Non sei registrato? Registrati.
FIRENZE | Eduardo Secci Contemporary | 12 aprile – 31 maggio 2014

di Serena Bedini

Gli spazi bianchi e luminosi della nuova sede di Eduardo Secci Contemporary accolgono il visitatore in una delle più belle vie di Firenze, Via Maggio, la via degli antiquari e negli ultimi anni la via dell’arte contemporanea, a pochi passi da Palazzo Pitti. La galleria, inaugurata lo stesso giorno della personale di Paolo Grassino, rappresenta una nuova ed entusiasmante sfida per Eduardo Secci, ma anche per la città di Firenze che sempre più rivendica la necessità di affermarsi anche nel contemporaneo e non solo per i fasti del passato.

 Eduardo Secci Gallery, Firenze, veduta della galleria

Uno spazio espositivo diviso in più sale e più livelli, dove il minimalismo del restauro si coniuga in perfetta armonia con elementi architettonici del passato, posti in evidenza a divenire decorazione di notevole eleganza: dopo lo spazio di via Fra’ Giovanni Angelico, ecco Eduardo Secci ad una nuova apertura per entrare ancora di più in contatto con la città e intessere nuovi rapporti tra musei e gallerie presenti. In questi ambienti di Via Maggio 51r infatti prenderanno corpo molti dei progetti del proprietario come mostre personali, collettive, incontri con gli artisti e presentazioni, cosicché Eduardo Secci Contemporary possa diventare un punto di riferimento per il mondo dell’arte fiorentina e non solo. Già perché questo gallerista, da sempre educato al bello grazie al padre collezionista, annovera nella sua scuderia artisti mid carrer italiani e stranieri (Angela Glajcar, Bernardi Roig, Chiara Dynys, Ciro Vitale, Elise Morin, Francesco Sena, Klas Eriksson, Martin Kline, Mrdjan Bajic, Paolo Grassino, Patrick Jacobs, Roberto Pietrosanti, Thomas Doyle) ed è presente ormai da anni a fiere nazionali e internazionali.

Paolo Grassino, Analgesia, 2012, fusione in alluminio (dettaglio)

Ed ecco dunque che per inaugurare lo spazio di Via Maggio è stato scelto degli suoi artisti di punta della galleria, Paolo Grassino (Torino, 1967), che mette in essere una riflessione sulla società contemporanea con l’imprescindibile riferimento all’ultimo istante della vita umana (Ciò che resta, 2013), rappresentato dall’enorme cranio composto da tubi corrugati e ferro che si trova, imponente e terribile, all’entrata. Un pezzo di grande impatto sia visivo, sia emotivo, che anticipa le forti sensazioni che la mostra nella sua interezza e l’allestimento ben progettato susciteranno durante la visita. In effetti, nella sala attigua si trovano altre quattro opere, di cui due sono grandi pannelli neri in gomma, in cui il modulo del teschio torna e si ripete andando a formare una composizione che dialoga con il cranio posto all’entrata e insieme si oppone come visione del molteplice e dispersivo rispetto al tutto e unico della precedente opera.

Paolo Grassino, Ciò che resta, 2013, tubo corrugato e ferro

Tuttavia il culmine della mostra, da un punto di vista emotivo, è rappresentato dall’installazione Analgesia posta nella sala sotterranea. Ad essa si accede tramite una stretta scalinata che conduce in uno slargo: dapprima si incontra una scultura di tubi corrugati che si aggrovigliano tra loro a formare un corpo umano, della stessa materia, o dello stesso materiale, dell’opera Ciò che resta, come a ricordare che la morte fa parte della vita; quindi, in una sala raccolta che ne amplifica l’effetto visivo, un branco di lupi minacciosi in alluminio si avanza contro il visitatore che di fatto si sente con le spalle al muro. Non sono le fauci a rendere questa visione inquietante ma le movenze e l’espressione che si palesa sui musi a catalizzare lo sguardo di chi entra e a “paralizzarlo”.

È istintivo, per la nostra stessa natura di animali, restare immobili, inerti mentre l’illusoria consapevolezza del pericolo dell’aggressione si insinua piano nella mente, lottando contro la razionalità dell’evidenza. Quello che probabilmente rende ancora più estrema questa esperienza espositiva è il fatto che i lupi di Grassino abbiano un’espressività completamente umana e pertanto rendano inevitabile l’immedesimazione: è come se chi osserva sapesse che quel branco non è composto da lupi, ma da suoi simili, da uomini, esatta e brillante raffigurazione insomma del concetto homo homini lupus espresso da Hobbes nel XVII secolo.

Paolo Grassino, Analgesia, 2012, fusione in alluminio (dettaglio)

Paolo Grassino. Ciò che resta
a cura di Marco Meneguzzo e Daniele Capra

12 aprile – 31 maggio 2014

Eduardo Secci Contemporary
Via Maggio 51/R, Firenze

Info: +39 055 661356
gallery@eduardosecci.com
www.eduardosecci.com

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •