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BOLZANO | Galleria Goethe | 12 settembre – 16 ottobre 2013

Intervista ad ANDREA FACCO di Gabriele Salvaterra

Alla Galleria Goethe di Bolzano apre la nuova personale di Andrea Facco, impreziosita dalla presentazione di un volume monografico a lui dedicato a cura di Peter Weiermair. Il doppio del gioco, come titola la mostra, è un discorso sovrastrutturale in cui la storia dell’arte e della pittura vengono reimpiegati, non semplicemente come materiali di utilizzo, ma anche come fondamenta su cui stratificare nuove proposizioni e riflessioni. In questo discorso trovano spazio, parificati con uguale dignità, lacerti di cultura urbana, scarti iconografici ed espressioni artistiche spontanee in una pittura che diventa palinsesto, piano permeabile su cui si addensano senza gerarchie segni artistici, metropolitani e digitali. Se per comprendere e analizzare è necessario rappresentare, ripetere e riconfigurare. Il doppio del gioco punta l’occhio sull’immagine contemporanea nelle sue diverse declinazioni, sondandola attraverso il mezzo della pittura.

Di cosa parla la tua nuova personale alla galleria Goethe di Bolzano? Quali opere hai selezionato?
La personale alla galleria Goethe ha coinciso con la presentazione di una nuova collana di libri monografici d’arte, edita dalla casa austriaca All Saints Press e curati da Peter Weiermair. Nel mio specifico caso la monografia parla degli ultimi dieci anni d’attività, chiaramente dando priorità alle opere chiave del mio percorso. Le opere selezionate per la mostra hanno uno spettro di circa cinque anni fino a raggiungere l’inedito: “Vincent”, una scultura realizzata utilizzando solo il colore come materiale da plasmare. La mostra parla e si attiene a domande che riguardano la Pittura stessa come oggetto da analizzare.

Il titolo sembra alludere a un discorso “alla seconda”, come se in maniera tautologica bisognasse ripetere due volte una stessa proposizione per poterla comprendere e analizzare meglio. È così?
Non è nel ripetere una stessa proposizione due volte. Il titolo che ho scelto, per quest’ultima personale è “Il doppio del gioco”, e si riferisce alla dualità che ogni soggetto ha. Una consapevolezza che ogni cosa non è mai solo se stessa in uno spazio vuoto, ma se stessa in relazione e in connessione con altre cose.

La tua pratica artistica sembra però avere la necessità di poggiarsi su qualcosa di esistente, nei tuoi lavori si trovano spesso citazioni dalla storia dell’arte, prodotti extra-artistici, espressioni di creatività involontaria, residui del passato. Come spieghi questo impulso alla registrazione di ciò che c’è già? Che valore ha per te il passato?
La linea del tempo è un falso, tutto è sempre presente, e in questa logica la pittura è la testimonianza dell’esistente, del mondo fisico e non; ed il pittore non è un creatore, è solo un “messo”, che attraverso la luce può toccare l’immagine, può plasmarla per riconsegnarne non una “copia”, ma un luogo dove qualche piccola cosa ci parli delle origini. Il mio continuo rapportarmi con la storia dell’arte è un pretesto, un gioco per restituire quel processo di senso, quel sottile rapporto d’insieme di gesti del fare l’arte. Ciò che ha la parvenza della creazione non è altro che il gesto di dare corpo a ciò che si è compreso.

Negli anni ’80, in perfetto clima postmoderno la pittura guardava alla storia come a un grande repertorio di stili in cui era possibile ripercorrere tematiche e maniere con approccio estremamente libero e con un gusto per la giustapposizione più discordante. In cosa si differenzia il tuo approccio rispetto a quello di pittori come David Salle?
Ciò che mi differenzia è nell’approccio stesso, la mia non è una libera citazione dove ogni cosa viene griffata dal personale e inconfondibile stile come in David Salle ma un costringersi: come un chirurgo che in un’operazione a cuore aperto non può permettersi estri fantasiosi! Una piccola tela dedicata a Courbet (dalla serie d’immagini provenienti dai libri su cui studio) fa da chiave di lettura non solo all’esposizione, e cita: “…il pittore perfetto deve essere in grado di scrostare e ridipingere per dieci volte il suo quadro migliore, per mostrare di non dipendere né dai nervi né dal caso.”

A proposito di “scrostare” mi piace molto il tuo modo di utilizzare il muro come fonte di ispirazione. Penso che il muro porti con sé un gran numero di suggestioni materiche e pittoriche e fornisca un esempio di collage spontaneo, una sorta di palinsesto in continua mutazione che bisogna solo imparare a vedere. Cosa ti spinge a prelevare questo pezzo di realtà e trasporlo su tela?
Credo tu abbia già risposto alla domanda! Nel senso che nei muri delle nostre città accadono “un gran numero di suggestioni materiche e pittoriche”, che non ho potuto ignorare!

Peter Weiermair nel suo testo critico ha accostato il tuo nome a quello di Giulio Paolini per l’impulso a confrontarsi continuamente con la storia, la pratica, i materiali, l’immaginario e il senso dell’arte. Da una parte vedo Paolini con la statuaria classica e un preciso disegno geometrico, mentre dall’altra tu con il busto di Van Gogh e un’esuberante materia pittorica, che differenza c’è tra questi due approcci?
Non c’è nessuna differenza, sono solo diversi aspetti della stessa realtà.

Pensi che al giorno d’oggi abbia ancora senso parlare di pittura o credi che le pratiche artistiche si siano talmente ibridate da rendere superflua una distinzione dei mezzi utili alla comunicazione di un contenuto?
Chiaramente ha senso parlare di pittura, chi tempo fa ha dichiarato la morte della pittura è già morto! Oggi come sempre il contenuto deve andare di pari passo con il mezzo utilizzato, in simbiosi. Per cui qualsiasi mezzo è pertinente all’arte.

Hai in programma nuovi progetti espositivi nei prossimi mesi?
Parteciperò con la Galleria Il Chiostro, alla fiera internazionale: CI Contemporary Istanbul, poi ci sarà la presentazione con Peter Weiermair, dell’ultima pubblicazione monografica alla Galleria Otto di Bologna.

Andrea Facco. Il doppio del gioco
a cura di Peter Weiermair

12 settembre – 16 ottobre 2013

Orari: 10.00 – 12.30 |  15.00 -19.00
Sabato pomeriggio chiuso

Galleria Goethe
Via della Mostra 1, Bolzano

Info: +39 0471 975461
info@galleriagoethe.it
www.galleriagoethe.it

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