sembrava fondamentale poter condividere con gli antichi Romani le tecnologie di materiali come i polimeri che hanno caratterizzato un importante sviluppo industriale nel XX secolo.

Marco Milia, Flusso, 2013

Tra i tuoi riferimenti ci sono Gordon Matta-Clark e James Turrell, due artisti molto diversi ma non così distanti tra loro… Ci puoi dire cosa è che ti affascina maggiormente e se pensi ci sia una qualche eredità ancora da scoprire dei due maestri?
Mi fa molto piacere avere la possibilità di parlare dei due artisti. Sicuramente in entrambi è
forte la componente relazionale con il luogo dell’intervento. Entrambi si sono posti problemi di fruibilità e interazione con il luogo, Gordon Matta-Clark è riuscito a relazionarsi in maniera totale con lo spazio, trasformandolo e “ri-significandolo”, intervenendo su un “non luogo” per mettere in relazione il dentro e il fuori. Di Turrel mi affascina l’atmosfera che riesce a creare, una sorta di mondo altro fatto di elementi immateriali ma riconducibili a strutture concrete. Il loro lavoro offre continui punti di riferimento soprattutto per quanto concerne la contaminazione di diverse possibilità espressive. Questa secondo me è l’eredità sulla quale dovremmo riflettere.

In aĕre in aquis. Mostra personale di Marco Milia
Progetto di Takeawaygallery
A cura di Carlotta Monteverde

Organizzata e promossa da Takeawaygallery e Spazio Libero

7 dicembre 2013 – 13 gennaio 2014  

Case Romane del Celio
Ingresso dal Clivo di Scauro, Roma

Info: takeawaygallery@gmail.com
www.caseromane.it

www.takeawaygalleryroma.altervista.org

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