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Fabio Giampietro (1974) vive e lavora a Milano. Per lui non è solo una generica nota biografica per lui che, dalle metropoli e loro strutture, trae genio illimitato. Potrete leggere sul numero 64 (Espoarte/aprile-maggio) – nell’intervista a cura di Emanuele Beluffi – le origini del suo lavoro e l’evoluzione che non si può eludere.
Qui, ed ora, si parla del contingente, del suo nuovo progetto in galleria da Fabbrica Eos, Milano…


“La grande onda”, 2009, olio su tela, cm 150×200. “Metromorfosi frattale”, 2010, olio su tela, cm 100×150

Francesca Di Giorgio: Le trasformazioni urbane coincidono, miserabilmente, con il loro declino e la parola crisi – prima che se ne abusasse – era intesa di per sé come cambiamento neutro. Dove vive Fabio Giampietro e qual è il suo rapporto quotidiano con la città?
Fabio Giampietro: Vivo a Milano, me ne lamento di continuo ma nello stesso tempo non posso farne a meno. Mi sono però cercato delle situazioni non proprio cittadine: una minuscola casa sul piccolo naviglio della Martesana da cui con una passeggiata tra scenari lisergici, dove i passanti ferroviari e gli edifici dismessi sono contornati da orticelli fioriti e pescatori, giungo ogni mattina al mio studio-tana sotterraneo. Sono curiosissimo della piccola trasformazione che sta avendo Milano con l’arrivo dell’Expo, la vivo con malinconia e nello stesso tempo sono esaltato ad ogni piano che si aggiunge ai nuovi edifici. Adoro la grande medusa rosa che sovrasta milano e che si può scorgere di notte arrivando da fuori città.

Procedere come uno scultore «per via di levare», sottraendo, levando il pigmento dalla tela. Ci racconti come nasce un tuo intervento, l’esigenza da cui muove?
Sono autodidatta e la tecnica che utilizzo attualmente deriva da una lunga serie di prove, esperimenti e pasticci, ho iniziato a dipingere lasciando il colore molto libero sulla tela, osservando le forme che si creavano quasi casualmente e delineando poi le figure che mi suggerivano, un po’ come quando si osservano le nuvole, adoravo la forza espressionista dei soggetti ricavati in questa maniera.
Per fermare il colore e delimitarne la forma negli anni ho usato di tutto, dai convenzionali straccetti e spugne al sale, ai bastoncini di cotone, cacciaviti e le chiavi di casa (che perdevo in continuazione) e usavo a mo’ di timbro sulla tela. L’esigenza di delimitare e controllare è diventata nel tempo quasi ossessiva e questo penso sia abbastanza evidente negli ultimi lavori.

Le tue Metromorfosi – come insegna la morfologia – non riflettono certo la superficie delle città ma scavano nel profondo e inabissandosi rendono quasi ipnotica la visione… Da dove originano i tuoi soggetti?
La ricerca precedente, di cui è abbastanza conosciuta la serie sulle vertigini, mi ha portato a concentrarmi sull’urgenza di cambiare il punto di vista sulle cose e sul soggetto urbano come derivato concreto e immutabile dell’azione umana. Le metromorfosi sono il risultato di diverse suggestioni ed entusiasmi che ho avuto negli ultimi due anni in cui ho sperimentato immagini stereoscopiche, illusioni ottiche e giochi di specchi, il tutto condito da una forte fascinazione per la teoria dei frattali.

La mostra da Fabbrica Eos è stata anticipata da un progetto che rende partecipe la città di Milano. Ci spieghi di cosa si tratta?
Abbiamo esteso la mostra in città con l’affissione di venti manifesti sei per tre, un progetto già di Fabbrica Eos di occuparsi del paesaggio urbano attraverso l’arte, che nel caso specifico del mio lavoro vive di una sinergia ancora più forte per la compresenza della città e della rappresentazione di questa; con l’affissione la mia visione dell’urbano partecipa al processo di percezione che gli altri vivono della città stessa.

La mostra in breve:
Fabio Giampietro. Metromorforsi
a cura di Alberto Mattia Martini
Fabbrica Eos
p.zza Baiamonti 2, Milano
Info: 02 6596532
www.fabbricaeos.it
19 febbraio – 4 aprile 2010
Inaugurazione giovedì 18 febbraio 2010 ore 18.00

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