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BOLZANO | Museion, Project Room | 31 gennaio – 26 aprile 2015

Intervista a CHIARA FUMAI di Corinna Conci
Foto di Gianluca Turatti

Museion, Project Room: un copione trasmesso sotto forma di scrittura medianica compone 9 collages contenenti testi della terrorista Ulrike Meinhof. Un Wall Painting invita alla performance di Chiara Fumai che avviene in 9 repliche, sviluppata come visita guidata alla mostra di Rossella Biscotti. Nel dipinto, la comunione delle streghe. Due donne in abiti del cinquecento porgono un’ostia ad una terza donna, inginocchiata sotto costrizione. Il disegno proviene da un grimorio rinascimentale della collezione dell’artista. La frase di Eldridge Cleaver, ripetuta spesso dalla Meinhof, incornicia la scena: “O fai parte del problema, o fai parte della soluzione. Non esiste una via di mezzo”. Un trattato contro la stregoneria intitola la mostra Der Hexenhammer: in questo contesto la figura della terrorista tedesca è collocata in una dimensione che mostra il suo spirito persecutorio e salvifico allo stesso tempo.

Chiara Fumai, Der Hexenhammer, pittura su muro, Museion Project Room, 2015. Foto Gianluca Turatti. Courtesy of the artist and A Palazzo Gallery, Brescia

Nelle tue opere presenti al pubblico personalità vicino ai limiti, che nel corso della storia hanno occupato posizioni estreme ideali e sociali. Serge Moscovici sosteneva che le minoranze possono produrre un cambiamento reale nella società, chiamato innovazione. Con il tuo lavoro è come se tu non volessi far dimenticare la potenza di alcune figure del passato riportando nel presente la loro riforma.
Con le mie opere strumentalizzo la mia sensibilità, mettendola al servizio di alcune situazioni, di alcuni personaggi. Parlo spesso – metaforicamente – di fantasmi che vengono a visitarmi per ispirare la creazione di opere, perché è vero che io non conduco ricerche storiche o tematiche. Quello che presento sono figure che emergono puntualmente attraverso i miei interessi.
L’opera basata sul manifesto SCUM (Chiara Fumai reads Valerie Solanas, 2013) è stata interpretata spesso in Italia come un attacco isterico contro il genere maschile, ma in realtà è una provocazione contro la misoginia: basta guardarla per capirne l’ironia. Trovo che il manifesto SCUM (1968) sia già una bellissima opera letteraria in sé, anti-warholiana e politically uncorrect. Ho desiderato incarnarlo, trasmettendone la lettura dal tavolo di casa mia, proprio come nella ‘discesa in campo’ di Berlusconi del 1994, perché ritenevo giusto che in quel momento storico S.C.U.M. diventasse un’opera capace di rovesciare alcuni presupposti su cui si fonda la nostra cultura mediatica.
Mi è capitato anche di scegliere dei testi della filosofa Carla Lonzi, ma li ho fatti performare ad un personaggio del freak show (Shut Up, Actually Talk, 2012). Ho sentito che a quel tipo di testo mancasse un immaginario visivo altrettanto estremo. Il freak show rappresenta storicamente la performance art di serie B, e proprio per questo ho scelto di presentare quel testo attraverso quel formato in un contesto autorevole come dOCUMENTA(13).

Chiara Fumai, Der Hexenhammer, pittura su muro, Museion Project Room, 2015. Foto Gianluca Turatti. Courtesy of the artist and A Palazzo Gallery, Brescia

Come è avvenuto il tuo incontro con Ulrike Meinhof? L’hai scelta o ti ha scelta lei?
Ci sono delle figure che appaiono nella mia mente e rimangono lì, a volte aspettando molto tempo prima di venire ‘canalizzate’. Lavoro da anni sul personaggio di Ulrike Meinhof.
Bolzano mi è sembrata la cornice giusta per presentare questo progetto su di lei, Der Hexenhammer, proprio perché è una città con una storia italiana e tedesca. Essere rappresentata da questo museo mi consente di lavorare liberamente sul suo personaggio, senza cadere in equivoci dal taglio moralista. La mostra di Rossella Biscotti, un’artista che seguo e stimo molto, mi è sembrata il contesto più giusto per l’esecuzione della parte performativa. Scardinare le dinamiche spaziali e temporali di una performance è sempre una piacevole attività. Studiando la RAF, ho notato che le loro azioni sono sempre state accompagnate da una rappresentazione spettacolare, colossale, ovvero una dimensione visiva molto impegnativa da restituire su un piano prettamente performativo. Partendo da questo presupposto, ho deciso di trattare queste tematiche così difficili, strutturando l’estetica della mia performance sulla medianità e sull’impatto della decostruzione spazio-temporale.

