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GENOVA | Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce | un bilancio di metà percorso…

Intervista a ILARIA BONACOSSA di Valeria Barbera

Ho incontrato Ilaria Bonacossa a Genova nella “sua” Villa Croce il giorno dell’inaugurazione della nuova mostra di Tomàs Saraceno, Cosmic Jive. The Spider Session – curata da lei e Luca Cerizza – nelle ore frenetiche degli ultimi preparativi che hanno preceduto un opening che in città si è trasformato in un vero e proprio “evento da non perdere”. Due anni fa il Museo D’Arte Contemporanea di Villa Croce rischiava la chiusura per mancanza di fondi. Oggi è sostenuto da una sinergia tra Comune, Fondazione Palazzo Ducale e numerosi sponsor privati che per un biennio si sono impegnati in quest’operazione. Sotto la guida della Bonacossa e del suo gruppo di lavoro, ora il museo è gratuito per tutti, ha un nuovo sito internet e all’attivo il MAXTER, una scuola per giovani artisti alla seconda edizione il prossimo settembre, mostre e collaborazioni internazionali. Insomma, sembrano ci siano tutti gli elementi per parlare di una buona gestione che ha reintrodotto il museo nella vita culturale di Genova.

Ilaria Bonacossa, ritratto, ph. Nuvola Ravera

Sono trascorsi due anni dall’inizio del tuo incarico a Villa Croce, ti senti di fare un piccolo bilancio di questa esperienza? Come è andata?
Al di là della stanchezza? (ride) È stata una grande fatica, ma anche un’esperienza bellissima. Posso dire che l’esperimento ha funzionato: una gestione “leggera” di un museo è possibile. Se c’è la volontà, pur essendo in pochi e dandoti molto da fare, senza una struttura burocratica troppo rigida, le cose si possono fare. Questo in Italia è una bella dimostrazione, perché in troppi si trincerano spesso dietro alla scusa che non ci sono fondi e che non si riescono a fare le cose.

Un esperimento che ha dimostrato anche che il modello di gestione basato su un’assidua collaborazione tra pubblico e privato funziona e riscuote interesse…
Il modello che abbiamo scelto s’ispira a quello americano… Non abbiamo inventato nulla. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare in Italia c’è interesse, si tratta di un modello applicabile, ma a fatica perché le sponsorizzazioni non sono detraibili dalle tasse. Spero che l’Art Bonus proposto dal Ministro Franceschini sia la svolta per questo settore. Per ora, chi investe in arte e cultura, è solitamente motivato da una passione personale, con questa legge un maggior numero di privati potrebbe interessarsene.

Landscape, Zhang Enli, veduta della mostra, 2013, credit photo Nuvola Ravera

Il successo nella gestione si è accompagnato anche ad un grande coinvolgimento a livello di pubblico?
I giovani in città hanno risposto da subito, ma c’è stato un momento all’inizio in cui il “vecchio” pubblico latitava: una parte degli affezionati di Villa Croce è sempre stato più interessato all’arte moderna e non sembrava stimolato dalle mostre dedicate a giovani artisti. Lavorando ad alcuni progetti incentrati sulla collezione storica siamo riusciti a farli tornare… Abbiamo poi cercato di coinvolgere molti attori diversi nella nostra programmazione, con realtà già molto attive è stato più facile e con altri c’è voluto – e ci sta volendo – più tempo.  In particolare  tutte le collaborazioni con i festival sono andati molto bene, sia come sviluppo del lavoro che come risposta del pubblico. Attualmente stiamo lavorando sulla didattica, ad esempio con Après la nuit, un progetto sperimentale con la città, e poi siamo finalmente riusciti ad attivare una convenzione con l’Accademia Ligustica di Belle Arti per coinvolgere gli studenti nell’allestimento delle mostre del museo.

