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Rivoli (TO) | Castello di Rivoli | Dal 5 giugno 2012

Oltre il muro, tramite un allestimento del tutto inedito e sperimentale, propone non solo una rilettura della collezione del Castello di Rivoli, ma anche dello stesso ruolo del Museo. Una sorta di gioco ribalterà i ruoli chiave di curatore e visitatore, portando quest’ultimo a cercare uno o più percorsi personali tra le opere. Le opere selezionate dal curatore Beatrice Merz, propongono infatti la messa in gioco dei concetti di limite, confine, luogo e memoria.

Il Museo: i muri, pareti e quinte, segni del sogno incompiuto di Vittorio Amedeo II e del suo architetto, sono spesso testimonianze esorcizzate – degradate dal tempo e dalla storia – di altri artisti che nelle sale del Castello lavorarono al tempo della Residenza storica e che ora offrono la sfida agli artisti contemporanei per un confronto con se stessi, con la propria capacità e volontà di attraversare le barriere, fisicamente, concettualmente e politicamente, mettendosi in gioco per superare – profeticamente – la logica della distanza e della separazione.
Nell’interpretazione dell’arte i muri, nati come separazione, si ritrovano ad essere elementi per estreme comunicazioni, luoghi ed epifanie di situazioni dolorose di convivenza, di scontro o di oppressione, di speranza o di inquietudine. I blocchi e le pareti possono essere infatti mentali, fisici, culturali o economici.

Inoltre in aggiunta a Oltre il Muro, un progetto speciale dell’artista Marzia Migliora dal titolo Viaggio intorno alla mia camera, che si pone lo scopo di dialogare non solo con gli spazi e con la storia stessa del primo museo italiano dedicato all’arte contemporanea, ma coinvolge – attraverso una chiamata alla partecipazione attiva – la struttura vivente dei visitatori del Museo. Il pubblico come attore degli spazi e dei progetti culturali del Castellodiviene, grazie all’artista, un collaboratore, evidenziando la funzione culturale, educativa e divulgativa del Museo casa di tutti, in primis dei cittadini.

Oltre il muro / Beyond The Wall
a cura di Beatrice Merz


Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (TO)

Inaugurazione venerdì 15 giugno 2012, ore 19.00
Dal 5 giugno 2012

Orari: martedì – venerdì | 10.00 – 17.00 | sabato e domenica | 10.00 – 19.00

Info: +39 011 9565280 – info@castellodirivoli.org
www.castellodirivoli.org
www.castellodirivoli.tv

Artisti: Franz Ackermann, Armando Andrade Tudela, Giovanni Anselmo, Francesco Arena, Yael Bartana, Lothar Baumgarten, Elisabetta Benassi, Gianni Berengo Gardin, Alighiero Boetti, Christian Boltanski, Pier Paolo Calzolari, Maurizio Cattelan, Nicola De Maria, Luciano Fabro, Peter Friedl, Yang Fudong, Hamish Fulton, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Gilbert & George, Jean-Luc Godard/Anne-Marie Mieville, Nan Goldin, Andreas Gursky, Mona Hatoum, William Kentridge, Jannis Kounellis, Sigalit Landau, Sol LeWitt, Goshka Macuga, masbedo, Ana Mendieta, Mario Merz, Marisa Merz, Marzia Migliora, Reinhard Mucha, Bruce Nauman, Shirin Neshat, Helmut Newton, Claes Oldenburg – Coosje Van Bruggen, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Susan Philipzs, Michelangelo Pistoletto, Robin Rhode, Pipilotti Rist, Matheus Rocha Pitta, Tim Rollins, Michal Rovner, Thomas Ruff, Doris Salcedo, Pia Stadtbäumer, Hannah Starkey, Emilio Vedova, Francesco Vezzoli, Bill Viola, Ai Weiwei, Robert Wilson, Joel-Peter Witkin e Gilberto Zorio.

La mostra

La rassegna si apre con il riallestimento, nell’atrio juvarriano del Castello, dell’opera sonora The Internationale, 1999 di Susan Philipsz, per proseguire al primo piano del Museo con la sala 1 dove il percorso propone una sorta di analisi comparata tra diverse sensibilità nei confronti della geografia, intesa qui come scrittura del mondo, narrazione attraverso lo spazio di opere storiche della collezione come Rivoli Mud Circle, 1996, di Richard Long, con il disegno su parete dato dall’impronta della mano nel fango e dal coinvolgimento diretto del corpo dell’artista nell’atto creativo, messa a confronto con Dropping a Han Dinasty Urn, trittico fotografico del 1995 di Ai Weiwei dove l’artista è ritratto nell’atto di scaraventare a terra un’urna della dinastia Han, con la perturbante presenza di O my friends, there are no friends, 2011, di Sigalit Landau insieme al trittico di stampe fotografiche Hoffnung.

