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MILANO | Studio Vigato | Dal 19 settembre 2013

A distanza di due anni da New skin for the next ceremony – esposizione tenutasi nella casa madre d’Alessandria, e titolo che aggiornava un album del cantautore canadese Leonard Cohen – officiata la pelle, l’Io-pelle direbbe Anzieu – è la volta della carne viva, muscoli e nervi di rampolli provenienti da un’istituzione quale l’Accademia di Belle Arti di Bologna in trasferta a Milano, raccolti in fila sul banco di marmo sotto lo slogan di Flesh for fantasy pescato ancora una volta dall’urna musicale, da quel paladino della smorfia canora noto come Billy Idol. Dopodiché, c’è chi dice, il fine di una mostra consacrata sull’altare di un drappello di giovani artisti in cerca d’autore può consistere, secondo l’araldica formula massonica, nel “diffondere la luce, nel riunire ciò che è sparso. Naturalmente per far ciò, dall’alto di una simile roboante affermazione, occorre quanto meno buttare lì un paio di plausibili premesse.

La prima delle quali registra l’impicciarsi, il ficcare il naso da parte delle nuove generazioni in quella casbah di fenomeni, visivi ma non solo, che si stima comodo saturare nella peraltro porosa bolla del Neopop laddove il filone fantasy, arsenico & vecchi merletti, del Pop-surrealismo gioca una parte di rilievo – complici fenomeni giovanili riconducibili all’opzione Emo seguita a ruota da quella, altrettanto pallida, denominata Gothic & Lolita Style. La seconda premessa, esito ancor più tangibile della marea Neopop, prende le mosse da campioni del glamour, del kawaii come Jeff Koons e Takashi Murakami il cui concetto di superflat trova conferma, in misura più o meno consapevole, tra i migliori interpreti della wall painting (street life, wild life e poi sale da condividere, s’auspica) così come tra alcuni protagonisti di Flesh for fantasy fautori di campiture assolute che, a modo loro, santificano il chiassoso concetto di superflat.

Da ammirare sul desktop, sulla scrivania luminosa nelle vesti di pittura digitale ancor prima di venire tradotte in stampe, in dipinti o, casomai, in laccate superfici lignee da scontornare a capriccio laddove, lasciate vivere, persino le striature ritmiche del legno svolgono un ruolo attivo. Del resto, viene da chiedersi, che senso avrebbe, c’è chi lo fa, utilizzare le recenti estasi tecnologiche per creare dei cloni della pittura tradizionale, dello sfumato leonardesco, delle ombre, quando rovesciando il guanto si rivela più attuale, più vantaggioso lo stringato à plat di Gauguin, la lezione dei Nabis? E puntuale, al minimo accenno di Simbolismo, riaffiora, ostinata Madonna di Fatima, un’idea già cara agli antichi pittori cinesi hua, quella secondo cui la pittura altro non sarebbe che “disegnare frontiere”. A partire da qui, dopo decenni d’oblio, la linea, il tratto riconquistano la ribalta pronti a cingere immacolate campiture da saturare col secchiello digitale o altrimenti, come già accennato. Andamenti lineari in bilico tra fumetto e neoliberty, icastici, dagli spessori gloriosamente diversificati, se non addirittura estinti sottopelle. Fatti i debiti distinguo, a quest’ultimo filone araldico, prossimo all’opzione superflat, fa capo il drappello più consistente dell’esposizione formato da Lucio Ciro Martis, Andrea Massara, Axel Zani, Pierantonio Gallini, Federica Delpiano mentre, semplificando oltremodo, nel fatato giardino, nel vizioso gineceo del Pop-surrealismo sono messi a dimora i lavori di Francesca Pusceddu, Sara Zambelli, Beatrice Bertaccini. Un po’ appartata, benché non estranea ai compagni di strada, la ricerca di Armenia indugia in bilico tra un sincretismo e l’altro, folklorico, religioso, risolto più che altro attraverso i video, la performance.

FLESH FOR FANTASY
a cura di Bruno Benuzzi

STUDIO VIGATO
via Santa Marta 19, Milano

Dal 19 settembre 2013

Info: +39 02 49437856 | +39 392 9022843
info@studiovigato.com

www.studiovigato.com

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