Thomas Grünfeld, Homey, Veduta della mostra 2013/2014, photo Nuvola Ravera

In base alla tua esperienza in questa città, credi che i “problemi” del contemporaneo a Genova siano specchio di ciò che accade nel contesto nazionale?
In Italia c’è ancora una grande illetterarietà per quanto riguarda il contemporaneo: spesso la gente dice “non capisco, non mi piace, non so”. Io stessa ho molti amici mediamente colti che ascoltano musica contemporanea, vanno al cinema, leggono libri, ma che quando si tratta di arte contemporanea, mi rispondono “Dai Ila, no. Non la capisco”, non la vedono come un elemento che può entrare a far parte della loro vita quotidiana. Questa è sicuramente una cosa su cui si deve lavorare, dovuta probabilmente ad un insegnamento inadeguato: le università straniere hanno al loro interno vere e proprie kunsthalle, da noi invece ci si può laureare senza aver mai saputo che l’arte contemporanea esiste. Genova in questo senso fa ancora più fatica perché non solo non è contemporanea per quanto riguarda l’arte, ma in generale fa fatica a guardare al futuro. Siccome la sua forza risiede principalmente in questo grande passato è naturale che sia difficile lanciarsi in un domani in cui così speciali non lo si è più; allora resta arroccata al passato a quell momento che l’ha resa grande. Il rischio, però, è di diventare un museo a cielo aperto con un vero e proprio esodo dei giovani che, invece, dovrebbero essere l’elemento chiave di questo sviluppo.

Tomás Saraceno, Cosmic Jive: Tomás Saraceno. The Spider Sessions, veduta dell'installazione a Villa Croce, Genova. Courtesy PinkSummer, Andersen's Contemporary, Tanya Bonakdar, Esther Shipper, ph. Nuvola Ravera

In base alla tua esperienza in questa città, credi che i “problemi” del contemporaneo a Genova siano specchio di ciò che accade nel contesto nazionale?
In Italia c’è ancora una grande illetterarietà per quanto riguarda il contemporaneo: spesso la gente dice “non capisco, non mi piace, non so”… I Questa è sicuramente una cosa su cui si deve lavorare, dovuta probabilmente ad un isegnamento inadeguato:  Genova in questo senso fa ancora più fatica perché non solo non è contemporanea per quanto riguarda l’arte, ma in generale fa fatica a guardare al futuro. Il rischio però è quello di diventare un museo a cielo aperto con la conseguenza di un vero e proprio esodo dei giovani che invece hanno bisogno di un posto vivo per restare.

Tomás Saraceno, Cosmic Jive: Tomás Saraceno. The Spider Sessions, veduta dell'installazione a Villa Croce, Genova. Courtesy PinkSummer, Andersen's Contemporary, Tanya Bonakdar, Esther Shipper, ph. Nuvola Ravera

E Genova in questo senso avrebbe delle potenzialità?
Assolutamente sì, e I giovani dovrebbero essere l’elemento chiave di questo sviluppo: l’educazione, l’università… Poi detto questo, è una città che sta attraversando una crisi, nel settore finanziario e industriale e non bastano certo le mie idee a salvarla… Credo ci stia provando tutta la città. La crisi non è solo di Genova. È dell’Italia e dell’Europa intera e della sua produzione industriale. Genova se possible è un po’ più avanti, ha avuto questa capacità di anticipare la crisi e forse proprio per questo potrebbe essere il luogo adatto dove sperimentare nuovi modi di fare, per comprendere e gestire questa criticità.

Tomás Saraceno, Cosmic Jive: Tomás Saraceno. The Spider Sessions, veduta dell'installazione a Villa Croce, Genova. Courtesy PinkSummer, Andersen's Contemporary, Tanya Bonakdar, Esther Shipper, ph. Nuvola Ravera

Da poco Villa Croce è entrata a far parte di PIANO, una piattaforma italo-francese. Come si svilupperà questa partecipazione?
PIANO è una piattaforma nata in Francia grazie però anche ad alcune aziende italiane. Fortunatamente in quel periodo stavo collaborando con uno dei musei francesi che fa parte della rete e ho saputo presto del progetto. Abbiamo subito compilato l’application per richiedere i fondi. Si tratta in particolare di una mostra che co-produciamo con il Museo di Brest. PIANO è infatti una piattaforma all’interno della quale si possono sviluppare singoli progetti beneficiando di un finanziamento e di una comunicazione capillare ed integrata in cui viene investito il resto del budget.