La Gran Sabana, 1977, di Lothar Baumgarten e alla recente acquisizione della grande opera Failed States, 2011, di Peter Friedl, opera composta da venti bandiere, dove i temi dell’identità e del confine finiscono per invadere l’intera parete in una composizione di diversità. La seconda sala ospita il video Teorema di incompletezza, 2008, dei MASBEDO. L’opera – coerentemente con il tema dell’allestimento – indaga una delle possibili declinazioni del concetto di muro e incomunicabilità attraverso il racconto della distruzione dell’intimità di una coppia. Le due sale successive presentano opere appositamente create per il Castello di Rivoli e divenute ormai storiche come Cinque o sei lance spezzate a favore del coraggio e della virtù, 1985, di Nicola De Maria, che accoglie al suo interno Senza titolo, 1997, di Marisa Merz o, nella successiva sala 4, la monumentale Panels and Tower with Colours and Scribbles, 1992, di Sol LeWitt. La sala successiva propone invece un inedito confronto tra diverse modalità di percezione e interpretazione dello spazio, dell’osservazione e del ruolo del visitatore di fronte all’opera d’arte con May Day V, 2000, di Andreas Gursky che si riflette ne L’architettura dello specchio, 1990, di Michelangelo Pistoletto o la Venere degli stracci, 1967, dello stesso artista, messa in rapporto con Italia all’asta, 1994, di Luciano Fabro.

Anche la sala sei propone un inedito dialogo attraverso il percorso di due fotografi molto distanti tra loro, Nan Goldin e Mario Giacomelli: in entrambi gli artisti il senso di superamento del muro è dato dall’affrontare il tema dell’umanità e del distacco, della solitudine e del frammento, attraverso un profondo contatto con il vissuto di vere e proprie famiglie allargate e diversamente convenzionali. Attraverso la sala dedicata all’installazione permanente di Franz Ackermann si arriva all’opera del giovane artista sudafricano Robin Rhode, Promenade, 2008, videoanimazione dove viene messa in essere una vera caduta del muro, un suo minaccioso annullamento, con tanto di protagonista in fuga. La sala 8 ospita invece opere di artisti che hanno nel tempo affrontato in modo diverso i temi del superamento del limite e del luogo di rappresentazione: Giulio Paolini con l’aereo Il cielo e dintorni, 1988, Alighiero Boetti con Catasta, 1966 e Pier Paolo Calzolari con Scalea (mi rfea pra), 1968 o hanno messo il peso delle chiusure, delle gabbie e delle costrizioni e impossibilità quali Doris Salcedo con Untitled, 2008.

La sala 9 accoglie cinque straordinari scatti di (after Malcolm X), 2008 di Tim Rollins il tema affrontato parla di rivendicazione e capacità di riscatto. La successiva sala 10 presenta ancora opere di artisti dell’ultima generazione da poco entrati a far parte del patrimonio del Museo: Francesco Arena con un’opera fortemente legata alla narrazione della società contemporanea come Genova (Foto di gruppo), 2011 citazione del G8 svoltosi a Genova nel 2001, e Elisabetta Benassi con l’analisi e nuova narrazione della storia in opere come Them, otto acquerelli del 2010. La sala 11 ospita invece i lavori di Matheus Rocha Pitta Apprehension table, 2008, Untitled. Still of Drive Thru #1, 2007 e il video Drive Thru #1, 2007. La successiva sala 12 ospita invece la composizione video in dodici movimenti France/Tour/Detour/Deux/Enfants esperimento di Jean-Luc Godard e Anne-Marie Mieville del 1978, saggi per immagini e parole che sintetizzano un discorso articolato sulle implicazioni ideologiche e sociali innescate dalla televisione. Si prosegue nella la sala 13 dove è ospitato un serrato dialogo del tutto inusuale sulla pittura e sul suo rapporto con l’ambiente attraverso opere di Gilberto Zorio, Macchia III, 1968, due importanti quadri di Emilio Vedova, Thomas Struth con Audience 11, 2004 e le recenti acquisizioni di Luigi Ontani RaffaEllo, 1972 e LeonArdo, 1970.

Nella sala 14 è invece proposta, insieme all’irruente installazione di Claes Oldenburg e Coosje Van BruggenDropped Flower, 2006, una coppia di opere di Thomas Ruff: un confronto che rimanda a illogiche fiction. La sala 15 evoca ancora un senso di straniamento e di fuga con l’opera Novecento, 1997 di Maurizio Cattelan che ironicamente punta The Brandenburg Gate and The Berlin Wall, 1987, di Helmut Newton; dalla sala a fianco affiorano dalla parete lavori di straordinaria forza quali El Ixcell Negro, 1977, Silueta de Cohetes, 1976, Silueta series, 1974 e Burial Pyramid, Yagul, Mexico, Summer 1974 di Ana Mendieta, piccole anticipazioni della grande personale che il Castello di Rivoli dedicherà in autunno all’artista cubana, accompagnata da Particolare, 1972-2011 di Giovanni Anselmo. Il percorso al primo piano si conclude con l’interrogativo aperto dall’opera Pier Paolo Pasolini 2009, 2009 di Marzia Migliora. L’artista è presente in mostra anche con il progetto speciale Viaggio intorno alla mia camera che coinvolge – attraverso una chiamata alla partecipazione attiva – la struttura vivente dei visitatori. Una trentina di sedute prestate dal pubblico troveranno posto nelle sale dialogando con gli spazi e con le opere esposte, accogliendo i visitatori e invitandoli ad una sosta per la contemplazione, mettendo in atto un processo di scambio tra dimensione pubblica e privata. Nell’ampio spazio della sala 18, il secondo piano della Residenza è aperto dalla grande video installazione Cracks In Time, 2009-12,di Michal Rovner. Nel caso di questo nuovo allestimento si è individuata l’opera dell’artista israeliana quale emblema o figura portante del progetto, per forza simbolica, estetica e di impatto.

