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ART COEFFICIENT | il progetto

Intervista a MALI WEIL di Valeria Barbera

Confesso di essermi imbattuta in Mali Weil e nel loro Art Coefficient un po’ per caso, come spesso accade quando si curiosa su internet senza un vero e proprio scopo. I video di questo loro interessante progetto che raccoglie pensieri, reazioni e suggestioni suscitate dall’arte di spettatori non specializzati durante le loro visite in gallerie o musei come il Mart di Rovereto, il PAC di Milano o la Collezione Maramotti di Reggio Emilia. La semplicità e la forza dell’idea mi ha spinto ad indagare meglio e ho scoperto che dietro questo nome collettivo c’è molto di più. Dietro a questo multiforme organismo chiamato Mali Weil ci sono Elisa Di Liberato, Lorenzo Facchinelli e Mara Ferrieri che vivono e lavorano tra Trento e Berlino. Tre individualità con formazioni e caratteri molto diversi, che dal 2008 cercano di raggiungere “un’entità unica che sussume e ingloba i singoli, generando esiti altrimenti inimmaginabili per i suoi componenti”. Ho scoperto poi che la ricerca di Mali Weil si focalizza sulla costruzione di immaginari alternativi, un obiettivo ambizioso e complesso che cercano di raggiungere – come loro stessi hanno affermato – attraverso una paziente strutturazione di una mitologia capace di minare la logica dell’homo oeconomicus. Come riuscirci? Attraverso l’utilizzo di diversi linguaggi e media che danno vita ad uno nuovo universo ricco di suggestioni e spunti che è in grado di modificare più volte il punto di vista dell’osservatore anche in una situazione codificata come quella all’interno di  un museo, un negozio, un’asta.

Questo è un dialogo a distanza con Mali Weil per capire meglio il loro lavoro che unisce arte, antropologia, cultura in senso ampio, comunicazione, project design e impresa. Alla ricerca di possibilità di pensiero alternativo.

Sul vostro sito si legge “Mali Weil persegue una ricerca e un’esplorazione del proprio contemporaneo (dal punto di vista sociale, politico, economico, urbano)” in che modo secondo voi l’arte contemporanea si inserisce in questo schema?
Dato per assodato l’interesse – in qualche modo politico – per il reale (non lavoriamo mai in un sistema di riferimenti esclusivamente interno al mondo dell’arte o formale) l’arte contemporanea è per Mali Weil più un metodo di esplorazione che un contenuto da esplorare, uno strumento che permette di creare connessioni inedite, di incidere su forme di pensiero cristallizzate. È in qualche modo la leva che rende possibile un utilizzo delle informazioni e dei dati diverso rispetto a quello che fanno “i tecnici”, siano analisti, scienziati, politici. Inoltre permette di entrare in relazione privilegiata non solo col mondo ma con le persone, sviluppando modelli di incontro che, tramite immaginari inconsueti, si insediano agilmente nel quotidiano. Qui tocchiamo un altro interesse centrale di Mali Weil: l’interazione continua con la vita di tutti i giorni, fino a generare una collisione incessante tra fatto artistico e fatto economico, politico, etc. Fin qui ho riposto riferendomi alla nostra ricerca, ma anche in termini più generali credo che l’arte si inserisca in maniera inestricabile in quel sistema di relazioni che generano “i fatti” e sia oggi, nelle sue manifestazioni più autentiche, una delle poche forze propulsive del rinnovamento delle forme sociali. Un po’ come la ricerca scientifica, ma più libera da condizionamenti ideologici.

