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ARTEAM CUP 2017 | Vincitore assoluto

Intervista a ANNA SKOROMNAYA di Matteo Galbiati

Con questa intervista cerchiamo di approfondire e conoscere meglio l’animo e la ricerca di Anna Skoromnaya (1986), artista che la giuria dell’Arteam Cup 2017 ha voluto premiare assegnandole il premio del Vincitore Assoluto per l’intensa e suggestiva opera Cream Hand Mixer #1 con una motivazione che ha insistito molto su “[…] la forte capacità di restituire all’opera d’arte contemporanea il compito di farsi portatrice di riflessioni non solo estetiche e culturali, ma anche sociali […]”. Ecco il nostro scambio con la giovane artista:

Anna Skoromnaya, Cream Hand Mixer #1, serie Kindergarten, 2017 Foto Andrea Parisi

Anna Skoromnaya, Cream Hand Mixer #1, serie Kindergarten, 2017 Foto Andrea Parisi

Cosa rappresenta per te, per il tuo lavoro, il riconoscimento avuto in questa edizione di Arteam Cup?
Credo che per un’artista vedere le persone toccate e suggestionate dalla visione delle proprie opere rappresenti un momento di soddisfazione e riscontro; ottenere poi un riconoscimento da una giuria composta da persone di grande esperienza nel mondo dell’arte, oltre ad essere un onore, per me è un grande incentivo a continuare nella stessa direzione e un importante appoggio negli impegni e nelle testimonianze che sto cercando di portare avanti. Proprio per questo spero che il premio assegnatomi possa diventare un efficace veicolo per dare il giusto risalto al tema della negazione dei diritti dell’infanzia oggetto della mia attuale serie.

Raccontaci brevemente – soprattutto per chi non ha potuto ammirarla dal vivo al BonelliLAB di Canneto Sull’Oglio – l’opera Cream Hand Mixer #1…
Si tratta di una scultura multimediale, realizzata in acciaio Cor-Ten, con tre monitor e una cassa audio incorporati, che pone il pubblico davanti al drammatico fenomeno dello sfruttamento dei piccoli nel lavoro. Realizzata a prima vista come un normale scivolo da gioco, con l’audio che riproduce le allegre voci di bambini intenti a cantare una filastrocca, induce a prima vista la sensazione di serenità e di ricordi d’infanzia, avvicinando gli spettatori incuriositi. Questa sensazione fiabesca, però, viene drasticamente spezzata, allorché, osservata da vicino, la scultura si rivela un nastro trasportatore ed il video della bimba, che scivola al suo interno senza fermarsi, riproduce la triste testimonianza di una piccola affaticata e carica di legna da portare.

Anna Skoromnaya, Cream Hand Mixer #1, serie Kindergarten, frame, 2017

Anna Skoromnaya, Cream Hand Mixer #1, serie Kindergarten, frame, 2017

Come si inserisce nel tuo percorso?
L’opera fa parte di un’installazione più grande, Cream Hand Mixer, nella quale ho lavorato molto per conseguire una duplice parvenza delle forme e sull’integrazione visiva del fragile contenuto digitale con quello tangibile e ruvido del metallo arrugginito. Volendo comunicare con la stessa forza sia un’immagine ideale e direi nostalgica di un’infanzia felice, sia quella drammatica e reale dello sfruttamento di minori nel lavoro, ho dedicato tempo e grande attenzione a che la scultura potesse somigliare contemporaneamente alle due forme diverse nel giusto equilibrio. In qualche modo è stato un lavoro simile a quello di un profumiere, che dosa con precisione le note di testa, apparentemente più intense, ma più effimere, con quelle di fondo, meno nobili e più persistenti. Riguardo ai video incorporati, poi, ogni ripresa è stata realizzata esattamente dalla stessa angolazione che ho immaginato dovesse essere quella dello spettatore davanti alla scultura, proprio con l’intento di intensificare l’effetto ottico dei bimbi “inglobati” all’interno dei folli giocattoli degli adulti.

Quando e come hai iniziato la tua ricerca artistica? Attraverso quali fasi è passata?
Da quando ho memoria della mia prima infanzia mi vedo portare sempre con me i miei giocattoli preferiti, i colori ad acquarello e una videocamera. A 15 anni, senza esitazioni e senza mai pentirmene, decisi che l’arte doveva essere il mio percorso di vita, intraprendendo un lungo periodo di studi, prima nel più ambito Collegio d’Arte di Minsk, dove a parte la pittura e disegno studiai con interesse le varie tecniche di arti applicate, poi raffinando la mia formazione all’Accademia di Belle Arti di Minsk, in questo caso in un triennio in grafica d’arte. È da allora che ho sviluppato una particolare passione per le immagini in bianco e nero e l’utilizzo di gradazioni di un solo colore, una scelta cromatica che mi appartiene ancora oggi, dedicandomi con cuore alle varie tecniche di stampa come le acqueforti e le litografie, ma con un’attenzione rivolta anche alla tecnologia come valore aggiunto e qualificante per l’arte. Infine, convinta che un’artista non possa appartenere soltanto ad un singolo posto geografico, ho vinto un grant per continuare gli studi in Europa. Mi sono quindi laureata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, continuando la mia sperimentazione nelle tecniche multimediali. Credo che proprio attraverso i vari studi e la sperimentazione si riesca a definire la propria identità artistica e a sviluppare nuovi linguaggi espressivi. Sulla base delle mie esperienze passate, la ricerca artistica che conduco negli ultimi anni mi rappresenta a pieno e rende libera e travolgente, per me, la mia sperimentazione che, spero, riesca ad arrivare allo stesso modo anche a chi fruisce le mie opere.

Anna Skoromnaya, backstage riprese video, 2017

Anna Skoromnaya, backstage riprese video, 2017

Lavori molto raggruppando le tue opere per serie, ce le riassumi? Cosa raccontano?
La precedente serie di opere multimediali, SOS CODE, focalizza l’attenzione sui rapporti individuo-società e sui meccanismi di condizionamento ed esclusione nella società contemporanea. Si tratta di opere realizzate con una tecnica del tutto inedita, che ho chiamato Dynamic Light Box, dove le figure sono in movimento e in continua trasformazione attraverso un’illusione ottica creata grazie allo spostamento della luce led incorporata. L’attuale serie Kindergarten affronta il tema dello snaturamento e della negazione dei diritti dell’infanzia declinato attraverso diversi aspetti: i drammi dei bambini usati come strumenti di morte dal terrorismo di matrice pseudo-religiosa, dei minori costretti a lavorare in condizioni di schiavitù e delle bambine vendute come spose. In questa serie mi sono interrogata molto su quale linguaggio visivo fosse il più efficace, scegliendo di lavorare con dei video incorporati e con delle tecniche olografiche, da me rinnovate per esprimere al meglio quanto effimere e fragili siano le condizioni dei bimbi di cui mi occupo.

Si chiudono una dopo l’altra oppure possono coesistere e influenzarsi tra loro?
Tutto il mio lavoro è frutto di una costante e coerente ricerca, sia sotto il profilo estetico che dei contenuti trattati. I temi che affronto da anni sono ovviamente ciò che sento di dover esprimere e denunciare attraverso i miei lavori, in un crescendo di consapevolezza anche personale. Ecco perché certamente le due serie non solo coesistono, ma sono l’una lo sviluppo dell’altra. In SOS CODE ho voluto descrivere il deficit di attenzione che ci circonda, la deriva di un vivere in assenza di punti di riferimento relazionali e la faticosa ricerca della consapevolezza sociale, evidenziando al contempo la presenza di meccanismi di esclusione e di condizionamento sociale. In Kindergarten ho voluto scandagliare i meccanismi stessi del condizionamento, arrivando a denunciare con forza l’alienazione dei diritti, dando voce alla fascia più vulnerabile e più importante della nostra società: i bambini.

Anna Skoromnaya, Homeward, serie SOS CODE, 2015

Anna Skoromnaya, Homeward, serie SOS CODE, 2015

I tuoi lavori uniscono valore estetico e valore etico: che ruolo deve avere oggi, per te, l’arte?
L’arte è da sempre in grado di comunicare e testimoniare ma, soprattutto, può avere una forza unificatrice delle differenze aiutando a superare intolleranze e divisioni. Io credo fermamente che l’arte contemporanea possa e debba diventare anche un forte veicolo di sensibilizzazione a favore di chi non ha né forza né voce, focalizzando l’attenzione sugli angoli in ombra della nostra società, talvolta magari molto scomodi da guardare, denunciandone le contraddizioni.

In questo senso come dialoghi con lo spettatore?
Le tematiche che scelgo per le mie opere sono sempre un importante impegno di testimonianza sociale, oltre ad una mera rappresentazione. Alla recente fiera The Others, a Torino, dove ho avuto il piacere di partecipare con uno Special Project sui bambini soldato curato da Espoarte, è stato per me molto significativo il riscontro di centinaia di visitatori colpiti dal tema dell’installazione, questo perché il dialogo ha funzionato. Attraverso il mio operato cerco, infatti, di raggiungere lo spettatore, farlo interrogare e partecipare, portando con sé, quando si allontana, una domanda anche dolorosa e senza risposta, ma che sia comunque un elemento di riflessione e, magari, domani contribuisca al rafforzarsi di una coscienza comune in grado di contrastare i drammi su cui voglio accendere l’attenzione.