Attraversando la sala 19 che ospita l’installazione permanente di Reinhard Mucha Mutterseelenallen, 1989-2000, si prosegue con due opere dedicate all’evocazione del respiro, della possibilità di uscita e di confronto con la natura Respirare l’ombra, 1999, di Giuseppe Penone nella sala 20 e Kailash Kora, 2007, di Hamish Fulton nella sala 21: a quest’ultima si affianca un video storico del 1979 di Bill Viola Chottel-Djerid (A Portrait in Light and Heat), in questo miraggi causati dal calore del sole e la perdita di visibilità dovuta a tempeste di neve, offrono immagini al limite della percezione. La sala successiva ospita la complessa installazione composta da due opere di Christian Boltanski, Children e Containers, 2010-11 dove l’artista affronta la memoria della perdita con riferimenti alla barbarie della Shoah. La sala 23 ospita il video storico del 1967-68 di Bruce Nauman Art Make-Up: partendo dal presupposto che ogni azione umana è degna di attenzione – anche la più semplice o contraddittoria – l’artista in questo caso copre il proprio viso e torso con strati di colore. Nelle due sale adiacenti si prosegue con un trittico di video di Robert Wilson, atmosfere sinistre, gelide, surreali convivono con situazioni minimali e gesti ripetuti giungendo poi nell’installazione permanente Yurupari di Lothar Baumgarten, 1984. Ritornando su se stessi incontriamo nella sala cinese lo spazio antropico della Tenda di Gheddafi, 1968-1981 di Mario Merz: qui il visitatore è invitato a prendersi una pausa prima affrontare il forte impatto della sala 28 con opere di Hannah Starkey, Joel-Peter Witkin, Pia Stadtbäumer e Helmut Newton.

La successiva sala 29 che presenta invece la monumentale videoinstallazione Revival Of The Snake del 2005 dell’artista cinese Yang Fudong, la cui operariporta alla cruda realtà della funzione militare con le sue contraddizioni, anomalie e finzioni. Nella sala 30 si può leggere un racconto attraverso i disegni a biro che compongono l’opera di recente acquisizione Esquinas, 2007-2008 del giovane artista peruviano Armando Andrade Tudela, mentre nella sala 31 è proposta ai visitatori la selezione di immagini dell’artista Luigi Ghirri, recentemente protagonista di una personale di successo al Castello di Rivoli. Il piano si conclude con le grandi installazioni Senza Titolo, 2009, di Jannis Kounellis e The Nature Of The Beast, di Goshka Mačuga, rispettivamente nelle sale 32 e 33; le opere ci riportano l’attenzione alla necessità indiscutibile di mantenere viva memoria e testimonianza delle verità storiche, sociali e culturali. Il terzo piano del Museo è quasi esclusivamente dedicato a grandi proiezioni e installazioni. Introdotto da Doubles, 1989, di Gilbert & George, nella prima sala i visitatori incontrano per la prima volta al Museo l’opera video di Yael Bartana, Mary Koszmary, 2007 nella quale l’artista esplora una serie complessa di rapporti sociali e politici tra ebrei, polacchi e altri europei nell’era della globalizzazione. Lo spazio della sala 35 ospita invece l’opera a pavimento Undercurrent (Red), 2008 di Mona Hatoum; nella successiva sala 36 la grande videoistallazione ultimo lavoro dell’artista iraniana Shirin NeshatOverRuled, 2012. L’opera riflette sulla storia contemporanea dell’Iran sotto il dominio dispotico attraverso il contrasto con le tracce della propria storia antica al tempo di Mansur Al-Hallaj, il grande mistico sufi smembrato per l’accusa di eresia nel 922 d.C. Seguono William Kentridge con Day for Night, 2003, nel quale l’artista sudafricano ispirato da una autentica invasione di formiche avvenuta nel suo studio, ne filma le fila e ricostruisce con esse sagome e tracce di percorso; si conclude con il grande video di Francesco VezzoliTrailer per un rifacimento di Caligola di Gore Vidal, 2005, ancora una parodia per un percorso imbevuto di sollecitazioni, di inviti alla riflessione e a prendere posizione per superare i molti muri che compongono la nostra società contemporanea così curiosamente globalizzata.

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