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LA VALLETTA (Malta) | sedi varie | 25 marzo – 1 luglio 2018

di IRENE BIOLCHINI

The island is what the sea sorrounds, questo il titolo della mostra principale, a cura di Maren Richter, presentata da Valletta nell’anno in cui la città veste i panni di Capitale della Cultura Europea. Una citazione di Deleuze è la chiave per capire ed immergersi negli spazi e nelle opere presentate, tutte accomunate da una comune ricerca sulla deterritorializzazione (per rimanere in ambito deleuziano).

La continuità tra l’impostazione critica della mostra e gli spazi prescelti si consuma proprio tutta nello spazio marittimo, in quel confine che permette continui passaggi ed ingressi, mescidazioni e discussioni del concetto stesso di Nazione. In questa ottica di continuo scambio, i ventidue artisti coinvolti sono stati chiamati a confrontarsi con spazi eterogenei e dislocati in diversi punti della città, negando – fin dall’impostazione logistica – qualsiasi possibile centralità. Tre sono, infatti, le sedi principali di mostra (ai tre lati della penisola di Valletta) e ad esse si affiancano una molteplicità di interventi site specific e performance che avvengono tra la terra e il mare, creando un continuo ponte tra il porto e gli imponenti bastioni di Valletta (che guardano il mare, ma da una sicura e solida distanza).

Who by Fire - Susan Philipsz. ph. Darren Agius ​

Who by Fire – Susan Philipsz. ph. Darren Agius ​

Ed è proprio dal cuore dell’antica città che si può idealmente partire per il tour della mostra, immergendosi negli ambienti sotterranei alla cattedrale di St John, luogo che rappresenta per eccellenza il potere dei cavalieri. E tuttavia è proprio questo luogo altamente simbolico in termini egemonici ad essere ridiscusso dalla location, un ambiente sotterraneo che custodisce le radici degli alberi che affacciano sulla piazza. Vi è in questo ambiente protetto il fascino del passaggio del tempo e della storia dell’isola, una Storia culturale che lascia il passo alla forza delle radici, alla natura che da sempre resiste nell’isola ad invasioni e domini. Immersi al centro della terra e della città siamo esposti all’installazione sonora di Susan Philipsz che risveglia i sensi e che ci lascia soli a dialogare con tutta la forza delle suggestioni proposte dall’artista.

What will fall, Aidan Celeste, courtesy dell'artista

What will fall, Aidan Celeste, courtesy dell’artista

Lasciato il suggestivo spazio delle cisterne, seguendo la via principale di Valletta che va verso il mare, attraversiamo la città fino ad arrivare di fronte a Fort Sant Elmo, un luogo predisposto appunto alla difese e al controllo dei confini, attività essenziale nel passato e tornata tristemente un elemento centrale al dibattito dei paesi del Sud del Mediterraneo in epoca di flussi migratori. Ed è proprio in prossimità del forte che si può vedere uno dei progetti temporanei e site specific della mostra, l’installazione di Aidan Celeste. Il lavoro riparte dalla geografia del luogo, studiando il canyon sotto il livello del mare che separa Valletta dalla zona a più alta densità abitativa dell’isola. La forma della voragine, studiata nelle mappe, è riprodotta tramite piccole sculture in sale che campeggiano al centro di un cono visivo realizzato mediante la sovrapposizione di un telo per l’edilizia ed una rete per pescatori. Tramite un dispositivo ottico, il mare visto attraverso la rete sembra come rallentare il suo moto e lo spettatore abita così uno spazio in cui la vastità del mare aperto è costretta dal cono visivo, mentre la temporalità delle onde viene dilatata. L’effetto finale è assolutamente straniante, ci si trova soli in questo spazio dilatato e costretto, a dialogare con la vastità liquida di un confine che ci sfugge.

Aljotta, Bettina Hutschek, ph. Darren Agius

Aljotta, Bettina Hutschek, ph. Darren Agius

Ibrahim Mahama International Youth in Concert - ph. Darren Agius

Ibrahim Mahama
International Youth in Concert – ph. Darren Agius

A pochi passi dall’installazione di Aidan Celeste, sorge il secondo centro della mostra il St Elmo Examination Centre, uno spazio ancora non convertito e la cui antica funzione viene ribaltata dall’uso che ne fa la curatrice: gli ampi spazi della struttura vengono infatti oscurati diventando il teatro di una serie di installazioni video. Il filo conduttore della selezione operata dalla curatrice è ancora una volta, l’impossibilità di definire lo spazio marittimo che circonda l’isola. Il mare e l’acqua diventano così i protagonisti di una serie di narrazioni poetiche che riflettono in diverse forme sui concetti di appartenenza e di nazione (sia esso fatto nella forma del fake documentary, come nel caso del lavoro di Bettina Hutschek, nella poetica rappresentazione del viaggio della colonna al centro del lavoro di Adrian Paci, o nella rappresentazione del conflitto afghano di Lida Abdul).

Lasciandosi il centro alle spalle e seguendo la linea del mare si incontra, infine, la terza sede di mostra: l’affasciante antica pescheria la cui storia e prima destinazione d’uso vengono esaltate dalla complessa installazione di Ibrahim Mahama. La recente storia industriale del porto di Valletta, interviene aggiungendo nuove letture e possibilità all’opera.

James Micallef Grimaud, Ġiraffa, ph. Gustaf Cauchi

James Micallef Grimaud, Ġiraffa, ph. Gustaf Cauchi

Ed è proprio il dialogo con il porto – un luogo in cui la storia dei bastioni si unisce ad una fervida attività commerciale, al continuo sbarco di navi da crociera e all’ormeggio di grandi yatch che battono bandiera maltese – ad essere al centro di una massiccia installazione site specific: la giraffa dipinta da James Micallef Grimaud. Tramite l’intervento di questo street artist, infatti, una delle grandi gru del porto prende vita e si presenta in maniera provocatoria e straniante come una grande giraffa, che può essere vista e riconosciuta anche dalla grande distanza. Ed è sempre il porto che separa Valletta dalle antiche tre città che la fronteggiano (nell’altro braccio di mare che la separa da terra) ad essere il luogo prescelto per la performance che avverrà in più momenti durante il corso della mostra ed in cui le installazioni sonore di tania El Khoury guidano lo spettatore in un viaggio fisico e sentimentale sul tema della migrazione.

Ecco dunque che Valletta risponde al suo mandato di Capitale Europea della cultura restituendo allo spettatore tutte le sue specificità: un continuo sovrapporsi di storie e di dominazioni. Un racconto in cui l’incontro con l’altro, con il fuori – il mare che è anche parte integrante della sua geografia – corrisponde ad una riflessione sul dentro, sulla propria cultura e sulla discussione dell’idea stessa di nazione.

Info: https://valletta2018.org/

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