Chiara Fumai mentre spiega 'Gli Anarchici non archiviano' di Rossella Biscotti. Courtesy le artiste e Fondazione Museion.Foto Gianluca TurattiAttraverso di te parlano voci di donne corredate di attribuzioni accumulate nei secoli in termini di opinioni, comportamenti e costume. Sei particolarmente interessata a mostrare il punto di vista femminile, c’è un obbiettivo in questa scelta?
Con la mia ricerca cerco di valorizzare le diversità. Mi interessa usare l’arte per ridiscutere l’ottica logocentrica, fallocentrica, su cui è basata la più diffusa visione del mondo (occidentale). Come ho spesso dichiarato, attraverso le mie opere io non pretendo di fornire delle risposte allo spettatore. Io mi limito a formulare, estetizzandole, delle domande precise e cerco di farlo muovendomi al di là del bene e del male.
Sottraendo le mie opere al punto di vista dominante, è inevitabile che il mio operato risulti fortemente polarizzato e quindi ultra-femminista. Nonostante io appartenga ad una generazione post-post-post femminista, sono onorata di portare ancora questa etichetta: sono stati questi movimenti a permettermi di diventare un’artista e a farne una professione a tempo pieno, non i grandi filosofi sistematici. È giusto, ogni tanto, mostrare la propria riconoscenza.
Ritengo inoltre che ci siano molte differenze tra uomo e donna, così come tra tanti esseri viventi, ma questo valore della diversità non deve essere confuso con un giudizio morale: per me qualsiasi forma di eterogeneità rappresenta un valore, anche sul piano artistico. Quando cito “Un artista maschio è una contraddizione in termini” (Chiara Fumai reads Valerie Solanas, 2013) sto facendo evidentemente una provocazione, piena di autoironia, proprio come Mladen Stilinović nell’opera An artist who cannot speak English is no artist (1994). Inoltre ritengo che le contraddizioni rappresentino anch’esse dei valori in una visione non logocentrica come la mia.
A proposito di artisti maschi, nutro una grande ammirazione nei confronti di Vito Acconci. In un’opera presentata lo scorso anno al De Appel di Amsterdam (The Return of the Invisible Woman, 2014) ho presentato una vera e propria fan fiction sull’ultima performance dell’artista nel 1973, ricamandone la crono-storia sulle pagine della Venere in Pelliccia di Sacher Masoch e mescolando questo report alle oscenità contenute romanzo erotico Histoire d’O di Pauline Reage. È un gesto di ammirazione. Trovo giusto che un tributo ad Acconci si manifesti attraverso un’opera sadiana e maniacale.

Usi spesso la scrittura automatica nelle tue opere. In Der Hexenhammer l’hai definita “copione”, termine con il quale l’analisi transazionale chiama il piano di vita che decidiamo inconsciamente entro il nostro settimo anno di età. Quanto c’è di Chiara bambina nelle tue opere?
Ho passato la mia infanzia in un collegio di gesuiti e so che questo potrebbe spiegare molte cose, visto che ne sono uscita anarchica. Nonostante io faccia parte di un’altra ‘squadra’ spirituale, come dice il mio amico Olof Olsson, al giorno d’oggi non posso fare a meno di riconoscere l’importanza che abbia avuto lo studio approfondito dei Testi Sacri durante l’infanzia, per la mia attuale dimestichezza con i simboli e gli archetipi.
La mia spiritualità vera e propria si è sviluppata molto più tardi, dopo anni e anni di agnosticismo, con la scoperta del Lucifer di Madame Blavatsky e di tutte le porte che gli studi teosofici mi hanno mostrato. Blavatsky ha introdotto me, e altri artisti prima di me, a una interpretazione metafisica della realtà, attraverso un metodo capace di rispondere a tantissimi interrogativi, anche di natura esistenziale, e che non sono ancora riuscita a sostituire con una visione diversa.
Guardando le mie opere, a volte penso a certe abitudini che avevo da bambina, come giocare con le ouija board o disegnare fumetti, ma la pratica dell’arte contemporanea ha principalmente per me un carattere iniziatico, ossia di continua rinascita: l’arte mi permette di sviluppare delle nuove consapevolezze rispetto alla vita.

Chiara Fumai, Der Hexenhammer, pittura su muro, Museion Project Room, 2015, Foto Gianluca Turatti. Courtesy of the artist and A Palazzo Gallery, Brescia

Georges Bataille sosteneva che la dimensione del sacro appartiene solo agli estremi, fuori dalle vie di mezzo. L’esperienza di angoscia e estasi rivela l’impossibilità dell’accordo totale tra l’io e il mondo, e l’arte ci fornisce questa conoscenza. Per l’autore il pensiero ha una connotazione estetica nella sperimentazione della sensibilità. L’arte comporta la perdita del mondo reale e l’occultamento dell’artista, che viene guidato in modo impersonale da un demone. Così Lacan, Deleuze, Kafka, Bacon, Schopenhauer andavano da Carmelo Bene. Lui stesso diceva sempre: ” Il discorso non appartiene all’essere parlante, ma esiste. Le cose ci visitano.”
Sempre secondo Bataille è solo tramite l’abbandono dei limiti della ragione e dell’io che si oppone agli altri esseri, che si arriva a dare respiro all’esperienza interiore. Quì coesistono insieme il tragico, il comico, l’angoscia in un disordine che risponde a domande psichiche interne.
È in questo spazio-tempo che agisce Chiara Fumai, esercitando una resistenza apparente alla struttura che si rivela un moto propulsivo con una finalità: mostrare agli spettatori il contenuto dell’anima del reale, avvolta essa stessa nell’inconscio e quindi nel mistero.

Chiara Fumai, Der Hexenhammer, pittura su muro Museion Project Room, 2015. Foto Gianluca Turatti. Courtesy of the artist and A Palazzo Gallery, Brescia

Chiara Fumai. Der Hexenhammer
a cura di Frida Carazzato

31 gennaio – 26 aprile 2015

Museion, Project Room
Via Dante 6, Bolzano

Date di svolgimento della performance:
giovedì 19 febbraio; 12 e 19 marzo; 9 e 16 aprile alle ore 18.00
Ingresso gratuito. È gradita la prenotazione: visitorservices@museion.it – Tel. 0471.223435

Info: www.museion.it

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