Come nasce il progetto Art Coefficient? E soprattutto quali sono i suoi obiettivi?
Art Coefficient nasce per attivare nella pratica quest’idea di arte come chiave percettiva della realtà: è un lavoro stratificato perché a un primo livello si configura come una performance relazionale per uno spettatore (scelto con l’unico criterio di non appartenere in alcun modo al mondo dell’arte) e un’opera d’arte, ospitata in un museo, galleria o istituzione italiana o europea. È un’esperienza volutamente intima in cui Mali Weil interviene con la massima delicatezza, offrendo all’ospite una breve serie di informazioni e suggestioni sull’immaginario dell’opera. Questo incontro è registrato e al suo termine viene effettuata una breve intervista con il visitatore, composta di sei domande che vertono esclusivamente sul legame emotivo eventualmente creatosi tra lui e l’opera. E qui si apre il secondo e più ambizioso livello del progetto: trasformare l’esperienza dell’incontro tra un singolo e un’opera in un percorso video che offra un’esperienza replicabile da ogni fruitore: di modo che chi vede il video possa sia seguirlo come una sorta di documentario sia vivere l’incontro con l’opera in prima persona, seguendo le tracce e le suggestioni offerte. Nel suo complesso il format prevede 20 puntate e si struttura come un viaggio itinerante fatto di relazioni uniche, fugaci e istantanee, che tuttavia nel loro insieme offrono anche un quadro, per quanto parziale, dell’arte contemporanea di questi ultimi due anni in Europa.

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In che modo scegliete i luoghi e gli artisti da coinvolgere nel progetto?
Tutto nasce anche per Mali Weil dall’incontro con singole opere, piuttosto che con artisti o istituzioni. Come criterio di base vengono inclusi solo lavori di artisti viventi. La sfida è concentrarsi su forme che sono in genere più ostiche per un pubblico di non addetti ai lavori, quindi per esempio installazioni e video, piuttosto che pittura. Poi c’è un’inevitabile dose di parzialità di Mali Weil, che privilegia artisti che ama e opere che offrano diversi livelli di interazione, aspetto che si potrebbe razionalizzare, inscrivendolo nella chiave relazionale che guida il progetto. E infine un fattore di casualità, per cui tutto deve in ultimo incastrarsi a livello produttivo: disponibilità delle istituzioni, tempistiche delle mostre, permessi, liberatorie, etc…

Come viene realizzato Art Coefficient, quali sono le fasi di lavoro e come riuscite a rendere economicamente sostenibile il progetto?
Una grossa parte del lavoro è organizzativa e viene seguita dalla nostra project manager Anna Kalbhenn. All’inizio abbiamo elaborato sia il format performativo che la forma video, mantenute poi intatte in ogni puntata. Quello che viene scritto ad hoc per ogni incontro è il tracciato di informazioni, suggestioni, domande che guidano l’ospite verso l’opera. Un operatore e una persona che si occupa dell’intervista accompagnano l’ospite e lo seguono con discrezione nell’incontro. Poi il montaggio e la postproduzione. Di tutto questo si occupa Mali Weil. Gli interventi sonori sono composti ad hoc da Elettra Bargiacchi e mixati all’esterno da WayOut Studio. Le puntate vengono poi caricate su studio28.tv e shareculture.eu, un progetto di web tv europea ma anche di osservatorio culturale, grazie al quale è nato anche Art Coefficient stesso, due piattaforme gestite dai nostri mediapartner Perypezye Urbane. Il progetto è per ora finanziato grazie a diversi bandi: Programma Cultura 07/13 dell’Unione Europea, Fondazione Cariplo di Milano, ed è sostenuto da Regione Trentino Alto Adige, Provincia Autonoma di Trento e Comune di Trento, con una sponsorship di Casse Rurali di Trento. Stiamo però cercando di evolverlo in un format multimediale e interattivo, idea che è al momento alla ricerca di collaborazioni per lo sviluppo di un prototipo, oltre che di fondi e sponsorship.

Quali sono state le reazioni a questo progetto (e approccio) da parte dei luoghi che avete visitato (musei, gallerie). E del pubblico? Che riscontro state avendo con la diffusione di questi contenuti?
Le reazioni sono diverse. Tra le istituzioni, chi ha più attenzione al digitale è più pronto ad accogliere il progetto; a volte invece abbiamo incontrato un muro di apprensione, se non proprio di paura: perché si sommano da un lato il sospetto verso il contenuto, per cui si pensa che se ci sarà un non professionista il discorso si attesterà su “mi piace” o “non mi piace”, con l’impreparazione verso la tecnologia, perciò alla parola web tv si spalanca il vuoto. Quando però le trattative preliminari vanno in porto, la reazione di fronte al risultato è sempre positiva e ha portato talvolta all’estendersi della collaborazione. Così ad es. la puntata Art Coefficient_03 è stata poi “esposta” nella stessa galleria in cui era stata girata. Con il pubblico web la comprensione è più immediata: gli utenti vivono volentieri questa esperienza di incontro. L’impressione è che sia veramente illuminante rispetto a tanti pregiudizi verso l’arte contemporanea e anche per questo susciti curiosità. Perciò stiamo sviluppando parallelamente una pagina tumblr che raccoglie contenuti extra, approfondimenti sugli artisti e backstage.