Anna Skoromnaya, Cream Hand Mixer #2, serie Kindergarten, dettaglio 2, 2017 Foto Andrea Parisi

Anna Skoromnaya, Cream Hand Mixer #2, serie Kindergarten, dettaglio 2, 2017 Foto Andrea Parisi

Nelle tue opere sommi tecniche, codici e linguaggi diversi, come riesci a conciliarli con tanta armonia d’insieme?
La mia produzione artistica, in ogni opera, in ogni serie, ha un cuore pulsante, il concetto che voglio esprimere. La mia cifra stilistica ricorrente è, ovviamente, dettata dal mio gusto personale, ancorata alla mia estetica, mentre le tecniche utilizzate diventano “soltanto” i mezzi espressivi che sviluppo e progetto ad hoc per comunicare in modo efficace e secondo la mia sensibilità i messaggi e i temi che affronto. Già da quando immagino un’opera, nelle mie bozze, da subito cerco di far convivere questi diversi elementi, la sfida ogni volta è proprio quella di dar vita a qualcosa di esteticamente coerente con i miei canoni ed in grado di trasmettere anche agli altri e al meglio, con lo strumento tecnologico selezionato, ciò a cui intendo dar valore.

Ogni tuo lavoro sensibilizza il nostro sguardo attraverso un complesso meccanismo di lettura che procede per sottili e raffinati contrasti: tra materie (nobili e comuni), tra immagini (reali e virtuali), tra consistenze (delicatezza e materialità forte), tra sensi (tutti partecipi nella definizione dell'”oggetto” visivo). Come agisci sul senso e il valore del “contrasto”?
Il contrasto è proprio il filo conduttore di tutte le installazioni della serie Kindergarten, ne sottolinea e amplifica il non senso, lo snaturamento ed il ribaltamento della logica. Ho voluto sottolineare questo irraggiungibile gap tra il piano ideale di un parco per l’infanzia, dove tutti i bimbi dovrebbero giocare felici, e il piano della cruda realtà di un “asilo”, dove gli stessi bambini diventano giocattoli nelle mani degli adulti, agendo attraverso molteplici ed incolmabili contrasti a livello visivo, percettivo e concettuale. Oltre ai contrasti che hai già nominato, vorrei evidenziare anche quello costituito da ciò che appare allo spettatore e quella che, invece, è la destinazione finale di ogni gruppo installativo: il gioco delle costruzioni trova il suo contrasto nella distruzione che caratterizza il triste futuro dei bambini-soldato, mentre il parco giochi fatto da scivoli, giostre e altalene si rivela nient’altro che una serie di macchine da lavoro per sfruttare i piccoli. Anche il sonoro, che tra le allegre note delle filastrocche cantate contiene testi di opposto contenuto, comunque collide con le drammatiche immagini delle opere.

Anna Skoromnaya, Popcorn Machine, serie Kindergarten, 2017 Foto Andrea Parisi

Anna Skoromnaya, Popcorn Machine, serie Kindergarten, 2017 Foto Andrea Parisi

Quanto della tua storia, del tuo vissuto, delle tue esperienze, della tua sensibilità riversi nel tuo lavoro che, per noi che guardiamo, non è mai abbandonato alla sola freddezza della tecnica?
Lavorando alla mia attuale serie Kindergarten ho dovuto tornare, in qualche modo, ai ricordi della mia infanzia, abbandonandomi ad un modo più ”giocoso” di  inventare e creare ogni singolo particolare delle mie installazioni. Ho potuto ricordare a me stessa che è molto importante non porre limiti alla propria fantasia creativa, perché proprio l’arte non deve avere limiti imposti. Le nostre origini, storie, sensibilità, ogni singola esperienza vissuta, come fossero colori su una tavolozza, servono dal primo all’ultimo come strumenti con cui operare, anche per affrontare tematiche universali, ma dal nostro unico e personale punto di vista.

Quali nuovi progetti stanno prendendo forma? Su cosa stai lavorando?
Sono molto entusiasta della mia prossima mostra personale nello Spazio Arte di CUBO Unipol a Bologna (9 aprile – 31 maggio 2018,) evento per il quale sto già realizzando la mia terza grande installazione della serie Kindergarten, che affronterà il delicato e drammatico tema delle bambine spose.

Anna Skoromnaya è nata a Minsk (Bielorussia) nel 1986. Laureata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, è docente di Pittura e Disegno all’Accademia di Belle Arti di Sanremo (IM). Vive e lavora tra Genova e Firenze.

Info: www.annaskoromnaya.com
www.arteam.eu

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