Il tuo incarico a Villa Croce è arrivato dopo una lunga esperienza di lavoro alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, quanto ti è stato utile quel periodo?
Gli anni in Sandretto sono stati fondamentali proprio perché ho avuto modo di vedere come funziona una “macchina-museo”, il che è molto diverso rispetto a lavorare come curatore free lance. Il lavoro a stretto contatto con Patrizia Sandretto, che si occupa della Fondazione come un direttore vero e proprio, ad esempio partecipando anche alle riunioni con i grafici, è stato un vero e proprio riferimento per sviluppare la concezione di questo modello “all’americana” all’interno del quale ognuno ha un proprio compito, delle mansioni strutturate che cerchi di mantere anche se poi essendo pochi – come accade qui – ti ritrovi a fare molte altre cose. La struttura è però quella. Anche per la ricerca sponsor devo molto al quell lavoro, l’idea di usare in modo intelligente questo lato glamour dell’arte contemporanea… Che ti piaccia o non ti piaccia è un elemento utile, non ne faccio nemmeno una questione soggettiva. A me ogni tanto piace, ogni tanto non lo sopporto. A seconda dell’umore. L’equazione è infatti semplice: l’arte contemporanea però è molto cara e vive grazie al mercato dell’arte, il mercato dell’arte è sostenuto dai ricchi e i ricchi fanno glamour. Se vuoi portare avanti la programmazione di un museo di questo tipo ne devi tener conto. In caso contrario, se vuoi prendere le distanze dal glamour e dalla moda, puoi dare vita ad un centro autogestito da artisti, ce ne sono di bellissimi, storici e molto importanti. In Italia per un museo è diverso, per reperire fondi un museo deve puntare anche e soprattutto a quello e se serve a poter fare le mostre che progetti, non vedo perché si dovrebber esser così morali su questo.<

Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce, veduta, ph. Nuvola Ravera

In questi ultimi tempi le pari oppurtunità, le possibilità di accesso all’impiego per le donne e la loro retribuzione sono un argomento molto discusso, quasi abusato. Nell’arte contemporanea una donna si scontra con le stesse difficoltà degli altri ambiti lavorativi oppure si tratta di un settore più lungimirante in tal senso?
Lungimirante o no… Io ti risponderei all’inverso… Ti rispondo che quello dell’arte è un mondo dove non si guadagna molto e per questo le donne hanno accesso. In tutti i settori dove gli stipendi sono bassi, le donne hanno maggiori possibilità di lavoro: maestre, infermiere, professoresse, giudici. Dove ci sono maggiori possibilità di alti guadagni invece si può arrivare, certo, ma in proporzione il numero degli uomini è infinitamente superiore. Quindi, secondo me, si può definire quella dell’arte un’isola felice, ma solo per questo motivo: stipendi irrisori. Ovviamente si tratta di una mia visione un po’ cinica, ma credo vi si possa ritrovare un fondo di verità.

Tomás Saraceno e Ilaria Bonacossa, ph. Nuvola Ravera

Quale sarà il futuro di Villa Croce ora?
Il mio contratto è stato rinnovato per un altro anno e mezzo. I primi due anni sono stati frenetici per dare un segno di vita deciso, per dimostrare, anche ai più distratti, che in questo museo accadono molte cose, pur non disponendo di un vero e proprio budget per la comunicazione. L’intenzione per i prossimi mesi è di un programma con meno iniziative, ma un po’ più “importanti”

Evento in corso:

Cosmic Jive: Tomás Saraceno. The Spider Sessions
a cura di Ilaria Bonacossa e Luca Cerizza

13 giugno – 7 settembre 2014

Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
via Jacopo Ruffini 3, Genova

Info: www.villacroce.org

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