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Si parla spesso dell’autoreferenzialità dell’arte contemporanea e del fatto che il suo reale pubblico sia quasi esclusivamente costituito da addetti ai lavori. La vostra esperienza conferma queste critiche?
Bisogna di nuovo distinguere tra diverse situazioni. Anche il territorio dell’arte contemporanea è disomogeneo, se gallerie, opening e fiere sono chiaramente riservate agli addetti ai lavori; nei grandi musei, specialmente in Europa, è facile vedere aggirarsi tra le visitate guidate e le molte scolaresche, dei timidi visitatori qualunque, che leggono diligentemente le parche o troppo complesse informazioni dei pannelli. L’impressione che abbiamo avuto, frequentando i musei coinvolti, è che di pubblico ce ne sia parecchio, soprattutto giovane, attento, ma che sia sopraffatto dal senso di inadeguatezza, vittima dell’inscalfibile cripticità dell’opera contemporanea. Art Coefficient nasce per intervenire su questa distanza, su quest’afasia di cui sono vittime sia – spesso – l’opera che lo spettatore comune, cui sembra troppo gravoso il compito di dotarsi di strumenti per comprendere davvero ciò che vede e che insieme non ha più fiducia nelle sue capacità istintive di entrare comunque in rapporto con un fatto artistico. Perciò ognuno di questi incontri è accompagnato dai quei “bigliettini”, che sono un modo di sussurrare parole di incoraggiamento al “non addetto ai lavori” costituendo la sua rete di sicurezza e anche la “trappola per la sua coscienza” che, rassicurandolo, gli farà provare il piacere di incontrare l’ignoto e scoprire che poi così ignoto non è.

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Mali Weil lavora in ambiti molto trasversali comprendendo anche il design. Che cosa è il progetto Animal Spirits? E quali sono i prossimi appuntamenti?
Animal Spirits è, al momento, il punto di convergenza di diverse ricerche: è insieme sia un lavoro di creazione e divulgazione di un immaginario antagonista a livello economico e politico, sia il tentativo di brandizzare questo immaginario facendone un marchio culturale, capace di sostenersi economicamente, produrre, diffondere e viralizzare ulteriori immaginari attraverso forme artistiche ibridate con modelli reali e processi di produzione. L’immaginario Animal Spirits si concentra sul potenziamento del singolo in quanto soggetto autonomo, portatore naturale di una spinta verso l’agire politico. La ricerca che lo struttura ha una forte componente antropologica e attinge senza alcuna nostalgia ad elementi arcaico-primordiali, nel desiderio di recuperare sistemi di rappresentazione del mondo alternativi a quelli del pensiero occidentale, ma contemporaneamente è integrato nel flusso della comunicazione digitale. In pratica Animal Spirits ha originato fin’ora un Concept Store che apre in maniera temporary in diverse location, per il quale diversi creativi (qui entra in gioco il design) hanno ideato prodotti capaci di potenziare il nostro lato più attivo e istintuale. Chi entra nel Concept Store vive un’esperienza insieme familiare (di shopping) e destabilizzante perché si trova immesso in una ritualità dark (la cui chiave è senz’altro narrativa), che lo spinge a incontrare il proprio cuore oscuro e a tracciare un identikit del proprio Animal Spirit. È un progetto complesso, ibrido, ancora molto aperto, in cui uno stesso elemento diventa un oggetto reale, un prodotto narrativo e ambisce a diventare anche un prodotto sociale. I prossimi sviluppi? Attualmente è aperto fino a fine aprile a Centrale Fies in Trentino, ma stiamo sviluppando un’ulteriore fase di lavoro che vedrà un’apertura a settembre presso Viafarini a Milano in una cornice performativa molto espansa, con la curatela di Simone Frangi, e proseguirà a Zurigo quest’inverno.

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Info:
www.maliweil.org

artcoefficient.tumblr.com

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